Giappone: Un po’ di barba a questo sorriso
NOTA: questo articolo è stato riesumato da un archivio web nel Luglio 2015 e postato rispettando la data originale in cui è stato scritto la prima volta. Testo trascritto senza alcuna correzione
Quando gionata ha iniziaro a viaggiare era uno sconosciuto. Un signor nessuno.
Aveva raccontato di sé e della sua passione per i viaggi avventura ai giornali che, interessati, avevano pubblicato foto ed articoli in prima pagina.
Avete accolto sempre il mio progetto con grande entusiasmo e grande fiducia, assecondandomi senza alcuna pretesa e con grande disponibilità.
Ci siamo confrontati e trovati di comune accordo su alcuni aspetti che il mio viaggio prevedeva.
Negli 8 mesi di preparazione, sono decadute e sorte nuove idee e motivazioni al viaggio e così anche alcuni affetti nella mia vita sono spariti per lasciare spazio ad altri.
Vania é uno di questi.
Sono stato io a convincerla a seguirmi e sono stato sempre io a prolungare la sua presenza da una settimana ad un mese fino in Grecia e poi di nuovo in Turchia.
Così in Georgia, preso dal senso del dovere verso quello che avevo annunciato un anno prima, le ho imposto di tornarsene a casa per lasciarmi raggiungere il Giappone “da solo”.
Poi in Russia incontrare e confrontarmi con altri viaggiatori del calibro di Tim Harvey, e Ian Hibell .
Scoprire che l’unico modo di fare qualcosa di speciale é farlo con la propria personalità, ha cambiato ulteriormente non solo quello che ho dichiarato ai media 12 mesi fa’, ma anche quello che pensavo il giorno della partenza.
Arrivato in Giappone avevo una moto rotta, attrezzature inutilizzabili e gli ultimi 400 euro.
Anziché considerarmi “arrivato” e costretto ad abbandonare il viaggio consolandomi per il parziale traguardo, mi sono riscoperto esaltato dalla novità che gli avvenimenti avevano causato.
Non stavo solo viaggiando. Dovevo anche sopravvivere.
Grazie a questo nuovo spirito sono riuscito a sistemarmi qui per pianificare la seconda parte del progetto.
Questo senza chiedere aiuti economici a nessuno. Nemmeno ai miei familiari.
Ora sono pronto a ripartire. Con Vania.
Abbiamo speso il nostro tempo e le nostre energie per riportare il viaggio di nuovo sulla strada.
Non ha più importanza però come viaggieremo. Se in moto, in bici, in autostop o a piedi. Se in tenda, in ostello, in hotel o sotto i ponti.
Semplicemente abbiamo considerato che se incapaci di rimettere la moto in strada come un tempo, il viaggio non finirà per questo.
Abbiamo un mese di tempo per ripartire e le informazioni fino ad ora ottenute sono positive per la moto.
Importerò la moto in Giappone come non avevo potuto fare a Settembre (pago 400 euro di tasse di importazione).
La riparerò con i ricambi minimi che ho ordinato e la guiderò abusivamente (qui non sono riconosciute né la patente italiana né quella internazionale) fino al porto da cui la imbarcherò per la Corea del Sud.
Là mi affiderò a qualche centro di riparazione a cui chiederò di fare una revisione specifica e prepareremo il visto annuale per la Cina.
Abbiamo intenzione di visitarla quasi per intero, senza spingerci ad arrivare al confine con il Vietnam entro un limite preciso di tempo.
Le energie e le opportunità che ho avuto qui hanno reso possibile quanto vi ho annuciato.
Saremo sempre su una moto. Saremo ancora in due.
Ma scrivo questo oggi per chiarire quanto segue:
Il viaggio che mi impegno a compirere ogni giorno (già da 7 mesi e per ancora chissà quanto) e che voi vi siete impegnati a sostenere di vostra spontanea volontà, NON E’ UN VIAGGIO DA RECORD, O UN PROGETTO PROMOZIONALE PER LA HONDA O PER QUALUNQUE ALTRA SOCIETA’.
