30 Novembre 2007
Mattina lenta.
Esco a fare colazione. Camilla non vuole niente. Mangio una mela seduto sulla VFR che guardo le persone svolgere le loro attività quotidiane. Potrei restare lì seduto per ore ed ore senza annoiarmi mai. Giocando a capire le persone nel profondo guardandole per brevi intensi minuti dall’esterno.
Una volta a casa decidiamo di fare una passeggiata in una via piena di Sushi bar dove andiamo a caccia del miglior offerente.
Prima ancora di trovarlo entriamo in una galleria d’arte presso cui Camilla conosce una pittrice con cui scambiamo due chiacchiere.
Finiamo affamati in cerca di un Sushi “valido”, ma quello che piace a me non piace a lei e quello che piace a lei vende porzioni troppo piccole a prezzi troppo alti.
Ne troviamo un terzo che sembra un buon affare.
Torniamo a casa cotti dal caldo di città e ci gettiamo sul divano a guardare le foto di lei e degli amici. Dei suoi viaggi in California e degli uomini che l’hanno conquistata. E’ bello quando una donna si racconta con piacere.
Potrei stare ad ascoltare per ore ed ore. Giocando a capire una donna nel profondo ascoltandola per lunghi intensi minuti sedendole accanto.
A volte credo sia questo uno dei pochi lati che mi rendano un buon amante. La mia capacità di ascoltare una donna. A me interessa davvero. Le volte in cui i legami affettivi con un’amante si sono deteriorati é stato perché non c’era abbastanza comunicabilità.
Ma Camilla ed io siamo vicini per una sorta di solidale premura concittadina, più che per ragioni sentimentali o affettive. Non ci corteggiamo. Non ci aduliamo. Semplicemente ci diamo una mano a vicenda.
Nel pomeriggio lei lascia la casa per un impegno ed io mi preparo per incontrare il signor Ian per un’intervista.
Sono invitato a cena e quando arrivo non tardo ad accorgermi che la serata promette molto meglio di quanto mi aspettassi. In salotto 5 bambini dagli 1 agli 8 anni che giocano e mi guardano curiosi. La madre corre su un macchinario da palestra e lo stesso Ian mi fa sedere al tavolo facendomi qualche domanda.
E’ australiano, ma porta negli occhi la curiosità di chi ha visto e toccato altri posti. Mentre il modo in cui mi parla e mi interroga cela una nobile attenzione paterna.
Mi ringrazia per essermi presentato e si complimenta con me, sottolineando quando inusuale la mia avventura sia se paragonata con tutte le altre.
Mi dice che si capisce subito che non sono un motociclista e che non intendo affrontare questo viaggio in funzione della moto. Mi dice che ammira il mio spirito e che vorrebbe sapere di più. Prende un quaderno dove ha già appuntato appunti su precendenti interviste ora già pubbliche e, con la penna in mano, scrive quello che gli racconto.
Ma la cosa che mi tocca é che il suo interesse non mi suona come un obbligo professionale né tanto meno come un passatempo. Lui vuole sapere veramente e le domande particolari e semplici a cui mi sottopone me lo riconfermano ogni volta. Per un attimo avverto la sensazione di potermi fidare e di divulgare ogni aspetto del mio viaggio, in modo incensurato, senza il timore di parlare con qualcuno che non capirà o che mi penalizzi per aver messo in mostra chi sia veramente Gionata Nencini.
Per cui inizio con un sorriso prendendomi in giro sulle mie capacità meccaniche e racconto di come la moto sia riuscita negli anni a far fronte non solo ai guasti ma anche alla mia trascuratezza e pessima manutenzione.
Parliamo del “come”, i “perché” ed i “ma” del progetto Partireper.it
Parliamo di Honda. Parliamo di moto italiane. Parliamo di tempo. Salute.
Il tutto interrotto deliziosamente dalla piccola Ella di 1 anno che ne inventa di tutti i colori per attirare la mia attenzione e sedersi sulle mie ginocchia e farsi mettere i sandali.
La cena é ottima. La conversazione verte sul loro passato. Chiedo dei posti che hanno visto. Dei paesi in europa in cui hanno vissuto e dei progetti che, anno dopo anno, si sono compiuti.
Dico loro qualcosa che non ho detto mai ai giornalisti e che forse non dirò nemmeno qui.
Dico anche che il tempo che il viaggio mi concede in sella ogni giorno é una buona occasione per interrogarmi sui valori quali la famiglia. Dico che da figlio di genitori separati ho sempre visto alla famiglia come ad una delle scommesse più difficili nella vita e che dall’esterno, vedere i loro figli essere amati e respirare la serenità che il loro ambiente familiare emana sia un grande onore.
Dico loro che saper osservare le cose dall’esterno prima di trovarcisi dentro, sia un modo intelligente di aiutarsia crescere e capire e che da sempre cerco di rendermi una persona migliore. Non necessariamente una persona giusta, ma se non altro capace di insegnare a quelli che saranno i miei figli qualcosa di vero.
La penna di Ian scrive. Io parlo come stessi parlando a quel migliore amico che non ho mai trovato. Quell’amico che esiste nell’immaginario e che é troppo ideale per poter esistere solo in una persona.
Mi ricordo un molo sull’Adriatico. O parlare alla mia ragazza dopo aver fatto l’amore. O a mio padre, se mai abbiamo parlato in questo modo, ma nessuna delle tre immagini si avvicina al modo in cui sogno di poter parlare come mi racconto a questo amico ideale che adesso sembro identificare nell’interesse di Ian.
Mi chiedo se davvero si debbano fare cose “grandi” per risquotere nelle persone che si sono vicine un “grande” interesse.
La casa é adesso buoia, i bimbi dormono al piano di sopra e Ian mi mostra la camera dove potrò dormire. Lo ringrazio. Non mi aspettavo di venir ospitato dal giornalista che mi ha appena intervistato.
Ci diamo la buona notte e mi auguro di riparlare con lui una volta svegli.