6 Luglio 2008
Viaggio talmente tanto e da così a lungo che il concetto di “Viaggio” si é ormai fatto astratto anche nella mia testa. Come se a foza di chiedermelo, mi risultasse sempre più arduo dare al viaggio una definizione.
Visualizzazione ingrandita della mappa
C’é chi dice si viaggi anche quando si guida diretti a lavoro, o quando si raggiunge un villaggio turistico a bordo di un aereo.
Secondo lo stesso concetto, si viaggia anche il fine settimana, in compagnia degli amici, quando si dice “Oh, andiamo a fare un giro?”
Il problama in questo vasto mare di definizioni ed etichette però, secondo me, non é se si viaggi o no, bensì la necessità di fare di qualsiasi cosa occupi il nostro tempo libero, un qualcosa di generalemente riconosciuto.
Preferisco pensare che viaggiare e spostarsi, non siano nemmeno in relazione fra loro.
Ecco.
Mauro mi dice che Nicola e le Cs guest che abbiamo con noi, se ne vanno a KareKare.
Forse perché la NZ l’ho già girata tutta quando era estate e quando avevo soldi da spendere o forse perché a casa ho sempre qualcosa di buono da fare, dico a Mauro che “No, io resto a casa dai…”
Me lo richiede ed insiste, quasi ci fossero buoni motivi per me di aggregarmi al resto del gruppo.
Io me ne starei serenamente in camera mia davanti al pc a fare quello che ho lasciato a metà o forse, se Nicole decidesse di restare con me, potrei dedicarle del tempo ed intimità.
Il sole però splende, le ragazze cs fremono dalla voglia di andare a vedere sta benedetta KareKare ed anche Nicole sembra gradire l’idea. Ci sono due macchine e siamo 7. Mmmmmmmmmmmm…..
Partiamo separandoci per sesso. I maschi con Mauro e le femmine con Nicole. E’ sempre importante creare quelle situazioni dove le persone possono raccontarsi dei piccoli segreti o fare osservazioni al maschile/femminile sull’altro gruppo.
Quando arriviamo il tempo sta per peggiorare, ma la serenità del posto rasserena anche me. Parlare in italiano con Mauro e Nicola cambia un po’ l’usuale approccio che ho da sempre alle mete che raggiungo.
O ci arrivo da solo e farfuglio qualche cosa nella mia mente o parlo in inglese con i presenti. Arrivare a destinazione e parlare di figa in italiano con due trentini, mi riporta un po’ in dietro con la memoria, ai tempi in cui ero a casa e le domeniche le passavo con gli amici di vecchia data.
Sulla via che porta in spiaggia ci bagniamo le giacche. La giacca Clover tiene bene la pioggia, ma i pantaloni di jeans che ho comprato usati per 8 NZD, sono mezzi.
In spiaggia mi cattura la schiuma marina che, depositatasi sul bagno asciuga, si muove lentamente spostata dal forte vento e poi sparisce in piccole particelle andandosi a dissolvere fra le dune di sabbia.
Una ragazza con un’impermeabile verde, cammina solitaria in riva al mare, vinta dal vento e forse, dalla solitudine.
Mi chiedo se l’uomo che le parlasse in questo momento, sia destinato ad essere l’uomo della sua vita.
Fantasie da romanzo!
Noto come la comagnia di altri, in certi momenti, i sia totalmente superflua. Il che può suonare presuntuoso, ma dato che la penso così ci sono pochi altri modi di descriverlo.
Camminiamo a pochi metri l’uno dall’altra, metre altri gruppi di persone in visita alla spiaggia con la famiglia e/o partner si avventura a destra e sinistra.
Io mi guardo attorno, ma cerco il silenzio. Mi piace incamminarmi senza niente da dire in posti in cui i commenti sono superflui. Lo dico perché, in compagnia, la prima ed unica persona a cui vengono in mente commenti superflui, sono proprio io. Come se mi spettasse mettere in rilievo le cose belle e brutte del posto in cui ci troviamo.
