La notte passata é stata molto caldo. Ho perfino avuto freddo, il che non mi dispiace mai, visto che dormo in mutande.
Basta coprirmi con la giacca Clover che magicamente il dormire diventa fresco e tuttavia ventilato. Al mattino mucche ovunque.
Si sparpagliano attorno alla tenda ed appena mi muovo ed esco, mi fissano basite con fili d’erba che gli escono dalla bocca. Tutto ciò che la notte pesta di ieri nascondeva attorno alla moto e alla tenda, adesso risplende pieno di vita e curiosità.
Capanne di legno sul lato opposto della strada motosa e stagni marroni in cui anatre sguazzano.
Tutte é vero, anche sta volta. Fisso le anatre che vivono ed esistono lì senza recinto e sorrido ai piccoli maiali pigmentati di nero che obesamente si rincorrono sotto le piattaforme di legno su cui ogni famiglia vive. E’ vera anche la mia paura. Il ponte che ieri é crollato per l’indossamento del fiume, mi separa dall’altra sponda con 300 m di guado.
Per non affrettarmi a gettare me e la mia moto nei guai, cerco di temporeggiare. Una famiglia dall’altro lato della strada mi invita per la colazione ed accetto. Vendono banae fritte. Ne compro 10 per un totale di 25 centesimi di USD.
Non mi piacciono, ma sono agitato e devo riempirmi lo stomaco per calmarmi. Ne mangio 3 ne metto via altrettante e ne offro 4 ai bambini che nel mentre mi hanno circondato per fissarmi in silenzio.
Quando sono teso mi riscopro estremamente divertente, con le mie faccie buffe da clown, ridono tutti, anche anatre e maiali.
Smonto 4 delle 6 borse per snellire la moto ed alleggerire il carico. Attraverso il guado a piedi per imparare la linea migliore da seguire e sentire quanto e dove sia intensa la corrente. Nel punto più fondo l’acqua arriva sopra il mio ginocchio, ma la corrente non é da sottovalutare.
Sulla sponda da raggiungere piazzo il tre piedi con la telecamera, la faccio partire e ritorno alla moto. Dopo 20 minuti sono in sella che non so esattamente cosa io stia facendo. Non l’ho mai attraversato un guado in moto, ma quel che credo sia peggio é che non ho la ben che minima idea di come lo si faccia.
Polsi saldi sul manubrio e passo costante in prima marcia, in caso di attrito accelero in progressione. Sono a 150 metri in prossimità del punto più fondo. La moto stenta, ma con un filo di gas in più esce con il suo ritmo dall’acqua che la circonda.
La corrente adesso si intensifica e avverto la ruota posteriore andarsene con lei. Sfido l’acqua e faccio forza sul manubrio per bilanciare la spinta che ricevo da essa. La moto esita, poi trova terreno su cui aggrapparsi e si riallinea. Bruscamente, al punto di sbilanciarmi per la forza con cui sfidavo la corrente, un piede mi schizza via dalla pedaliera.
Lo alzo e accelero per evitare di arrestarmi, ma la corrente adesso é massima e sposta la ruota posteriore sempre più finché non mi ritrovo rigirato di un quarto sul lato destro e stofo in acqua con la moto che vi si accascia.
Sento la moto avanzare con il corso del fiume. Chiedo aiuto a due cambogiani che mi aiutano a rizzare la moto e la tengono finché non é accesa e ci rimonto sopra.
Il peggio é ancora attorno a me, ma la paura di cadere in acqua non c’é più, visto che ci sono appena finito dentro e non ha fatto male.
Sgasso, ed alleggerito dalla paura di una caduta che non provo più, punto la sponda da raggiungere e spalanco il gas.
La moto é più leggera, io sono più forte e la sponda e più vicina, ora che il fattore mentale é cambiato. Arrivo davanti alla videocamera esultando, ma disintegro questa gioia con una bestemmia quando mi accorgo che dopo i primi 20 minuti la batteria é morta lasciando il filmato a metà.
La seconda bestemmia arriva a Stroeng Treng, dove riguardo il filmato che, “poeticamente” di interrompe metro ingrano la prima e parto per attraversare il guado. Si siede in quel mentre un uomo che conosco, mi riconosce e mi saluta. Ha 20 anni e l’ho incontrato “# 10 Lake Side Guest House” il quarto giorno in cui mi trovato a Phnom Penh.
Quella sera a cena aveva invitato la sua ragazza francese a sedersi con me, così poco dopo se n’era sbucato pure lui. Un bel ragazzo, con un ottimo british english, davvero notevole. Lei non apre bocca, ma lui sembra avere molto da dire, ma soprattutto sembra aver origliato molto della mia conversazione con gli altri clienti della # 10 Guest House.
Sa che ho idea di girare la Cambogia in moto e vuole convincermi a farlo in compagnia sua e della sua ragazza.
Mi scuso e gli dico di no, ma dopo 10 minuti di insistente argomentazione al riguardo, mi sento infastidito e divento sarcastico ed inamovibile. Lui scoppia a piangere, ma dall’espressione della sua ragazza sembra non ci sia niente di cui dovermi scusare.
Oggi mi chiede come sto e quando gli dico del mese a Phnom Penh in cui ho fatto volontariato in un orfanotrofio, anziché girare la Cambogia, lui non si scompone.
Lo guardo per non guardare dentro di me, dove le sue parole, l’attitudine e le lacrime di due mesi fa vi hanno lasciato un enigma enorme.
5 USD di traghetto per attraversare il Mekong e poi sfreccio con tutta l’attrezzatura Cose di Moto a 120 Km/h su una strada tutta pozzanghere sotto un cielo di pioggia.
D’un tratto il fango si fa abbondante e non piano, ma traccia i solchi che auto ed altri veicoli hanno creato prima del mio passaggio. Decellero a 50 km/h ma il rischio e l’adrenalina mi dissuadono dall’essere prudente.
Mi vedo a terra svariate volte, quando la moto prende il suo corso guidata dal fango. Dentro al mio casco mi auguro il meglio urlando “Ciaoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo” ogni volta sento di essere prossimo a cadere.
Spinto sul margine destro, noto un binario di terra piana sul lato opposto. Taglio in diagonale, sfidando i cumuli di fango su cui la moto sculetta, poi la ruota posteriore trova un gradino troppo pastoso, il manubrio mi si strappa di mano e, a 40 km/h cado su un fianco con la moto che si accascia come su un gran cuscino.
Sono ruotato di 180°. Vorrei tanto sapere come. La caduta é stata brusca, ma non rovinosa. Nessun danno al mio corpo, ne alla moto. Se non fosse stato per lo spavento, direi quasi sia stato divertente.
Smette di piovere, la strada ora é asfaltata. La dogana Cambogiana e quella del Laos (Laosiana? Laonita?) si ergono in una foresta. Ce l’ho fatta!
Arrivo al timbro del visto 10 minuti prima che la dogana chiuda. Spero non mi chiedano documenti moto o Carnet de Passage o assucurazione. A parte il fatto che é mia e che la guido dall’Italia, di documenti della moto in regola ne ho ben pochi, eccetto libretto e patente.
Il tipo che timbra il mio passaporto e che traduce per il doganiere in uniforme mi cheide 1 USD come spesa per essere entrato in Laos dopo le 16, orario di chiusura dogana.
Guardo l’orologio e sono le 15:55. Glielo faccio notare e gli dico che sono in orario. Allora ritratta e mi dice che devo pagare 1 USD per il timbro di ingresso. Ma io mi incazzo e mi metto a fare il pignolo. Gli chiedo di mostrarmi dove sta scritta sta regola e lui finge di non capire.
Io siedo e punto il niente giocando con le mie chiavi e borbottando una canzone alché lui mi minaccia di cancellare il visto se non gli pago il dollaro.
Ne ho spesi 50 per avere il visto e non ho intenzione di perdermi il Laos. Ma questa volontà non ha niente a che vedere con la gioia che provo quando mi diletto in questi giochini.
Stampa sul mio passaporto un timbro e me lo rende. Noto che il cancello che apre il mio ingresso in Laos, é aperto. Controllo il visto, ma noto che ha messo il timbro USED su un angolo a caso del timbro di ingresso.
Perdente!
Se mi annullava il visto era già in fila all’ospedale per l’acquisto di una sedia a rotelle.
Vuole spaventarmi, ma fuori dalla foresta ho la prova del nove. Secondo cancello, secondo doganiere. Guarda il visto, mi sorride e mi lascia passare.
Sono a 150 Pakse, le strade sono meravigliose. Sfreccio a 120km/h sul manto nero dell’asfalto bagnato.
Ogni tanto piove, ma spesso no.
A 30 Km da Pakse trovo una mandria di bambini che si tuffano da una ponte nel mezzo di un fiume che sbuca fuori dal mezzo della giungla. Si mettono in mostra davanti alla mia fotocamera, poi li sorprendo.
Rimango in mutande e mi tuffo anche io urlando “Partireperrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr”.
Quando ormai c’é il tramonto afferro la mia saponetta e mi faccio un bagno nel dolce fiume che profuma di natura.
La cena me la serve una ragazza di 18 anni con un modesto inglese.
Riso appiccicoso e spiedini di manzo.
Un trionfo di bontà.
Tempo di dormire adesso.