Non so che ore sono, ma sono che ogni volta che dormo in tenda, con questo materassino basso e duro, dormo male. Dormo con sessioni di sonno di 30 minuti e resto sveglio, con un dolore lancinante alle ossa, per un’ora o due.
Ma sono di buon umore, nonostante il cielo sia ancora grigio e nuvoloso. Il fatto è che non piove in questa parte del Cile. Le nuvole si fermano qui, punto.
Mi rimetto in moto senza controllare l’olio perché da ieri ho percorso solo 50 km. La moto è calda ed io anche.
Ci metto 5 minuti a ritornare freddo come un ghiacciolo.
Deve essere ancora presto, perché le nuvole sono umide e le mani mi si congelano.
La mappa indica che a dritto ritorno sulla ruta 5 e che se svolto a sinistra in un tratto deserto, arrivo un po’ più a nord, vicino alla costa.
Così mi infilo chissà dove, con la strada che adesso è un vibromassaggiatore per me e per la moto, che produce un fracasso di cianfrusaglie sbatacchiate qua e la.
Ritrovo il cammino principale, di terra battuta, pochi minuti dopo, dopo una tratta abbastanza lenta.
Sono morto dal freddo, ma improvvisamente dopo una duna, spunta il sole.
Ah, soleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. Grazie.
Un uomo in bicicletta senza denti mi saluta e poco più avanti appare un paesello dove signori anziani siedono davanti all’uscio di casa e bambine si rincorrono e mi salutano.
Il sole mi mette di buon umore e mi porta il buon auspicio.
I rettilinei adesso sono più rapidi e meno gelidi e così arrivo presto in uno svincolo senza segnalazioni. Non so perché, di primo istinto, mi vien da pensare che per andare a Nord, io debba seguire la strada in salita, come se il mondo fosse in discesa…
Mi avvio, ma spunta un’auto dall’altra parte che mi raggiunge. Non ho Gps, ma posso chiedere e così scopro che stavo dirigendomi di nuovo a Sud.
Il nord a dal lato da cui provengo io. Ti mancano 70 km circa alla città con un distributore.
Ok, grazie di cuore.
Arrivo al distributore a riserva finita, un po’ incazzato perché con riserva ho fatto solo 270 km. Sarà che ho guidato sopra i 5000 giri al minuto. M’importa un cazzo…
Così entro in città e cerco una trattoria che faccia menù economico per il pranzo. Trovo un ristorante per lavoratori dove per 1800 pesos mangio un pezzo di carne squisita, con riso, verdure ed insalata di fagioli. Il tutto condito con un te caldo e, perché no, una mancia alla cameriera che si chiama Marisa.
3000 pesos = 3.8 Euro
Mi metto a fare due chiacchiere con due signori che siedono vicino a me. Il mio castigliano è migliorato molto in fatto di modismi e così posso intrattenermi con battute e discorsi leggeri e frivoli, tipici di quei giorni in cui sei felice e spensierato.
Sono così allegro che decido di andarmi a cercare una gatta da pelare. Vedo sulla mappa che in cammino di terra lunghissimo arriva fino al Passo di San Francisco a 4726 mt di altezza. Mi informo un po’ ma nessuno sa se sia chiuso o abilitato.
Così visito i Carabinieri che chiamano il centro fronterizio e mi danno conferma che è abilitato.
Faccio un buon pieno di benzina e cerco una tanica extra per altro combustibile. Sembra che non ci siano stazioni di servizio per i prossimi 470 km, fino al lato Argentino.
Così mi avvio e scopro una parte bellissima di questa area, che sale lentamente metro dopo metro fin sopra le vette più alte, presentandosi come un grandissimo deserto muto ed immobile.
Ci sono anche alcune rovine indigene lasciate ai lati della strada e cavalli e muli allo stato selvaggio che bevono in stagni in cui si bagnano papere. Il sole poi, é ancora alto nel cielo e non sento freddo.
