Pioveva
“Parlava il vento di cose che non s’avevano da sapere. Parlava d’intolleranza, di disagio, d’inconsapevolezza. Parlava perfino d’ipocrisia ed incoscienza. Parlava e basta, sospirando aritmicamente e con lo zelo di chi porta in se l’essenza della verità. Di qualunque essa si trattasse. Tuttavia molto più lontano, come sono spesso i paesi dalla stessa sorgente da cui traggono ogni risorsa, risiedevano delle persone. Le stesse persone che in quel periodo di quell’epoca, facevano il presente. I medesimi individui che in quel luogo fermo di un infinito troppo vasto per poter trovare definizione in un unico termine, furono il futuro. Le stesse persone che, malgrado tutto, sarebbero state il passato.“
1
Sfogliavo un grosso volume in cui un certo Gionata Nencini raccoglieva tutte le sue composizioni, quando nell’ultima pagina vi lessi quest’affascinante pensiero. Lo trovavo di un tremendo realismo, anche se niente di tutto quello a cui si riferiva ricalcasse una visione inconsapevolmente ottimistica della vita. Del futuro.
Ricordo poi di aver preso con una certa urgenza, un pezzo di carta su cui trascrivere quella particolare osservazione e di essermene andato, per la prima volta soddisfatto, dalla biblioteca in cui ero solito trascorrere qualche ora nel pomeriggio prima di rientrare a lavoro.
Rincasai la sera tardi non eccessivamente affaticato così chiamai subito il mio migliore amico chiedendogli il programma per la serata. Di quel periodo Marco e la sua ragazza avevano perduto l’entusiasmo tipico delle coppiette quando, stando in solitudine, riescono a completarsi appagando ogni propria necessità. La mia presenza durante una loro uscita, oltre che rallegrare Marco, ristabiliva nel suo rapporto con Marta la complicità che era venuta ad assottigliarsi nei mesi in cui non avevano fatto altro che andare al cinema più vicino per commuoversi con qualche lungometraggio sentimentale o starsene chiusi in casa a fare progetti.
Uscivamo insieme da diverso tempo. Trovavo Marco un partner molto affiatato, nonché innamorato e Marta un compagnia di estremo carisma e genuinità. Doti che il più delle volte invidiavo confrontandola alle ragazze con cui mi capitava di uscire nel fine settimana.
Fu quella sera, ritrovandoci alla solita ora nell’ennesimo pub di periferia, seduti ad uno dei tavoli dal quale era possibile osservare la strada adiacente al locale, che vidi per la prima volta Marco e Marta litigare. Iniziarono per gioco, prendendosi in giro com’era loro solito fare, fino a che qualcuno dei due non finì per infierire con un’offesa azzardata che li vide inizialmente tacere offesi, poi rimproverarsi a più riprese. Sedevo di fronte a loro quando cominciarono ad insultarsi piuttosto pesantemente sui sensi di responsabilità, i doveri e i diritti reciproci. Osservandoli di profilo così furiosi e paradossalmente sul punto di dichiararsi odio su tutti i fronti, mi fu impossibile non incantarmi sui loro movimenti, sulla mimica dei loro volti congestionati e su quegli occhi così spalancati e in continua ricerca di un mio possibile consenso imparziale.
Osservavo immobile, cullato dal mite calore di un faretto che puntava sulla mia schiena, ma irrigidito dalla palpabile tensione creatasi davanti ai miei occhi durante quel conflitto verbale. Tuttavia mi sentivo tremendamente bene. Stranamente compiaciuto. Compresi soltanto dopo aver riflettuto su quanto avevo visto e quanto provai nell’assistere a quell’infausto spettacolo, di essere ormai da tempo innamorato di Marta.
Ripensai immediatamente ai suoi occhi e a quello che riuscivo a vedere in tutta la loro profondità ogni volta che la sua calda e pacata voce aveva sedotto i miei sensi. Riesaminai il suo litigio con Marco e ritenni ovvio darle ragione, compiacendomi di poter oltretutto sostenere il torto di una persona che in quel momento più che mai ritenevo di troppo fra me e Marta.
Anche se Marco era il mio migliore amico.
Chiusi gli occhi per lasciare entrare nella mia testa le prime immagini che la memoria di quella sera mi rievocava e riuscii a vedere solo Marta.
