6 Agosto 2012
Partenza da Abancai alle prime luci del mattino, colazione al volo e via lungo la Valle Sacra in direzione Urubamba e poi Ollantaytambo.
Arriviamo nella piazza del piccolo paesello e già si notano tutti i turisti che vanno e vengono da/ a MachuPichu, intasando la stazione. Ylenia ha il treno fra un’ora e quindi aspettiamo prendendo un caffè e decidendo dove e a che ora incontrarci.
Vado in cerca di un ostello e poi ti passo a prendere qui, al tuo ritorno.
Si, dovrei essere di ritorno alle 16
Goditelo anche per me
Il fatto è che il lavoro di guida motociclistica che ho svolto in Santiago per un anno e mezzo mi ha portato qui a Ollantaytambo già tre volte, assieme a due gruppi diversi di turisti. Nel primo caso ho dovuto accompagnare il gruppo fino alle rovine, beneficiando del viaggio in treno, la guida ed il pranzo in Agua Caliente tutto pagato dal tour operator. Adesso che sono ritornato al budget dei vecchi tempi ed anche al disinteresse per i luoghi troppo affollati, ho pensato di farmi un giro in moto mentre Ylenia visita questo luogo che, almeno una volta nella vita, vale la pena di vedere con i propri occhi.
Per cui mi finisco il caffè pago e trovato un ostello relativamente economico, me ne vado in cerca di quella vetta tutta curve di cui ho sentito parlare e che dista solo 60 km da dove mi trovo. La giornata è spettacolare, il sole è alto, il cielo nitido e la temperatura è gradevolissima. E’ tutto un po’ familiare per me qui nella Valle Sacra, ma gli squarci di vita campestre e contadina che si possono ammirare a pochi km dal centro turistico sono troppo belli per passare inosservati. E poi il luogo.
Ma sta gente si rende conto di dove vive? Non sarà mica come i fiorentini come me, che dopo 20 anni a Firenze, passi per gli uffizi ed il ponte vecchio come fosse tutto comune?
Chissà
Le curve iniziano ed aumentano, ed aumentano e il panorama si allarga e si fa sempre più bello e più bello fino a che la temperatura è più bassa e si intravedono le punte innevate in lontananza. Questa moto, a differenza della TA prima dell’incidente, non ha ancora dato un sintomo di scarburazione dovuto all’altitudine, e pensare che a questa stessa altezza, nel 2009 potevo fare a malapena 30 km/h e adesso sfreccio in salita in quarta marcia come se niente fosse.
L’unico inconveniente fastidioso sono le vibrazioni che hanno dissaldato una vite del sottocoppa in alluminio e ad ogni curva fatta a regime minore di 3000 giri al minuto suona come fosse un elicottero. Perfino nel video riportato sotto, se ci fate attenzione, si può sentire il casino che fa!
Salgo salgo salgo e faccio le mie solite foto, poi mi fermo in un angolo, mi siedo, respiro l’aria delle vette, saluto i bus passare e sento che non è cambiato niente. Sento che il tempo, gli abiti, le abitudini, i compromessi, le responsabilità, gli impegni mi hanno reso forse nel tempo una persona più esigente e meno inaddomesticabile, chissà capace di svolgere lavori che non si confanno con ciò che amo fare e che tradiscono un po’ quella visione idealistica del viaggiare che ho raccontato e vissuto da sempre, ma in fondo in fondo, lontano da tutto e tutti sono e rimango sempre l’uomo che gode di questa serenità in viaggio.
Quella serenità nata dal non avere niente ed avere tutto. Quella serenità che dipende dal fascino di non sapere cosa accadrà domani e dalla certezza che la sfida di domani sarà una opportunità di essere una persona migliore per l’ennesima volta.
Poi lo sguardo fisso sulle vette distanti e le orecchie assordate dal tanto silenzio che regna a questa altitudine ritornano a guardare e sentire quello che ho dentro e ricordo chi sono. Chi sono diventato.
Mi sento come uno che si è dato appuntamento in questo punto del mondo e particolare circostanza solo per fare due conti con sé stesso. E sarà presunzione o quello che sarà, ma anche adesso, con quello che ho sacrificato e quello che ho ricevuto, sento comunque di aver fatto le scelte giuste e di aver fatto un buon lavoro.
Ditemi se questo non è abbastanza?
