19 Gennaio 2008
La sveglia suona alle 9. Eravamo già svegli da un’ora. Nudi. Contorti. Sudati. Sboccati.
Preso così, il sesso, ha tutto un’altro sapore. Ha tutto un altro senso.
Succedono cose bellissime oggi, mentre lo facciamo.
Più i nostri corpi si conoscono, più intenso é il piacere che sappiamo concederci.
Mi incanto nel notare il sorriso che le si apre sul viso quando, ad occhi chiusi, il piacere che le do sta raggiungendo l’apice.
Un’espressione che non saprei descrivere o rappresentare con nessuna delle arti di cui mi avvalgo per registrare le mie emozioni e condividerle con voi.
La sera prima, a dire il vero, c’é stato un momento molto intenso fra noi. Nel rispondere ad una sua domanda, ho appreso qualcosa di nuovo su me stesso.
“Ma non ti manca casa?”
Una domanda così familiare per me. Mi é stata chiesta perfino da chi, a casa mia, ci abita. Mi é stata chiesta da amici. Da parenti. Familiari. Conoscenti. Lettori. Ammiratori. Giornalisti. Tutti.
Forse la risposta non é mai stata accurata perché le circostanze in cui mi era stata chiesta, non mi mettere in condizioni di guardarmi dentro fino in fondo. Chissà.
Ma quando é Lei che me lo chiede, ho un fiume davanti. La luna sopra di me e le stelle che brillano come non mai.
Ho l’odore di lei sulle mie guancie e nelle mie mani.
E quello che dico é:
“Io non so nemmeno se l’ho mai provata, la mancanza per qualcosa. Quello che ricordo del mio tempo a casa é abbastanza chiaro. Ho sempre cercato di intraprendere strade e compiere passi che mi rendessero indipendente dalla mia famiglia. In grado di non dipendere dai loro giudizi o scelte o dai loro soldi. Per questo forse mi ritrovo adesso a viaggiare lontano da casa con l’impressione che ogni giorno che spendo nel mondo contando solo su me stesso, sia una conferma ulteriore a quello che ho rincorso per tutta la mia adolescenza.
Gli amici, anche loro, rivestono un ruolo particolare nella mia vita.
Ci sono uomini che chiamo migliori amici, ma chissà se é poi quello che un migliore amico dovrebbe essere.
Cosa rende un migliore amico diverso da ogni altro se non la fiducia che riponi in lui?
Io, in maniera obiettiva, non penso d’essermi mai fidato di nessuno, se non me stesso. Forse perché ho sempre avuto determinate aspettative e ambizioni. Standards così alti da poter difficilmente esser ottenuti da una persone delegata.
E così negli anni, più mi sono reso indipendente ed autonomo dala famiglia, più ho appreso a fare da solo quello di cui avevo veramente bisogno. Perché niente e nessuno a mai fatto per me quello che volevo in modo anche solo lontanamente soddisfacente.
Ecco perché é difficile convincermi che quel che provo per le persone che ho lasciato a casa, si quello che tu chiami Mancanza.
Dal mio punto di vista, la mancanza che provo odesso é la stessa mancanza che ho sempre provato, anche stando a casa.”
Più che impressionare Lei, il mio discorso impressiona me. Perché va alla radice e ne estrapola il senso proponendo nuovi spunti su cui fare un’attenta analisi della questione.
Oggi invece, dopo la mattinata in tenda a sudare come animali, rincorriamo la meta chiamata Westport in cerca di qualcosa di buono per pranzo.
Quanto arriviamo la pizzeria é chiusa e l’unico posto in cui possiamo mangiare per pranzo é uno di quei ristoranti alla neo zelandese dove tutto é a base di frittura d’olio o di altra spazzatura che i Kiwi sono soliti chiamare CIBO.
Ce ne andiamo disgustati e decidiamo di andare nel parco a cucinare. Preparo un primo che scaldo con il mio fornellino mentre massaggio un piede di Lei.
Mentre taglia le carote, si affetta due dita della mano quasi a metà. Uso il mio kit pronto soccorso per la mia prima vera volta. Ci sono un sacco di medicine che mia madre ha aggiunto e che non ho mai usato. Per il taglio uso disingettante e dei zerotti. Il suo spirito americano/medico viene un po’ fuori quando mi chiede di usare della garza per tamponare un taglio su un dito.
Della garza???
Lei non ribatte e accetta il cerotto che tengo in mano.
Il tempo passa nel parco. Decidiamo di fare quello che ci va, senza necessariamente guidare per tutta la giornata.
“Quando sono con te, potrei stare sdraiato qui sul parco a parlare di niente per una giornata intera”
Lei dice che é daccordo e che non dobbiamo mettere fretta alla giornata. Prima di reimpacchettare tutto passa Marco, un ragazzo italiano di 30 anni che gira la NZ su un minivan che gli sta dando notevoli problemi meccanici. E’ molto cortese e pacato e dice che ha lavorato qui per dei mesi e che venderà il minivan per viaggiare in India e stare lì per altri 6 mesi.
La strada ci porta al nord, verso la famosa Heaphy Track. Ci arriviamo per fine serata, fermandoci a parlare con due ragazze australiane che ci danno qualche consiglio. Una coppia svizzera invece ci offrirà un pieno d’acqua potabile con cui tirare avanti fino a domani.
Per la notte andiamo in cerca di un posto piottosto isolato. Siamo su un tratto sterrato e così, per fare due chiacchiere con Lei lascio la moto da una parte e guido la macchina che ha preso a noleggio.
Ho i pantaloni calati dopo poco e la testa di Lei fra le gambe. La via sembra lenta e desolata. Le dico di spogliarsi e prendermi così, mentre guido. Lei sorride e dice che sul modulo del noleggio c’é scritto che solo Lei può guidare.
Concordo dicendo che non muoverò un dito, i giochi li può guidare quanto vuole.
E così guido a 15 km/h fra le serpeggianti vie di montagna mentre Lei si aggrappa al poggia schiena del mio sellino e danza su di me.
“Sei un maiale……. mi piaci!”
E’ solo un assaggio di una decina di minuti. Siamo presto entrambi seduti e vestiti sui rispettivi seggiolini che cerchiamo il posto in cui accamparci. Quando lo troviamo però i giochi continuano fuori dalla macchina, sdraiati sul cofano caldo della Nissan che ha noleggiato.
Ma di nuovo le sand flyes incombono sulla nostra carne nude e così scappiamo in macchina.
Riprendo la moto e preparo per la cena. La luce freno posteriore fa ancora le bizze e così la riparo con della saliva. La tenad é pronta ed io sono piuttosto spossato da tutto questo movimentato sesso incocluso.
Come risultato mi rovescio l’acqua bollente del pentolino su un ginocchio. Mi ritrovo con una patacchia di pelle viola su cui Lei spalma la sua crema.
Un uccello di bosco per niente intimorito da noi umani, gironzola fra le nostre provviste e decide di rubarsi uno dei miei calzini. Lo rincorro offendendo tutti i parenti e gli avi del rapace e così mi riprendo indientro il mio calzino maleodorante.
Lei manca poco muore dal ridere.
In tenda ci addormentiamo esausti poco dopo.