Marta sorridere. Marta rimproverare Marco per un’offesa troppo sgarbata. Marta alzare la voce. Marta spalancare i suoi occhi verdi in cerca del mio sguardo complice.
Solo Marta.
2
Mi alzai la mattina estremamente confuso. Mi guardai le mani, come facevo da sempre per riprendere padronanza di me ogni qual volta sentivo di ragionare in maniera distaccata da tutto il resto del mio corpo e sedetti sul bordo del letto assorbito dai miei pensieri. Presto squillò il telefono.
Era Marco che chiamava per scusarsi di quanto accaduto la sera prima. Promise di farsi perdonare offrendomi da bere all’uscita seguente e mi garantì di ripristinare la situazione con Marta facendo sì che le nostre tanto piacevoli serate a tre potessero riproporsi. Pochi secondi dopo aver riappeso chiamarono di nuovo, solo che questa volta era Marta.
Non si scusò subito, mi chiese se stessi bene e le dissi che non c’era ragione perché io dovessi stare diversamente. Si giustificò per la sera passata e mi confessò d’essere piuttosto confusa poiché la stessa situazione che si era ripetuta fra lei e Marco durante tutti quei mesi in cui avevano fatto la vita di coppia isolata dal mondo, stava inspiegabilmente replicandosi anche durante quel periodo in cui uscivano in mia compagnia.
Le dissi che poteva dipendere da una sola cosa, ma glielo lasciai intendere in modo che fosse costretta a decidere da sola a cosa mi riferissi. Fece subito il nome di Marco ed esitò aspettando ch’io integrassi il discorso, ma non lo feci. Le chiesi se amasse il suo ragazzo e lei molto sinceramente rispose di si. Le domandai allora se fosse stata altrettanto convinta che anche Marco provasse amore per lei, lasciandola così appesa ad un silenzio interminabile che la vide prima estraniata, poi spaventata dalla mia domanda. Non rispose, ma mi chiese cosa ne pensassi.
Decisi in quel momento di metterla davanti all’evenienza che se un uomo avesse provato amore per la propria compagna, avrebbe dovuto in qualche modo dimostrarglielo. Mi chiese una spiegazione al riguardo, ma la interruppi fingendo di dovermi preparare per un impegno imprevisto.
3
Non seppi niente per un paio di giorni finché il pomeriggio del terzo giorno ricevetti una chiamata da Marco palesemente agitato. Aveva una grande capacità di controllo, lui. Lo ricordavo ancora alle prese con l’alluvione che vide il Bisenzio straripare ed allagare molti scantinati, compreso il suo. Non potevo dimenticare la tenacia con cui si sforzò di portare al sicuro le ultime cose rimaste ancora indenni dall’acqua, rischiando numerose volte di essere trascinato dalla corrente. Lo ammiravo come amico e lo stimavo come persona. Adesso però sembrava visibilmente provato anche se orgogliosamente cercava di darmelo ad intendere il meno possibile.
Mi disse che Marta gli aveva chiesto un periodo di tempo, intervallo a lui necessario per riuscire a dimostrarle che, giunti ad un punto così importante per la loro storia, fosse innamorato di lei.
Decidemmo di incontrarci la sera stessa nel pub dove quattro sere prima lui e Marta avevano litigato e fu lì che, seduti al solito tavolo, Marco mi crollò davanti afflitto da una più che tangibile disperazione.
– Facendo così non risolverai molto, Marco…
– …
– Dovresti almeno spiegarmi cosa sta succedendo, e solo allora comportarti come un adolescente afflitto da un male che reputa più grande di lui.
– Io stesso stento a credere d’essermi potuto ridurre così in soli due giorni e tu non riesci nemmeno a capire perché il tuo migliore amico possa crollarti davanti come un bambino?!!
– Marco finiscila! Se non parli è inutile anche il fatto che tu mi abbia portato fin qui stasera.
– Marta mi ha lasciato…
– Non ti ha lasciato, ti ha chiesto un periodo di tempo. E’ diverso.
– …
– E poi ti ha detto che si aspetta solo che tu le dimostri che sei innamorato di lei perché possiate tornare assieme come prima, no?
– E’ proprio questo il punto. Non mi riesce possibile trovare una soluzione a questo problema.
– Come sarebbe a dire?! Mi stai facendo capire che non sei più innamorato di lei?
Cominciai ad illudermi per un istante che la vita potesse regalare opportunità ben più grandi di quanto di solito mi aspettassi.
