Ricordi del Giappone
Città toccate durante la traversata in Giappone: Fushiki, Takaoka, Kanazawa, Gifu, Kyoto, Osaka, Ikeda, Kobe, Okayama, Hiroshima, Kitakyushu, Shimonoseki.
L’unico Ferry che connette Vladivostok al Giappone é una nave da crociera stile russo.
L’altro tragetto é affondato due anni prima a causa di un maremoto.
Andiamo bene.
Prima di imbarcarmi il capitano in persona mi chiede se ho il Carnet de passage e gli dico “si”.
Ma é una bugia.
Non ho mai fatto la richiesta per il carnet de passage e adesso che mi trovo ad entrare nel primo dei tanti paesi in cui questo documento mi é indispensabile, avrò di che usare la mente per venire a capo di tutte le questioni burocratiche che si svilupperanno.
Inoltre, la moto é ancora guasta. Dopo il tratto di 400 Km da Xavarobsk a Vladivostok, mi ha di nuovo abbandonato presentando i medesimi problemi sulla carbuzione.
Pago i miei 257 euro per la crociera di tre giorni ed il trasporto della moto e mi chiudo in camera.
Esclusi i pasti e qualche vano tentativo di approcciare le ballerine russe che sculettano al piano bar, sarò sempre chiuso in cabina in attesa di vedere il Giappone apparire all’orizzonte.
Non potete immaginare la sensazione che si prova a raggiungere tale meta con la consapevolezza di averlo fatto in moto lungo un viaggio su cui molti non avrebbero nemmeno puntato 5 euri.
E’ umido sul ponte, decine di altri viaggiatori come me impugnano macchine fotografiche e mirano il dito verso quella che sembra essere di nuovo terra.
Dentro di me sale una forte sensazione di commozione.
Il Giappone é davanti ai miei occhi. Reale, avvolto dalla foschia che caratterizza le sue coste e la mia moto é nella stiva della nave.
4 mesi per arrivare fin qui. 22000km di emozioni ed esperienze.
Questo momento di solitudine di fronte alla terra in cui approdo, vale tutto il tempo speso in passato a pensare ed organizzare il giro del mondo in moto.
Essendo l’unico passeggero che abbia con se una moto, ho la precedenza sulla fila e vengo presentato al signor Oda, un giovane giapponese dal modesto inglese che mi porta nel suo ufficio e mi chiede, fra i tanti documenti, anche il carnet de passage.
Mi invento mille scuse plausibili, fra cui che in Russia sono stato derubato del carnet assieme ad alcuni soldi.
Lui mi chiede 400 euro di tasse per importare la moto (rotta) in Giappone, ma specifica che una volta dentro non posso comunque guidare.
Prendo tempo e mi accampo nella spiaggia vicino al porto, con la moto ancora alla dogana.
La mia decisione é puramente emotiva, ma dato che sto per esaurire i miei soldi, la moto é rotta e pagare i 400 euri di importazione mi lascerebbe al verde con una moto rotta di cui prendermi cura, decido di fuggire ad Osaka via treno lasciando la tenda in spiaggia per far credere ai doganieri che sono ancora lì accampato in attesa di dare loro la risposta che aspettano.
In Osaka, dopo aver prestato 700 euro alla mia ex ragazza, mi ritroverò a far fronte alla costosissima vita nipponica con le ultime 200 euro.
Senza un visto del lavoro, senza fondi e senza conoscenze, limiterò le mie funzioni vitali al minimo per mantenermi in vita in città, risparmiare il più possibile e trovare un lavoro di cui vivere.
L’ambasciatore italiano mi dice di rinunciare e di prendere un prestito consolare per volare a casa.
Quando mi presento all’ambasciata due settimane dopo in compagnia del mio datore di lavoro, mi guadagno la stima di tutta l’ufficio consolare.
E’ il giorno del mio compleanno e dopo 10 giorni di miseria vera e propria, la speranza e la fortuna bussano alla mia porta.
Non ho la mia tenda quindi dormo sul ponte della stazione con i barboni e sotto il ponte del castello di Osaka nelle notti di pioggia.
Mangio hamburger di McDonald tutti i giorni visto che sono il pasto più economico in circolazione e userò il bagno pubblico di un grande centro commerciale per lavarmi, radermi e tenermi presentabile.
Internet gratuito nell’area computer dello stesso centro commerciale e un foglio in mano tradotto in giapponese dove ho riassunto la mia storia.
I datori di lavoro di hotel, ristonanti, bar, pub e pizzerie leggono il foglio e capiscono che sto cercando lavoro.
In alcuni casi si propongono di assumermi, ma non ho il visto del lavoro e dispiaciuti mi dicono di tentare con qualcun’altro.
Poi tramite una rivista di annuncia gratuiti scrivo a scuole di inglese in cerca di insegnanti ed ottengo un colloquio.
Mi presento e si instaura subito un immediato feeling con i miei datori di lavoro che si propongono di farmi fare una lezione di prova ed in caso positivo di assumermi sponsorizzando il mio visto del lavoro.
Così il 13 settembre, giorno in cui compio 22 anni, mi presento all’Ambasciata con il mio datore di lavoro Sakamoto che firma le carte per l’assunzione e mi regala un abito e cravatta per la prima lezione che é fra poche ore.
Insegno inglese ai bambini dai 2 ai 17 anni.
E faccio lezioni private a studenti di livello avanzato o casalinghe che desiderano parlare una seconda lingua.
Visto il livello mediamente basso dei giapponesi con la lingua inglese, le lezioni sono piuttosto facili.