Solo dopo i 2500 mt la moto comincia un po’ a vomitare e così penso bene di chiudere le viti pilota dei getti di un giro e mezzo. Non sono sicuro che in caso di alta quota vadano chiusi, piuttosto che aperti, però la moto prosegue con la sua solita marcia e così smetto di pensarci.
Nei punti d’ombra muoio dal freddo e comincio ad abituarmi alla vista di neve e ghiaccio ai lati della strada, che adesso sale lungo tornanti ripidi sui quali la moto arranca.
Arrivo vicino alla Dogana, a 3800 mt, con ancora 111 Km da fare prima di raggiungere la vetta massima del Passo, ma decido di fermarmi a fotografare il mio primo salario. E per giunta ad alta quota.
Il sale è duro e congelato. I frammenti verticali si sgretolano quando i cammino sopra.
I colori qui sono limpidi e freschi. Non ci sono rumori e l’aria è talmente pura che punge la gola. Mi fa freddo, ma non vedo l’ora di accamparmi in cima alla montagna, con un fuoco e qualcosa da mangiare. Sarà un’avventura.
Magari trovo una grotta. Che ne so…
Arrivo alla dogana con due ore di anticipo prima della chiusura e faccio presente ai doganieri che voglio accamparmi per la notte.
Con la tenda? Vuoi morire?
Perché?
Perché qui a 3800 mt, di notte, fa – 17 gradi e in cima al passo – 40.
E se dormo in tenda che succede?
Ti addormenti e non ti risvegli più. Ipotermia. Mai sentita?
No, ma dici sul serio?
Fai tu, se vuoi andare vai, ma domani ti veniamo a prendere in ambulanza.
Così accetto l’invito dei doganieri ad occupare una delle stanze vuote negli alloggi dei doganieri in servizio qui. MI offrono una doccia ed una cena a base di te, acqua e limone, pane, avocado, salame, burro ed altre prelibatezze cilene.
A cena da Camillo, che ha la mia età ed ha due figli. Si racconta un po’, accennando al fatto d’esser diventato padre a 15 anni, con una ragazza di 17
E che effetto faceva diventare padre a 15 anni?
Paura, insicurezza… Immagina. Un bambino che è padre di un altro bambino…
Mangio e mi sento pure male. L’alta quota mi stringe la gola, mi fa girare la testa e mi da la nausea. Però quando bevo il te caldo o l’acqua e limone, mi passa subito. Il potere della natura ragazzi…
Devi muoverti lentamente… Il tuo corpo deve abituarsi a questa pressione atmosferica.
Ok, ora però sto bene.
Finisco la cena e vado a controllare se la stanza è ancora disponibile. Fuori dalla capanna di Camillo, diretto verso la capanna di Paco, la notte è vergine. Le stelle sovrastano l’arco nero che si apre sulle montagne ed il freddo mi mette una certa angoscia. Ci saranno si e no – 5 gradi.
Speriamo il liquido refrigerante della moto non scoppi!
Entrando nell’altra capanna, scopro di avere compagnia. E’ un SORRO, animale simile ad una volte, con la coda folta. Quando mi vede scappa, ma mi fermo in un angolo, seduto in ginocchio sul pavimento e lo richiamo a me.
Si muove curioso nella mi direzione, zig zagando per rimanere allerta. Si avvicina di un metro e mi lancia un piccolo abbaio, come ad indicare che più di così non avanzerà.
Lo guardo ad un paio di metri dalla mia faccia, sapendo che non si farà toccare. Lo ammiro come fosse la cosa più bella del mondo e mi da un’immensa tristezza pensare che questa piccola creatura, sia in via d’estinzione.
Entro nella capanna. Gayser, il cucciolo di cane di Paco, mi saluta con un ringhio.
Faccio una doccia con acqua super calda. Ho lo stomaco pieno ed un sacco a pelo militare che mi aspetta in una camera tutta per me.
E da qui, vi scrivo queste righe.
Bienvenido a los Andes!!, jajajjaa me crees ahora…jajjajaja..
que lindos lugares……….
y muy frios tambien, usa el gorro de lana…que te regalo con tanto amor mi peluso favorito jajajjajaja