14 Dicembre 2008
Il fatto é che con me, se sono in vena, ci si diverte anche il sabato sera.
Il fatto é però a me, di uscire e fare nottata passando da un bar ad un altro, come un turista o come un qualunque altro sabato italiano che Dio manda in terra, non mi interessa….
Ma quando sei in casa degli altri, é anche difficile poter sempre fare quello che più ti aggrada, credo.
Non potendo rimanere da solo in casa di Pablito e dormire fino al suo ritorno (ammesso che nei suoi programmi fine settimanali ci sia previsto un ritorno casa), mi affianco al gruppo di ragazzi ed usciamo.
Prima tappa: la casa della fidanzata di uno dei ragazzi che sta passando la serata in casa davanti a qualche bottiglia d’alcohol con delle amiche.
Età media 15 anni…….
Arriviamo, sdrammatizzo facendo le solite scenette fra cui tirarmi giù i pantaloni e mettendo il culo in mostra a tutte 5 le ragazze. La scusa é la seguente:
Ho un tatuaggio, lo volete vedere? E’ piccolo, si vede?
Loro ridono, un paio ammiccano e, dopo qualche minuto siamo chiusi in camera a pomiciare.
Mi sembra di essere tornato ai tempi delle squole medie. Vabbé….
Usciamo andando in giro di bar e pub. Nel bar dove entriamo l’età media é di 18 anni. I miei pantaloni scendono di nuovo in pubblico quando scopro che ad un tavolo di sole donne siede una ragazza che parla l’italiano.
Un grido ilare pervade il tavolo di imbarazzo.
Abbraccio tutti, parlo con tutti e distribuisco ilarità e gioia ai presenti che vogliono vedere, volgiono sapere chi é questo italiano rumoroso e poco ortodosso.
Sarebbe davvero un bel quadretto se solo non fossi consapevole del motivo che mi porta a fare quello che faccio.
Il motivo é la noia, lo sdrammatizzare una situazione che non posso gestire altrimenti.
Un po’ per mancata indipendenza da Pablo, con il quale mi trovo ed un po’ perché mi ritrovo ad avere il mio tempo programmato da qualcun’altro.
Fosse per me adesso starei a casa nel letto a dormire e uscirei di casa l’indomani presto per fare altre cose.
Vedere il centro città, cambiare dei soldi in moneta locale, contattare Dakarmotos o Honda.
Scrivere degli articoli. Fare foto. Insomma familiarizzare con la città.
La frustrazione che mi sale da tutta questa situazione é che nel volersi aiutare, spesso le persone diano un’interpretazione sbagliata dell’altro.
Come se io fossi un turista che é venuto qui per farsi intrattenere o come se mi mancasse lo spirito d’iniziativa di avventurarmi per la città.
Forse dovrei parlarne ad Ulisse e dirgli che ci abbiamo provato, ma non ha funzionato.
La serata tira per le lunghe e quando usciamo dal bar sono le 6 del mattino.
I ragazzi hanno in programma di tirare a dritto ed aspettare l’ora di pranzo per mangiare e poi raggiungere lo stadio per un’altra partita di serie A della squadra del Lanos.
Che Dio mi aiuti!!!!
Io mi arrendo e dico a Pablito con tono irremovibile che io vado a letto. Che mi chiuda in casa con le chiavi, pur che mi lasci dormire.
Lui é d’accordo e promette di rifarsi vivo fra 6 ore, per l’ora di pranzo. I programmi ovviamente sono stati fatti e così mi aspetta una grigliata (che non mi dispiace affatto) e una partita sugli spalti dello stadio di Lanos.
Mi sveglio con enormi difficoltà alle 14, con Pablo che gentilmente mi ricorda della grigliata.
Il mio umore, come accade sempre dopo un risveglio mal voluto a stomaco vuoto, é pessimo. Sembro una donna con il mestruo….
Pablo cerca di fare conversazione perché da brava persona quale é, avverte il mio stato di irritazione e cerca di farmelo passare.
Mi calmo solo davanti alla grigliata, con nuove persone con cui parlare, buon cibo con cui rifocillarsi ed ottime conversazioni sull’Argentina, la sua cultura e tutto quello che le compete. La casa é bella e molto accogliente. C’é un cane husky (o come cazzo si scrive) che gioca fra le mie gambe.
I mattoni arancioni scuro a vista che colorano le pareti della cucina, ricordano le case che ho visto nel mugellese in Italia. Anche gli odori dentro la casa sono di legno e carne arrostita.
La televisione però é accesa ed il canale é sintonizzato sullo sport. Calcio.
Io odio il calcio, lo trovo un palleativo anticonsapevolezza ed anti risparmio per le nazioni in crisi economico-politica a cui serva una distrazione per non pensare a quanti problemi ci siano ad affliggerle.
Come in Italia.
La crisi, la mala economia, il precariato e la maiala di su ma non son niente se davanti ad un piatto di pasta, all’italiano non gli fai mai mancare 22 stronzi strapagati che rincorrono un cazzo di pallone cucito da qualche asiatico sottopagato nella cina del sud.
E’ una malattia, una dipendenza a cui io dico no grazie. E mettetevi pure tutta la cultura e la tradizione che volete, nel calcio. Metteteci pure la questione d’orgoglio secondo cui "si, però almeno in Italia si gioca il calcio migliore del mondo".
