3 Novembre 2006
Mezzanotte e piove. Strano presentimento quelle che mi dice che presto la pioggia ingrosserà in fiue. A volte smette di poivere, a volte reinizia con una forza tale da lasciarmi senza parole e con il mio occhio che impressionato, spia questo spettacolo della natura da una fessura aperta nella lampo della tenda.
Sono spaventato, nervoso ed agitato. Molto di quell’effetto dipende dall’enorme energia che questo ordinario evento sviluppa in mia presenza.
Fuori da un contesto ordinario e nella solitudine mi affronto senza veli, riconoscendo quelle che di me sono le paure e le debolezze.
Paura di perdermi nel continuo scorrere di quest’acqua che martella la mia serenità come lo strato fragile della mia tenda. Mi sento sperduto lontano da tutti, ma non come aggravante, bensì come mera consapevolezza.
A pioggia costante mi chiedo da quali paure il mio stato d’animo sia attaccato razionalmente. So che il fiume non si ingrosserà abbastanza in fretta da spazzare via la tenda mentre ci dormo dentro o così rapidamente da sommergere la moto, parcheggiata poco più in la.
A pioggia terminata mi addormento,ma alle 3 del mattino il martellio della pioggia che si riabbatte sul fiume, mi sveglia.
Spio fuori e fra un lampo ed il bagliore nottunro sfumato dalle gocce, noto il profilo delle cose che avevo attorno, mutate ed ingoiate in parte dallo specchio del fiume che aé cresciuto notevolmente.
Indosso i miei abiti, mi preparo e sotto ad una bufera, guido la moto sulla riva in alto, sguazzando su un sentiero che poche ore prima era ampio e sgombro d’acqua.
Sposto la tenda, trasporto tutte le mie cose, ultimo sguardo al fiume che muore sotto ai colpi di pioggia e mi chiudo in tenda a dormire.
Al risveglio sono vivo, asciutto e circondato.
Faccio foto, metto olio e riparto dritto per Jakarta, senza sapere esattamente quanto disti.
Nella via incontro studenti in uniforme da cui mi faccio intrattenere con un colloquiale inglese e con i quali scatto delle foto. Sono tutti così sorridenti e così disponibili. A guardarli viene da chiedersi se lo facciano spontaneamente. Chissà.
Mi fermo svariate volte, soprattutto nel tardo pomeriggio.
Una rapida porzione di Mi Goreng mi mette sempre di buon umore e così fanno anche tutti i bambini che mi circondano curiosando la moto ed il mio aspetto barbuto
Lungo il cammino, mentre rabbuia, cerco un fiume che mi lavi e fra una gingana su un ponte sospeso che attraverso in moto e la morte definitiva del tre piedi, trovo a notte già fatta un angolo di natura dove lavarmi.
Arrivano due indonesiani che si lavano a turno per la mia sospetta presenza ed io studio la situazione in silenzio per la loro sospetta calma.
Quano se ne vanno avverto il vuoto
del dispiacere. Senza interrelazione alcuna, le persone si intravedono senza darsi niente, spesso nemmeo un saluto ed il risultato é una freddeza inumana e mortale.
Caca al telefono con Cristina, bagno in acqua sotto i rami di un albero le cui foglie baciano lo specchio dell’acqua che riflette la lunae le scimmie che si chiamano dalla foresta che si apre tutta attorno al mio corpo nudo che si lava di notte.
Al ristorante mi chiedono di dormire, ma il volume della tv é tropo alto e così monto la tneda fuori dalla sala e mi addormento.