E’ un viaggio personale, motivato da una storia personale, che continua e si evolve in base a delle considerazioni personali.
Le mie.
Sono io che dormo in strada da sette mesi, che limito la mia dieta per risparmiare soldi, che non vedo i miei affetti da tempo, che mi espongo a potenziali virus e rischio ogni giorno guidando il mio mezzo.
Con questo non voglio certo escludervi dall’importanza che il mio viaggio rappresenta o minimizzare il suo fascino dando la colpa a chi, come voi che vi siete offerti di contribuire, ha delle aspettative commerciali personali.
Il viaggio poterbbe rivelare impedimenti, imprevisti, disastri o semplici cambi di opinione che poterbbero cambiarlo 1000 volte rispetto a quello che ha dichiarato un anno fa’.
Arrivati in Australia, dove lavoreremo legalmente per rimettere in pari il nuovo materiale acquisito e le energie per la terza parte del viaggio, potrebbero di nuovo esserci cambiamenti, stravolgimenti dell’itinerario, un guasto improvviso al motore troppo impegnativo per le mie tasche da potersi riparare ecc ecc.
Quando ho scritto che avremmo proseguito in bicicletta era solo per far capire che il viaggio, anche senza moto, continuerebbe come un’avventura. E le persone che ci hanno seguito fino ad oggi, sarebbero entusiaste di seguirci ancora meravigliate della grande capacità di adattamento e di coraggio che mettiamo in esso.
Per finire, penso sia giusto dirvi anche che non ho intenzione di rispedire Vania a casa per rispettare le parole che ho detto un anno fa’ e che non condivido più da molto tempo.
Lei ha sempre contribuito, anche economicamente, al proseguimento del progetto, spesso reprimendosi per non esporre il dissenso verso l’obbligo con cui mi accingevo a fare del mio viaggio, il viaggio di qualcun’altro. O per qualcun’altro.
Sono felice di aver trovato in lei una buona compagna di viaggio. Se la moto ritornerà in strada come un tempo, ammaccata ma sicura fra le curve cinesi, é soprattutto merito di Vania che ha dormito in Corea senza tenda all’aria aperta d’inverno per permettermi di avere tempo, soldi ed energie sufficienti perché ciò avvenisse.
Inoltre non credo che la sua presenza possa in qualche modo sminuire o limitare l’aspetto estremo e avventuroso del viaggio.
Anzi, credo che lo amplifichi e renda il tutto interessante sotto molti altri aspetti e per un pubblico ancora più vasto.
Se ci fate caso, di tutti i viaggiatori che ho incontrato, sia in bici, in moto, ecc ecc, non c’é UNA, ma dico UNA coppia come me e Vania. Per la LOMO spedition erano due giornallisti tedeschi con 2 moto e 4 palle. La Tokyo to London project (sponsorizzata da COCA COLA, CANON ecc ecc) é stata realizzata da due inglesi su 2 TA 400 che avevano anche loro 4 belle palle.
Millward, quello morto in Africa era da solo e basta. Sinus, la leggenda Russa (solo perché s’é fatto da Mosca a Vladivostok in moto) era da solo ecc ecc.
Anche se in bici o su un asino, non smentirei la stima che nutro verso di voi, perché quello che avete dato ed il supporto che avete fornito rimarrebbe comunque un ingrediente fondamentale, per il quale meritate la mia gratitudine.
Ho ancora una vostra maglietta (una mi é stata rubata e una l’ho venduta in Russia a Sochi per 10 euro a un ragazzo pazzo) e non intendo nasconderla. Ma mostrarla con orgoglio.
Con questa mia lunga lettera mi auguro di aver chiarito il punto che per me era il più importante.
Ogni richiesta e puntualizzazione o consiglio da parte vostra non viene mai scartato a priori, ma viene valutato e ponderato secondo quello che é il vostro diritto di esporlo e il mio di continuare a viaggiare con il mio stile personale.
Un abbraccio.
.gionata.