La strada in discesa suggerisce una serie infinita di pieghe ad alta velocità, ma preferisco vedere davanti ai miei occhi lo spettacolo paesaggistico che in salita ho sbirciato dagli specchietti retrovisori. Nel canyon che separa le due vette c’è una casa di pietra abitata da contadini che stanno controllando il gregge al pascolo ed i due cavalli davanti alla casa. L’uomo siede davanti ad una pietra e la donna stende al sole i panni puliti. Non hanno elettricità, elettrodomestici e credo che nel mese freddo non abbiano nemmeno i termosifoni. Solo legna, lana, un falò e rizzati.
Che spettacolo. Mi ricorda un po’ il tempo a Familia Feliz, Rurrenabaque dove vivevo in compagnia degli altri volontari e gli orfani senza elettricità né acqua potabile.
La cosa triste di aver vissuto lì è solo il fatto di essermene dovuto andare prima del tempo a causa dell’incidente. E’ come se non avessi avuto il tempo di fare e vedere tutto quello che volevo e questo è uno dei motivi per cui volevo riaprire il capitolo lasciato a metà nel 2009, quando i nostri fondi colletta hanno cominciato a costruire la casa per gli orfani.
Secondo la distanza che c’è fino a Rurrenabaque, pensiamo di arrivare in non meno di 5 giorni, passando ovviamente per il cammino della morte e mostrare a Ylenia quei luoghi fantastici che non ho mai più dimenticato.
Adesso però siamo in Perù e dobbiamo goderci questo posto, senza pensare troppo al domani o al ieri.
Il mio ritorno a Ollantaytambo è verso l’ora di pranzo, ordino qualcosa nel ristorante situato nella piazza centrale e sono circondato da turisti che parlano inglese a loro volta serviti dai gestori dei locali che parlano altrettanto inglese.
Non c’é niente di male in questo, ma l’ideale per me sarebbe trovarmi in un paesello sperduto dove i locali non hanno mai visto un turista, dove il cibo è buono e per giunta locale e dove i prezzi sono proporzionali al costo della vita qui.
Per cui mi butto giù un piatto di spaghetti alla bolognese, più per curiosità culinaria che per gusto di mangiare qualcosa di italiano. Rimango seduto fino a che il mio stomaco inizia a fare dei rumori strani e dal momento che la cosa non cessa, scappo nella stanza dell’ostello che ho preso e ci rimango piegato in due dalla dissenteria fino all’orario di arrivo del treno di Ylenia.
Ci raccontiamo che abbiamo passato una giornata di merda per colpa del mal di stomaco. Dobbiamo aver mangiato qualcosa che non era buono perché abbiamo gli stessi sintomi e praticamente non possiamo fare altro che stare seduti sulla tazza del cesso. Come ha fatto a stare 7 ore a Machu Pichu in queste condizioni non lo so, ma evidentemente questo conferma che Ylenia è una donna con le palle quadrate!
Se non mi avessero dato delle foglie di coca sarei svenuta – dice ad un certo punto
Entriamo in una farmacia e la saccheggiamo, notando che in Perù a differenza di Italia e Cile, puoi comprare antibiotici e tutto quello che vuoi anche senza ricetta. O magari è un lusso consentito solo agli stranieri.
Chissà…
Dal momento del nostro ingresso nella stanza in poi l’umore cala ed il tempo passa lentamente, mentre digiunamo e non facciamo altro che bere acqua con sali minerali, riempirci lo stomaco di pastiglie di carbone ed andare alternativamente al bagno consumando quantità industriali di carta igienica.
Mi sa che domani un si va da nessuna parte, meglio riposare
Si, forse è meglio!
Così decidiamo di prendercela con calma e avanzare solo di 30 Km, fermarci ad Urubamba (dove i prezzi e la situazione sono meno turistici) e riposare lo stomaco lì, badando a cosa mangiamo.
Inutile dirlo ma, al momento stanno succedendo più cose in queste 3 settimane in cui viaggiamo assieme di quante non me ne siano accadute da solo in 3 anni.
Io io….. bo!
bellissimo report Gionata (apparte la dissenteria!!), più parli di perù e cile più mi vien voglia di scoprire queste splendide strade, ma prima o poi…. “e tu tu…bo!”
Ciao Giovanni, fa piacere ritrovarti qui, come un vecchio amico che c’era prima e c’è anche adesso. Finalmente ripartito, mi mancava sto posto e questo nostro casuale scambio di commenti. Un abbraccio!
Nell’ombra ma ti seguo sempre, non m’è scappato nulla!l’hai sistemata questa maledetta frizione??un altra domanda…che modello è la telecamera che usi sul casco?ho visto il videoblog dove ne parli ma nn ho ritrovato il modello su SportCamera, perchè ci sto facendo un pensierino per il prox viaggetto..(norvegia :P)