22 Gennaio 2008
Piove ancora.
Una luce fredda e bianca illumina la tenda. Ma piove e piove e piove. E le raffiche di vente si ripetono senza modificare il ritmo della loro frequenza.
Non guardo che ora é, ma aspetto per un’ora intera sperando in un miglioramento del tempo.
Niente.
Quando esco, sembra che non sia passato nemmeno un minuto dal momento in cui sono andato a dormire, la notte prima. La nuvola densa e bianca illumina la piazzola con la stessa luce. E la pioggia scende e scende.
C’é soltanto un’ermo pozza d’acqua che si allarga sotto la tenda e così scopro che adesso ho anche il sacco a pelo ed il materassino bagnato.
Impacchetto tutto come é. Bagnato ed inutilizzabile. Ho lasciato la giacca ed i pantaloni e la falpa sulla moto, dalla disperazione ed adesso sono mezzi d’acqua pure loro. Per coronare questa mattina di felice pioggia, decido di fare un filmato, sperando che almeno adesso la video camera sia asciutta.
Funziona, ma il vento la fa cadere dal trepiedi proprio dentro una pozza e così smette di funzionare per sempre.
Mi scappa una bestemmia…
Ho il culo e le palle bagnate ed i pantaloni della tuta impermeabile sono rotti e non proteggono più. Inoltre la giacca impermeabile non é pesante abbastanza per ripararmi dal freddo.
Siedo in sella e parto, tremando come un ghiacciolo e sfidando le curve a 20 Km/h cercando di far andare via l’appannamento dalla visiera che non mi lascia vedere nemmeno dove vado.
Arrivo a Takaka ma non ho il coraggio di fermarmi. Fa così freddo e la città non sembra avere un posto al riparo in cui io mi possa riscaldare. A meno che io non paghi.
A Collingwood invece, città assai più piccola, trovo un bagno pubblico molto pulito e mi cambio.
Indosso i pantaloni di jeans, la maglietta Ufo e la camicia bianca, ultimi vestiti asciutti. Metto anche mutande e calzini puliti e chiudo in un sacchetto di plastica tutta la roba bagnata e sporca che ho accumulata.
Ora che sono caldo mi torna il buon umore. Stendo in bagno la giacca Clover ed i pantaloni che grondano. Asciugo la giacca Givi sotto un ventilatore d’aria calda per le mani e quando lo indosso sembra essere abbastanza asciutto.
Lascio la moto sotto l’acqua e mi rinchiudo in un café in cui mi collego all’elettricità e scrivo il diario di viaggio della settimana passata. Senza foto perché non voglio andare a ripescare la fotocamera digitale sotto l’acqua.
Così scrivo dei giorni passati ed ordino un panino.
Lo divoro e scopro che sono le 15. E che mi ero svegliato 3 ore fa. Che vergogna.
Dopo 3 ore, per miracolo, noto che é tornato il sole.
Se voglio dormire e se voglio conservare la mia tenda (che in viaggio assume il valore di una vera e propria casa), sarà meglio che stenda la mia roba al sole.
La moto é adesso tappezzata di tutto quello che ho. Parcheggiata accanto al marciapiede, esibisce tuta moto, stivali, scarpe, tenda, materassino e sacco a pelo attaccati da ogni parti a sventolare al vento mentre il sole delle 19 li asciuga.
E funziona.
Quando il café chiude, alle 19:30, é quasi tutti indossabile. Ripiedo la tenda nella sua borsa ed anche sacco letto e materasso. Indosso la felpa e la tuta, ma non gli stivali e riparto.
Punto a nord, dove il Farewell Spit segna il punto più a Nord della costa nord ovest dell’isola del sud. Che torta eh?
Ma é anche un parco nazionale e c’é dello sterrato da fare, per cui ne varrà la pena.
I torrenti ed i corsi d’acqua sono in piena e trasportano con quantità enormi di acqua piovana marrone, alberi e arbusti di ogni tipo. Sostare sul ponte che li attraversa, fa un certo effetto.
Arrivo al Farewell spit e sono da solo. Che bello. Sulla punta degli scogli, con la moto abusivamente guidata fino alla piattaforma, faccio video e foto ad un gruppo di foche che dormono sugli scogli. La vista é bellissima, ma il cielo é arrabbiato e se non voglio prendere altra acqua sarà meglio che monti la tenda al più presto.
Per accamparmi mi dirigo verso una seconda strada sterrata, dove appare una vecchia casa di fronte al mare e strani animali neri a largo del mare racchiuso nella baia.
Una signora anziana con un bicchiere in mano mi viene incontro e le chiedo se quelle che vedo sono le pienne delle balene. Ce ne sono a centinaia.
Lei dice che sono cicogne nere, molto popolare nella baia del farewell spit.
In men che non si dica, quando le dico che sono italiano e viaggio in moto, vengo invitato a cena e per la notte. Due ore prima di me si é fatto vivo un ragazzo francese di nome Bruno che é stato immediatamente invitato per la cena e per la notte come me.
La signora dirige assieme al compagno, il café sulla cima della collina. In casa ci sono le figlie della donna e alcuni dei membri dello staff che lavora al café.
Una ragazza tedesca. Un signore serbo. Poi il ragazzo francese capitato per caso e me. Sembra una riunione europea tenuta in casa neo zelandese.
Il cibo é buonissimo e la signora ed il suo compagno sono sensazionalmente ospitali ed intelligenti. Ci metto poco a realizzare che vivono, da soli, in un angolo di paradiso tutto per loro.
Ci spostiamo in giardino, seduti davanti alla baia che adesso é in bassa marea e beviamo vino parlando di viaggi. Quando il vino finisce, il compagno di Jess (la signora) mi porta con il quad a prendere due bottiglie di vino al café che gestiscono. La luna é piena e mi mostra con le luci della sala da pranzo ancora chiuse, la magnifica vista che si ha dalla vetrata che mette la veranda del café proprio di fronte alla baia ed al mare.
C’é un attimo di silenzio. Il posto é bellissino.
Hanno più di 1500 clienti al giorno.
WOW!
Torniamo nella casa che sta proprio sotto al café, dietro la collina da cui si vede il mare. Nathan (il compagno di Jess) guida il quad con qualche bicchiere di vino in corpo, lungo il sentiro sterrato che porta a casa sua. La luna piena in cielo. Il sapore del vino in bocca e l’odore del mare. Parliamo della vita che faceva prima. A volte mi parla guardandomi negli occhi, dimenticando di essere ala guida del quad (senza fredi fra l’altro) ed io lo seguo nella conversazione tenendo d’occhio il ciglio della strada….
In casa ci spostiamo in salotto e poi, dopo risate, storie, musica e commenti sul mio viaggio “epico”, vado a farmi una doccia e vado a letto. Nella stanza ci sono 4 letti a castello e Bruno dorme in uno di questi. L’altro é per me e due sono lasciati liberi. La ragazza tedesca non é rimasta ed é andata a dormire nel camping dove risiede ed il serbo, che lavora in cucina, é in camera sua.
Sono esausto e sono contentissimo di godere finalmente dell’ospitalità kiwi, così diversa dalla freddezza australiana. Dalla sua superficialità.
Buona notte.