Ricordi della Serbia
Città toccate durante la traversata in Serbia: Novi Pazar, Kraljevo, Krusevac, Nic, Prokuplje.
Ricordo la Serbia a fine serata, quando il telegiornale parlava dei conflitti nel 1990.
Serbia, Bosnia, Kosovo. Sono tutti nomi che nella mia ignoranza ed inconspevolezza rimandano a qualche sommossa, guerriglia, battaglia, guerra, massacro.
Entrarci in moto da solo, a 21 anni non porta che agli occhi l’evidenza dei fatti correnti ed i ricordi delle persone che la abitano e che hanno vissuto il conflitto.
Nonostante questa premessa, non mi addentro in problematiche storico politiche e sociali.
La mia traversata non ha niente a che vedere con tutti i documenti e le ricerche che si possono ottenere gratuitamente da ogni fonte on line e che istruiscono meglio di quanto io sappia fare, riguardo le cause, i motivi e gli effetti della guerra.
Parlerò solo del grande onore ed il senso di fratellanza che i serbi mi hanno concesso ed insegnato.
Della grande armonia che si respira fra loro anche parlando di tragedie passate e della grande energia che trasuda dalle loro storie.
Anziché ricoprirsi di disperati vittimismi, i serbi parlano della guerra come uno dei momenti più intensi della loro vita e più eroici.
Un momento in cui si poteva morire ogni giorno ed in caso contrario si dava valore ogni giorno di più alla vita che era concessa.
Durante una delle soste notturne in Berane, mi ritrovo a disegnare vigniette alla proprietaria del ristorante per chiederle se posso montare la tenda sotto la loggia del suo stabile.
L’uomo dalla voce grave che assieme a me riempie il locale, si diverte a gesti nel convincermi che se sto andando in Kosovo, là troverò chi mi taglierà la testa.
Ovvio che tali voci appartengono a chi non ha niente di buono da pensare riguardo ai propri oppressori e che non pensa che dicedo così, sta solo spaventando me e non aiutandomi ad avere utili informazioni.
Berane di notte é gelida.
Zaghy, un cane randagio, si accuccia accanto alla tenda e mi fa la guardia.
La mattina giocheremo assieme e ci rincorreremo giusto per salutarci nel più dignitoso dei modi.
A tratti montuosa, la Serbia mostra dei tratti infinitamente sperduti per poi discendere in villaggi verdi con bellissimi pareti rocciose che aprono la via ad un fiume.
Il fatto eclatante accade di domenica, in un piccolo paesino di villeggiatura che i serbi sembrano gremire durante il fine settimana.
Ci sono 3 atm e nessuno dei 3 ha il circuito visa.
I presenti mi accompagnano a piedi anche in banca, ma é chiusa.
Io non ho contanti per fare benzina e la carta non mi permette di pagare al distributore. Non siamo a Milano del resto.
Dopo un giro di telefonate, la ragazza che si é presentata come grande fan dell’Italia, dice che vuole ricambiare gli aiuti che a Torino ha ricevuto da parte degli italiani.
Spiccia qualche parola in serbo ai presenti e in pochi minuti, dalle tasche dei 22 presenti, escono monetine da un euro che mi vengono offerte per aiutarmi a continuare.
Me ne vado con un malloppo di 22 euri in spiccioli, faccio benzina e sono di nuovo in strada diretto verso il Kosovo.
Secondo questi nobili locali, il Kosovo non sarà il luogo in cui sarà seppellito, ma sarà un piacevole soggiorno, visto che la situazione sembra adesso essersi stabilizzata.
Ricordo la voce grave dell’uomo dal quale mi aspetto di capire a cosa vado in contro.
Ricordo la sua mano mimare la forma di una lama e strusciare con un gesto netto il suo collo, come se lo stesse tagliando via.
Ricordo il freddo inaspettato di Berane ed il calore mai provato nell’avvertire la presenza di un cagnolino che russa fuori dalla mia tenda.
Ricordo i sorrisi, gli abbracci, i soldi, i consigli di persone sconosciute che si comportano meglio di molte delle persone che ero solito considerare amici.
Ricordo quanto tutto a volte sembri bello e perfetto solo perché l’immediatezza con cui il tempo le lascia avvenire non concede errori ed imperfezioni.
Ricordo di essermi innamorato di certe così brevi e perfette situazioni.