La paga é esageratamente buona e grazie ad un amico italiano che mi viene presentato per caso in centro città, riesco a trovare una sistemazione in un dormitorio che costa solo 140 euro al mese tutto compreso.
Passano mesi fatti di lavoro e una vita sociale inesistente.
Dopo aver inquadrato come funziona il sistema educazionale giapponese, insegno anche italiano privatamente per conte mio a giovani e suadenti studentesse sulla trentina.
Ci scappano pure un paio di storie d’amore.
Motivato a non spendere un centesimo e costantemente impegnato nel lavoro che mi assorbe tempo energie e strati di grasso dal corpo, mi ritroverò a Gennaio con 9 chili in meno nel corpo ma 4800 euro in più nei miei risparmi con cui riparare la moto, importarla e guidarla fino al sud in cui imbarcarmi per la Corea.
Sparito per mesi infatti, il signor Oda mi chiederà via mail il da farsi per quanto riguarda la moto.
Mi dice di pagargli 50000 yen e glielo mando, ma quando sono a Fushiki a prelevare la moto, me ne rende indietro 18000 perché la moto ha 19 anni ed é stata prodotta in Tokyo, quindi é esente dalle tasse di importazione.
Mi ripete che non posso guidare, ma io che ho già con me i ricambi nuovi e la chiave del problema alla carburazione, mento di nuovo dicendo che metterò la moto su un treno.
In fuga da Fuchiki con la neve, arrivo di nuovo ad Osaka e parcheggio la moto sotto casa mia, avvertendo di nuovo la sensazione straordinaria che la moto da ad ogni contesto, ricordandomi che lei é sempre stata con me e che é partita da Firenze.
In due giorni, per motivi di scadenza visto e periodo di importazione, sono costretto a scendere di fretta verso Shimonoseki, l’estremo sud, badando ai poliziotti e perdendomi tutta la parte del nord che avrei voluto vedere tanto.
Tokyo, Hokkaydo ecc.
Ma adesso la cosa che conta é che la moto é riparata e i miei fondi sono stabili.
Raggiungo così Hiroshima e passo la notte in un internet point per 7 euri, disturbato da altri insonni giapponesi che chiusi nei box privati si masturbano con giochi erotici on line.
Che si divertano pure, ma almeno evitino di tenermi sveglio con quei coiti così rumorosi!
Il pomeriggio seguente completo indisturbato la mia tappa ed arrivo a Shimonoseki dove imbarco la moto su un Ferry per il sud Corea.
Ricordo la sensazione di asuefazione che l’urbanistica giapponese mi ha dato appena arrivato. L’alienazione che provavo trovandomi nel centro di un monto illeggibile ed indecifrabile.
Ricordo fare il bagno nel mare del Giappone a settembre mentre pianifico la mia fuga ad Osaka e scoprire una vecchia signora in abiti eleganti passeggiare sulla spiaggia con un ombrello e cantare una bellissima canzone al mare.
Ricordo la città di Osaka, darmi il benvenuto di notte. Tutte quelle luci, tutta quella gente.
Ricordo i barboni che mi sorridono e a cui offo il mio cibo prima di addormentarmi.
Ricordo le zanzare nella notte umida sotto al ponte del castello di Osaka.
Ricordo la depressione che mi attanagliava e le scorte di cioccolata che facevo per sentirmi meglio
Ricordo il seneso di benessere e guarigione che mi dava sedermi sulla metropolitana per lasciarmi trasportare. Al solo scopo di sentirmi meglio passavo ore intere seduto sullo stesso vagone, vagando in lungo e largo per la città senza fare nient’altro.
Ricordo il colloquio con il signor Sakamoto e le parole di lui che mi fanno esaltare, ma l’effetto delle quali cerco di non rendere visibile per non rovinare un momento così fragile.
Ricordo indossare la mia divisa e presentarmi ai miei studenti con il loro nuovo professore di inglese.
Ricordo una stanza di un dormitorio e finalmente poter chiamare quel posto casa mia.
Ricordo i pomeriggi del fine settimana andando a fare la spesa al mercato con una bici comprata di seconda mano.
Ricordo ogni mattino sveglio alle 6, davanti allo specchio per radermi come la signora Sakamoto mi ha imposto di fare.
Ricordo la mia studentessa di italiano invitarmi a cena a mangiare Yakiniku e poi trovarmi qualche giorno dopo a fare l’amore in una lussuosa stanza d’albergo.
Ricordo il viaggio in treno verso Fushiki, con in spalla uno zaino con i ricambi per la moto e con nel cuore una prospettiva diversa del Giappone.
Ricordo Fushiki a Gennaio, sommersa dalla neve. Quando ci ero arrivato a Settembre faceva un caldo impossibile.
Ricordo Oda ed il modo in cui si lascia abbracciare mentre mi rende 18000 yen.
Ricordo il rombo della moto ed indossare il io equipaggiamento dopo 5 lascaito la moto in dogana.
Ricordo la visione della mia moto sotto casa mia in Osaka e la commozione che mi ha dato.
Ricordo la sensazione di essere di nuovo in strada, questa volta in Giappone direzione Shimonoseki.
Ricordo la notte ad Hiroshima e la notte sul traghetto che mi ha portato via dal Giappone, quel Giappone che anche se ci tornassi altre mille volte, non avrei più dentro me come lo ho avuto durante questa avventura.
Ricordo di essermi sentito vivo come nessun’altro mai.
Commento di prova
Grande Gionata!.., tu ti senti più vivo compiendo la strada che ti sei proposto e che evidentemente è parte del tuo destino di oggi. Ma fai sentire più vivi sia a chi ti legge sia a chi in tante situazioni – come io – non posso non sentirmi identificato con ciò che provi.