Giappone: Ci hanno fottuto la bici
NOTA: questo articolo è stato riesumato da un archivio web nel Luglio 2015 e postato rispettando la data originale in cui è stato scritto la prima volta. Testo trascritto senza alcuna correzione
La vedo al negozio dell’usato che abbiamo all’angolo vicino casa.
DI solito li ci compriamo le stoviglie per la casa o qualche oggettino utile che ancora manca.
E’ una bellissima graziella moderna, cromata e con il cestino nero, tutta lucida. La vendono a 4000 yen. Se messa a confronto co una buona graziella da mamma all’italiana, la cifra che mi propongo di spender eper una due ruote giapponese é uno sproposito, ma nto che in Giappone i prezzi delle bici sono altissimi e che risultano essere anche l’unico ed ultimo materiale di commercio abusivo per i quali i poliziotti si impegnano tanto a feermare i cicliti ai posti diblocco.
Mi viene detto infatti che ogni bici qui porta un numero identificativo, un adesivo di proprietà e un codice stampatosul telaio che la registra alla preefttura i cui é stata acquistata.
Compro la mia nuova bici. Faccio confiare le ruote e me ne vado per la prima volta a fare la spesa ritto sui pedali, cullato dal sole di Ottobre che qui brucia più di quello italiano ad agosto.
Passano i mesi. Vengo fermato anche dalla polizia che mi interroga sotto una notta di pioggia chiedendomi chi sono, da dove venngo, dove lavoro e sela bici u cui viaggio é mia.
Ci sono infiniti controlli. I ladri prendono la bici e se la rivendono proprio nei negozi dell’usato dove io ho comprat la mia.
Noto allora che non ho alcun adesivo di proprietà e che il codice stampato sul telaioé in realtà grattato via.
Al controllo la scampo senza multa o sequestro di un mezzo palsemente riciclato abusivamente.
Passano i mesi e la bici passa i suoi giorni, ci accompagna i sabato notte a prendere il latte al 100 yen che (ricordo ancora una vlta) chiude alle 25 (come dice l’insegna).
Spesso pedalo con dietro Vania che mi fa il solleico e dice coseidiote che mi fanno sbellicare. A volte torno a casa da lavoro che mela trovo abbronciata che mi confessa di essere planata sul cemento mentr, carica di spesa, tentava di pedalarsela ingenuamente a casa.
La nostra bici.
Uguale amolte altre, ma diversa perche’ nostra.
Il Giappone e’ strano. Dicono vanti il tasso i criminalita’ piu’ basso al mondo. Poi mi guardo dentro e credo che per colpa mia la media si alzi. Poi guardo fuori dal nostro apaprtameno e vedo che la bici che avevo parcheggiato poche ore prima, doev sempre e con il suo lucchetto omologato, non c’é più.
Mi hanno rubato la bici e penso che non potrò più regalrla ad Emily, come avrei voluo, l nostra vicina di casa Inglese, alla quale non so quante volte ho promesso di invitarla acena da noi per mangiare la cucina tipica italiana e poi, per motivi sempre stupidi da ricordare, non l’ho mai fatto, bidonando di brutto.
Non ho la mia bici e mi manca. La cerco ovunque. Furtivo fra i cortili dei palazzi vicino al nostro, posso solo tornare a casa ogni volta più affranto e piangere sulle poche foto che le ho scattato e che voi tutti potte vedere.
Adesso non ho più parole per manifestare questo vuoto.
Lascio che il silenzio metta il punto a questa frase.