– E’ che io la amo troppo. Capisci? L’ho sempre amata tantissimo. Fin dal primo giorno. E pensare che adesso lei se ne esca con questa sorta di gioco a tempo sui miei sentimenti mi fa pensare che probabilmente non si sia mai accorta di quanto io fossi innamorato di lei. Non potrei inventarmi un modo diverso di amarla. Perché troppo è già il modo in cui io l’amo. Senza esitazioni. Senza ripensamenti. Tu conosci Marta. E’ impossibile non amarla diversamente.
Pensai fosse l’unica cosa su cui avrei voluto dargli ragione.
– Tu l’ami giusto?
– Si, l’amo…
– Allora dimostraglielo…
– Non prendermi per un idiota! Se esistesse un altro modo per dimostrarglielo oltre a quello che ho sempre usato, lo adotterei!
– Bhé, c’è chi morirebbe per amore…
Stavo perversamente spingendolo in un cunicolo dove si sentisse costretto a prendere in considerazione una soluzione drastica quanto folle, tuttavia la sua risposta riuscì a schiacciarmi. Solo qualche istante dopo capii che Marco stava per rovinarsi con le sue stesse mani.
– Potrai metterti a ridere ma ci ho già pensato. E sai a che conclusione sono arrivato?
– …
– L’amo così profondamente che per lei sarei disposto ad uccidere me stesso.
– …uccidere te stesso?
– Privarsi del bene più grande consistente nella propria vita per riconoscere un bene ancora più grande. L’amore.
– Questa è una follia, lo capisci?
– Sei tu che non capisci. Tu non hai mai amato, Yuri.
4
Ricordo d’essermi sentito tanto umiliato quanto capace di un artifizio più grande di quelle che fino a quel giorno avevo conosciuto come le mie limitate possibilità, tuttavia quella sera feci ritorno a casa con un insolito senso di gratificazione.
Marco chiese inconsapevolmente la mia complicità affinché portassi Marta fino a Riomaggiore, una piccola località marittima a nord di Campi Bisenzio, con la scusa di farmi accompagnare per un viaggio di piacere durante il quale poter parlare della loro crisi di coppia.
Marco avrebbe aspettato su uno dei più alti dirupi proposti al mare, nell’attesa di vedersi comparire dinanzi Marta alla quale avrebbe dichiarato il suo autentico sentimento per poi gettarsi nel vuoto. Gettandosi da un’altezza simile a quella che mi era stata descritta dallo stesso Marco, tutto era garantito tranne che uscisse completamente indenne dall’impatto con l’acqua. Sapevo bene perfino io che il dirupo scelto da Marco formava alla sua base un piccolo golfo dentro il quale erano racchiusi alcuni scogli. Ciò nonostante quello che Marco era disposto a fare ricalcava esattamente il suo desiderio di mettere a repentaglio la propria vita pur di dimostrare l’amore che lo legava a Marta.
Sedevo così al volante della mia auto, solo in compagnia della ragazza che per me rappresentava tutto un futuro e guidavo lentamente in direzione di una realtà secondaria dove il futuro di un amico che dominava i miei ricordi passati, presto sarebbe potuto terminare per sempre. Arrivati a Riomaggiore proposi a Marta una passeggiata nella parte alta della costa, dove il panorama era sempre spettacolare. Arrivai puntuale all’appuntamento con Marco che riconoscendoci cominciò a gridare frasi scontate sui suoi sentimenti. Pensavo che dopotutto non si sarebbe buttato o che, se lo avesse fatto, Marta avrebbe giudicato quella prova d’amore una cosa orribile.
Così non fu.
Alle ultime parole di Marco percepii Marta scattare in corsa nell’intento disperato di afferrarlo prima del fatale gesto. Fu un attimo indimenticabile quello in cui vidi il mio migliore amico svanire rapidamente oltre la fine del dirupo su cui Marta, le urla della quale erano rotte da un tragico pianto, non poté (o non volle) arrestare la propria corsa finendo così per seguire il suo amante precipitato nel vuoto.
Mi ritrovai chino su me stesso paralizzato nel medesimo punto da cui avevo osservato il tragico evento, senza forza né coraggio di muovermi, di respirare o più semplicemente di concretizzare che l’unico ad essere ancora vivo ero, in modo oscenamente ingiusto, soltanto io.
5
Poi piovve.