8 Dicembre 2007
E’ venerdì sera é c’é tutto un via vai di persone nel dormitorio. Non riesco a dormire. Penso che mi ruberanno il marsupio con i soldi. O il laptop. O le videocamere. O i vestiti Honda.
In realtà é solo uno stato confuzionale di scetticismo dovuto allo stato di sonno.
Alle 6:30 sono sveglio e puntuale all’appuntamento con lo shuttle bus alle 7. Arrivo all’aereoporto domestico. Sto morendo di fame e compro per 6 dollari (un botto) due tramezzini che mastico con un bicchiere d’acqua del rubinetto.
Seduta dietro di me davanti al gate 2 dell’aereoporto, una ragazza giovane che mi guarda come se mi conoscesse e ricambia il mio sorriso quando la noto osservarmi.
Il volo dura solo un’ora, ma parlo con la signora che mi siede vicino che mi consiglia di guardare un programma in tv sui viaggi estremi chiamato Top Gear. Ne vediamo un episodio in tv sull’aereo che mi mette in totale esaltazione.
Atterriamo puntuali, se non per il fatto che prima della partenza un passeggiero ha portato al check in la valigia, ma non si é presentato sull’aereo, per cui hanno dovuto trovare la valigia incriminata e sbarazzarsene.
Lo shuttle bus mi porta in centro per 26 dollari e mi lascia davanti alla libreria centrale. Entro con tutte le mie valigie e mi siedo davanti al computer con free internet per decidere cosa fare della mia giornata appena iniziata.
Su Couchsurfing.com ho un messaggio di Mio che mi dice che potrò stare da lei per un po’. Mi chiede di incontrarla in centro fra pochi minuti e così lascio la mia postazione alla libreria e mi affretto ad incontrare Mio al punto prestabilito. Con lei ci sono il suo ragazzo italiano e due altri CS. Uno francese e una ragazza iraniana.
Assieme, senza molti preparativi e senza molti tiraggi a sorte, partiamo seduta stante per un viaggio in auto di 2 giorni al nord dell’isola in cui Auckland é situata. Non prevedevo di occuparmi di visti e analisi mediche nel fine settimana per cui accetto volentieri ed inizia l’avventura.
Ci sonosciamo tutti da pochissimo, ma il gruppo risulta essere un successo. Il francese guida per la prima volta sul lato sinistro della strada e dopo il secondo incidente frontale scampato per un pelo, mi propongo di guidare e porto il gruppo dei 4 a destinazione.
Facciamo il bagno nella gelida spiaggia a nord est, con pesci enormi che si inseguono sott’acqua e poi raggiungiamo Jess, un’altra CS che ci ospiterà tutti e 5 per la notte in casa sua.
Per omaggiare la sua generosità portiamo 3 bottiglie di vino, intratteniamo il figlio di 2 anni Jack e facciamo le pulizie di casa (lavare i piatti e ripulire la mattina dopo prima di andare via).
La serata é fantanstica. Jess è una donna interessantissima. Una madre d’animo e di grande spirito. Alleva il figlio Jack e quello in arrivo (é incinta) da sola. Ha 21 anni e si permette anche fine settimana in compagnia dei CS che la vengono a trovare e le portano un po’ di allegria in cambio di un posto dove stare ed un lavandino in cui lavarsi i denti.
Serata megagalittica fatta di cibo, buon vino, lunghe conversazioni e scenette improvvisate dal piccolo Jack che adora già il ragazzo francese e Mio. E’ bello vedere che si può essere sereni senza nemmeno doverlo pianificare. Che si può voler piangere di commozione senza doversi necessariamente sentire appagati nell’aver qualcosa per cui si é lottato a lungo.
Il tempo con Mio, Mauro, Melika, Silvyan, Jess e Jack é tutto improvvisato, ma si evolve con una tale rara bellezza e spontaneità, da lasciarmi spesso convinto che sia uno dei momenti più belli del mio viaggio attorno al mondo.
Andiamo a letto tardi, con Jess che ci dice di non fare troppo chiasso che Jack russa già e con Mauro che prende in giro Mio perché si lascia scappare delle puzzette.
“Ma a me piace….” dice lei. Io rido divertito ed intenerito dal tipo di intime confidenze che ero solito condividere con una delle mie ex fidanzate tanti anni fa.
Chiudo gli occhi un sereno sorriso.