10 Giugno 2009
Non ho freddo, non ho caldo. Ho soltanto un dolore lancinante alla schiena, perché sono un secco di merda e a me, se il materassino non è spesso o d’aria, mi si ferma il sangue e mi sveglio con dolori lancinanti a tutte le gambe.
Sono una checca vero? Lo so!
Così mi sveglio 10 volte per il dolore. 15 volte per i cani ed i gatti che curiosano attorno alla tenda cercando di portarmi via gli stivali e cercando in tutti i modi di entrare nella tenda ed anche 20, 25 volte mi sveglio per pisciare. Devo smetterla di bere il te o il caffè prima di andare a dormire.
Non imparerò mai…
Così alle 7 del mattino, quando la gentile Brenda mi viene a svegliare come le ho chiesto la notte prima, io le rifilo un “si si ora vengo” e mi rigiro nel calduccio del sole delle 7 e mi riaddormento.
Mi sveglio alle 11 e giuro che, l’unica cosa che sento è un enorme senso di colpa.
Come si può essere pigri quando hai tutto il mondo fuori che ti aspetta?
Brenda mi da un buongiorno con una gran risata amichevole. Il suo compagno fa lo stesso. Mi offrono una doccia, una colazione ed anche un pranzo. Accetto con piacere le prime due, ma per il pranzo preferisco un po’ di terra nella faccia, durante i chilometri che mi mancano. Ieri ne ho fatti così pochi.
Controllo olio per strada, davanti alla stazione dei carabinieri e, con una foto di commiato, me ne vado. Non ho fretta e nemmeno freddo e così continuo la mia marcia con il sole dalla mia ed anche con un certa urgenza di prendermi il mio tempo.
Non so se mi capite.
Urgenza di prendermi il mio tempo…ora che l’ho scritto quasi me ne compiaccio.
Seguo diritto, per i sentieri di terra e a volte sassi e a volte pietre e a volte di nuovo terra e mi affascina tutto questo mondo lunare, che come l’Argentina del sud Patagonico, si presenta arida e grigio chiara. Però qui non hai vento e l’odore delle cose persiste nel naso, senza scompigliarti i capelli o ferirti gli occhi.
Ci sono un sacco di capanne di pietra, costruite ed abbandonate nelle vette più anguste ed inospitali. Ne visito un paio, ma dentro ci trovo solo barattoli vuoti arrugginiti e sporcizia. Mi da un enorme senso di frustrazione e vergogna sapere di far parte della stessa specie vivente che occupa un luogo tanto bello e ci lascia tanta merda.
La poca cultura, dicono. Io non ammazzerei nessuno per queste negligenze, però qualche nocchino nel capo non lo risparmierei a questi cialtroni.
Il sole cala lentamente e sebbene sia ancora lato nel cielo, mostra un rossore tenue e denso, che riscalda la mia schiena attraversa la giacca da moto ma non mi accalda eccessivamente. Il cammino è ovviamente desolato, non ci sono auto che mi vengono incontro e nemmeno auto che supero lungo il mio tragitto.
Sono in moto da ore e non ho ancora incontrato un’anima. Le poche persone che incontro sono sedute sui muretti dei piccoli paeselli che attraverso. A darmi il benvenuto, ci pensano i cani, che adorano fiondarsi in mezzo alla strada e cercare di mordermi. Abbaiano e scodinzolano, corrono e masticano l’aria, mentre a me sale il nervoso perché ho paura di metterne sotto uno e farlo fuori.
Arrivo a Vicuna nel pieno pomeriggio. Adesso la strada è di nuovo asfaltata ed il passo aumenta da 80 a 110 km/h. Mi fermo per un pieno e chiedo del Passo de Agua Negra. Mi dicono che non sanno, ma che i carabinieri sono a pochi metri più in giù e che posso chiedere a loro tutte le informazioni sul passo fronterizio.
Così entro, mi siedo davanti ad un ufficiale e chiedo di Agua Negra.
Chiuso – mi dice con un sorriso
Fino a?
Fino all’anno prossimo.
Carloz di merda!! – penso tra me e me, mentre scarto l’itinerario che mi riporta in Argentina e reimposto il tutto da 0.