A me non me ne frega una demerita sega!
Così la piccola ventata di serenità portata dalla grigliata e la quiete che ne segue, viene troncata sul vivo quando Pablo, i suoi amici ed io, dobbiamo lasciare la tavola per affrettarci allo stadio, non poco distante.
Nel cielo batte un sole che la metà basterebbe.
Io sono stato adornato con una bella maglietta bianca del Lanus (voglio morire….) e adesso cammino con un diavolo per capello dietro al gruppo di tifosi.
Il problema però, non é il camminare in sé per sé. Il problema é che tutti muoiono dalla voglia di informarmi con cose che non mi interessano.
"Ecco la sede della società del Lanus, guarda"
"Ecco il negozio con il merchandising, entriamo"
"Ecco lo stadio, lo vedi il proiettore?"
"Ecco la terza maglietta ufficiale color blu e bianca di cui ti parlavo ieri sul bus, la vedi?"
Mi manca la Nuova Zelanda…..mi manca la solitudine!
Arriviamo allo stadio e mi sorprendo nel constatare che per gli argentini, la domenica allo stadio é un vero e proprio rito terapeutico. Non possono mancare.
Famiglie intere, camminare con indosso le magliette ufficiali, si recano allo stadio per fare parte di una partita che suona più come un evento imperdibile.
Strappo del biglietto, ispezione della polizia e poi siamo in piedi, ritti sulla tribuna su cui batte il sole, per 2 lunghe ore.
Pablo mi chiede più volte cosa ho….
Non so che dirgli. Gli ho più volte detto, prima ironicamente e poi con una certa serietà, che il calcio non mi interessa e che non sono un turista. Cosa devo dire di più?
Se avessi potuto cambiare i soldi, sarei autosufficiente e potrei tornare a Lomas, da Rosa e Antonio per rifugiarmi in casa, ma non ho soldi con me che non siano dollari.
Così aspetto, a volte seduto sulla tributa accerchiato da centinaia di tifosi che saltano, imprecano alla squadra avversaria e cantano roba che suona un po’ come tutte gli inni alla fiorentina che cantavano a scuola i miei compagni di classe.
Lo spagnolo lo conosco poco, ma le offese le conosco tutte. E mi sorprendo nel vedere che padri e madri recatisi allo stadio con le bimbe di pochi anni, osino insultare i giocatori e l’arbitro con pesanti parolaccie proprio davanti alle figlie.
Mi sembra un’arena di battaglia, un colosseo in scala ridotta dove al centro, su un prato verde, 22 coglioni tirano i calci ad una palla.
Prima della fine della partita, due file più in giù della mia, una ragazza sviene, facendosi notare per l’enorme stonfo che la sua testa provoca a contatto con il cemento della tribuna.
Alcuni la sorreggono, altri sventolano la maglietta firmata della squadra e, mentre la poverina si riprende da una grave perdita di sensi, io sorrido perché ovviamente, dei 22 giocatori, non se ne ferma uno. Ed é giusto così….
Perché dovrebbero fermarsi. Siamo noi che paghiamo per venire a vedere loro.
E quando torniamo a casa, abbiamo 35 pesos in meno nel salvadanaio con cui pagarci l’affitto, mentre questi guidano macchine importanti e fanno la bella vita…..
Appena usciti, con un silenzio che si taglia con il coltello, chiedo a Pablo di poter essere portato a casa.
Mangio riso con pollo, seduto con Pablo nella cucina.
Rivedo Rosa e sono felice.
Pablo resta a dormire con noi e così ci diamo la buona notte.
Grande Gionata!,
scusa se non ti avevo risposto prima poiché non so perché non ho più ricevuto le mail dei tuoi post e ora ho visto il messaggio qua.
Intanto ti posso dire che condivido proprio gli stessi pensieri e odiavo quando mio padre tentava di portarmi a vedere il calcio. A Pablo piace ed è bene nel suo modo di vivere. Quando lui è venuto in Italia ha fatto proprio fatica ad adattarsi ai ritmi di vita di qua.
Sicuramente Ferrara non è la vita di Milano od altre città ma era tale la mancanza dei suoi amici / calcio / modo di vivere che sempre se n’è tornato in Argentina prima della data di scadenza dei biglietti aerei.
Più sei indipendente e più hai la voglia del silenzio e dello spazio per pensare ed essere con te stesso. E questo è un po’ difficile nel modo di vivere di chi è tifoso all’argentina.
Mi auguro di cuore tu continui le tue strade vivendone ad ogni passo come lo stai facendo ed è anche bello avere l’opportunità di capire qual’è il modo di fare le cose che piace ad uno.
Io – per esempio – mi sono molto di più trovato a mio agio qua in Italia che nel modo di vivere in Argentina. Forse avrei dovuto fare la prova di andarmene via all’interno della nazione per provare altri modi di vivere e non quello della grande città. Ma – invece – l’inspiegabile forza della realtà ha indirizzato i miei passi verso un’Italia dove mi sono ritrovato a me stesso.
Spero lo stesso tu continui a costruire in ogni tuo nuovo passo. Sono convinto che una parte cela mette il posto ma tutto l’altro dipende proprio da noi.
Lampeggioni motociclistici da Ferrara! ;-))
Ulisseeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee