Condoglianze Ian Hibell: Un quarto di secolo…
13 Settembre 2008.
Compio 25 anni, svegliandomi accaldato avvolto dalle tende della mia stanza.
Una donna nuda dorme sulla mia schiena.
Il sole splende ed il telefonino già vibra, accumulando messaggi di auguri.
“Auguri, cosa fai oggi?”
Dico a tutti che adoro le cose semplici. Stare a contatto con le persone, o con un libro, o con la mia penna. Sdraiare sul letto e pensare a tutte quelle cose che mi ricordino quanto inesorabilmente passi il tempo.
Senza pietà. Senza eccezioni.
“Auguri, programmi?”
Rispondo ai messaggi fra una doccia ed una colazione pigra in cucina.
Il sole batte e, perché no, dai che facciamo un giro in moto.
La cosa meravigliosa di questa mia nuova e temporanea quotidianità é che ogni suo attimo mi ricorda come mi ci sono ritrovato…
Ricordo i sogni ad occhi aperti nel mio letto a Firenze. A 21 anni.
Le decine di chilometri percorsi ad est. A 22 anni.
Cadere fra il fango e proseguire. A 23 anni.
Sopravvivere al tempo. A 24 anni.
Sopravvivere.
Uno dei momenti più belli del mio viaggio é senza dubbio il ricordo di quei luoghi e quelle storie che hanno fatto di me una persona più consapevole.
Non migliore o peggiore. Semplicemente consapevole.
Ad insegnarmi quanto paradossalmente patetico e tuttavia unico fosse il mio progetto, é stato Ian Hibell.
Di lui scrivo perfino sui miei articoli su In Moto:
“Quella stessa sera, ritto sui pedali di una mountain bike, appare sulla mia via, Ian Hibell. Lui viaggia da mesi come Tim, ma ha 77 anni ed é partito dalla Gran Bretannia. L’ennesima conferma che la motivazione al viaggio prescinde dalla preparazione tecnica, dal mezzo su cui ci si sposta e, in questo caso, anche dall’età.”
La moto ci porta a Milford e scorgo su un albero, il ricordo mio e di Mauro, seduti sul ramo più alto a parlare di chi siamo.
Rivedo il mare e la città nelle ore più calde del giorno.
Rivedo Ivan e gioisco nel vedere il frutto della sua tenacia e la soddisfazione che questa da a lui ed a chi lo circonda.
Rivedo Kirsty, venutami a trovare da Christchurch.
Mangio un gelato italiano.
Sfamo i piccioni con i resti del cono.
E parlo…
Quando la moto ci riporta a casa, controllo la posta. Sono passati anni e chilometri da quelle notti in Siberia con Ian, ma io le sue parole, la sua voce, la sento ancora adesso.
Non ho scordato niente di quello che mi ha detto.
E non dimenticherò mai ciò che non ha proferito.
Un sito di viaggi parla di lui e dice che é morto investito da un’auto in corsa, ad Atene, durante uno dei suoi recenti viaggio.
La persona alla guida gareggiava con un’altra macchina, ha ucciso Ian sul colpo ed ha pensato di fuggire.
Lo hanno arrestato poche ore dopo.
Ian é morto sul colpo.
Oggi sono vivo da 25 anni, quarto di un secolo.
Vivrò altri 3 quarti di secolo, mi sono detto scherzosamente oggi, fra una piega e l’altra, sussurrandomi quella promessa dentro al casco.
Ian muore ad un quarto di secolo dal suo 100simo anno di vita.
Ed io penso che di pensare a questo mio giorno, come ad un giorno di festa, non ho più voglia.
Un pensiero su “Condoglianze Ian Hibell: Un quarto di secolo…”