Non che mi risulti difficile, visto il basso grado di preparazione con cui viaggio. Ho il serbatoio pieno ed ancora diverse ore di luce. Arrivo a La Serena piuttosto confuso. Non so se ho voglia di infilarmi in un internet point e schiacciarci la serata, flirtando con la padrona e farmi portare a casa sua, se ho voglia di tirare dritto o se ho voglia di comprare carne e cercarmi un posto nel bosco dove fare della brace e mangiare da solo in attesa del sonno.
In ogni caso La Serena mi appare ricca di gente giovane, donne dai bei culi ed un traffico insopportabile. Non è la fine del mondo in realtà, questo traffico. E’ solo che la viabilità aperta delle ore e dei giorni precedenti, rendono questa attesa al semaforo, un momento inumano e stressante.
Entro nel primo internet caffè e ci provo subito con la tipa.
Assieme ad internet, pago anche qualcosa da mangiare
Che vorresti?
Sono single, quindi cioccolata!
Lei ride e mi consiglia una barretta al cocco. Mi chiede se mi piace il cocco.
Lo adoro. Non dirmi che piace la cioccolata anche a te?
Si
Allora sei single!?
Si
Piacere, mi chiamo Gionata.
Monika
Ah, Monica, vieni qui che ti abbraccio.
Ci abbracciamo, ci baciamo sulla guancia e mentre siedo al computer fingendo una totale incapacità di utilizzo del mezzo chiamato internet, le dico
Oi! Visto che sei single, stasera una doccettina potrei farla a casa tua… Mi inviti?
Certo – dice lei
Però succede che Glauco, mio migliore amico da una vita, è tornato in Italia dopo tanti mesi e mi ha lasciato un messaggio sul Facebook. La cosa mi rende sempre abbastanza nostalgico ed irrequieto. Inoltre Pia ha visto l’album taggato in cui poso con Paula in toni amoreggianti e mi ha scritto un messaggio privato sul Facebook che non mi piace per niente.
Così se una donna mi fa girare i coglioni, mi iniziano a girare i coglioni con tutte le donne.
Vado a pagare la mia mezz’ora di internet e mentre Monica mi dice che stacca fra 30 minuti, io esco con un “grazie, ci vediamo”.
Cosa mi prende? Perché sono così impulsivo? Per un messaggio privato geloso? Per un messaggio ironico del mio migliore amico? Non so…
Arrivo al faro e scatto una foto per la soddisfazione di aver se non altro sfruttato la mia mezz’ora in La Serena dopo di che chiedo a dei carabinieri la via per il nord e me ne vado dalla città senza carne, senza doccia e senza idee. Mi girano solo i coglioni. La cosa, inoltre, mi fa venire fame.
Trovo una nube umida posata sul passo di montagna che costeggia il mare. Si vede la costa da un lato e non si vede niente davanti, come se il baratro che precipita nel mare da cui è bagnata quella costa lontanissima, fosse l’unica via d’uscita da questo denso spazio bianco.
Davanti a me una coppia su una moto di piccola cilindrata che monta più equipaggiamento della Poderosa di Che Guevara. Mi si accostano e ci urliamo qualcosa da dentro i rispettivi caschi.
Dormite in tenda??? – chiedo io
Si vado al nord!!!! – dice lui
No, ho detto se dormite in tendaaaaaaa?!?!?!?!?!?
Si, però mancano ancora 2000 km
Faccio l’occhiolino e lascio perdere. Volevo un po’ di compagnia per la notte, magari parlare d’altro avrebbe aiutato la mia irrequietezza, ma poi dopo la nube trovo un paesello dove compro 5 impanate di formaggio e la cassiera obesa mi mette il buon umore con qualche battuta sbarazzina.
Capisco quando non sono di buon umore, dal luogo che scelgo per passare la notte.
Se lo cerco per 20 minuti, fra i viottoli di un bosco o di un campo e prima di mettere la tenda semplicemente mi siedo accanto alla moto a guardare il panorama, allora vuol dire che sono felice.
Se invece parcheggio la moto davanti alla strada, vicino a dove passano i camion, le auto e dove tutti già mi vedono e se poi monto la tenda in un secondo e ci butto dentro tutto e ancora prima di aver finito la cena sono pronto per andare a dormire, allora vuol dire che sarà una notte lunga e grigia.
Così mi infilo in tenda con l’impanata ancora in bocca. Mi lavo i denti. Accendo il pc.
E scrivo scrivo scrivo…