Così mi apparto, andando a vedere una vecchia casa costruita vicino al bagno asciug ed ormai diroccata. Tocco le pareti, che adesso non sono solo una realtà visiva distante, ma sono centimetri di sassi ruvidi scolpiti e messi uno sopra l’altro. La mia mano ne assapora la consistenza e la freddezza, mentre granelli di sabbia che fluttuano in aria mi solleticano il volto.
Un gabbiano plana sfidato dal vento e si abbassa quasi fino a toccarmi i capelli. Lo fisso e, dietro al suo corpo pennuto, mi appare Mauro che sbuca da una duna dietro al quale si era nascosto qualche minuto prima.
Riconosco Nicole e le ragazze in lontananza. Sono arrivate 20 minuti dopo di noi.
E pensare che Nicole é un’abitante del posto.
Mi sorride e dice con il suo tono dolce che hanno preso la strada sbagliata. Poco importa, facciamo due passi tutti assieme e poi ognuno si allontana per fare le foto che vuole e vedere da vicino le cose che più li hanno incuriositi.
Alle mie spalle Vera, davanti a me le gambe di Noel, così belle e esposte da un’audace mini gonna.
Ma non le farà freddo, con questo vento?
La spiaggia si estende per chilometri e chilometri. Mi appare un sorriso beffardo in faccia, mentre gli altri non guardano. Tutti quei chilometri non sono lì per caso. Dovremmo forse ricordarci che il tempo che ci concediamo alla scoperta non é mai abbastanza e che lo spazio che l’ignoto occupa nella nostra vita e nel mondo in cui abitiamo, dovrebbero dirla lunga sulla quantità di tempo ed energia che dovremmo dedicargli per capirlo a fondo
Per entrare in sua sintonia.
Corriamo sulla sabbia. Troviamo una foca e la importuniamo con foto e video ed é già tempo di tornare alle macchine. Io insisto per una cena, dal momento che sto morendo di fame, ma la visione delle cascate che mi appare dietro agli alberi che racchiudono il parcheggio, mi convince.
Le cascate sono belle, peccato il tempo.
Nicole e Sian si sono già fatte il bagno in spiaggia, quando io mi prendevo beffa di me stesso e della razza umana e quando Noel era chinata sul bagno asciuga per fotografare una conchiglia. Mauro parlava con Nicola e Vera e così, dietro di noi, due ragazze temerarie facevano il bagno nel mare burrascoso d’inverno.
Dicevo appunto le cascate. Belle e perfette per un bagno. Lo dico con un certo entusiasmo, quasi come un bagno potessi concedermelo anche io. Ma poi tocco l’acqua e l’entusiasmo mi si sgonfia come la ruota di una macchina. Nicole e Sian oltretutto sembrano averne avuto abbastanza e così invece del bagno, restiamo seduti su una panchina ed in posa davanti alla cascata per una altro quarto d’ora finché il primo che ha fame propone un fish & chips per la cena e tutti dicono “si”.
La strada per il takeaway non é lunga. L’inevitabile accade quando, vinto dalla fame, ordino 10 NZD di pesce fritto e me lo mangio tutto. Non tanto per la qualità del pasto, ma per lo spreco di soldi che poteva essere impiegato per una bistecca o un bel piatto di pasta con un bicchiere di vino.
Ma non sono a casa e se ci ero sarei stato da solo, per cui poco cambia. Lo spirito poi con cui a volte mi concedo pasti costosi, é lo stesso con cui il festeggiato di un compleanno si regalerebbe un qualcosa di prezioso e poco economico.
Per me 10 NZD di cena sono una cena che non mi capita tutti giorni.
Torniamo a casa per tarda serata, quando Noel decide di andare a Ponsonby dove ha trovato casa. rimane Vera e Sian. Domani arriva Chelsea.
Mi ritoro in camera per la notte, con Nicole che mi fa compagnia.
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Ciao Gionata … ogni commento è superfluo … complimenti 😉