15 Dicembre 2008
Il senso di liberazione che provo nell’uscire di casa ed avventurarmi per le strade in cerca di una destinazione, é semplicemente terapeutico.
Pablo e Rosa mi accompagnano fino alla femrmata della camionetta che per 6 pesos mi porta direttamente in centro. Siedo su uno dei sedili posteriori, accanto ad una bella ragazza obesa che profuma di bigiotteria.
Mi aggrappo al maniglione più e più volte perché il conducente, come tutti gli altri del resto, esegue manovre inverosimilmente rischiose alle quali non sono più abituato.
Sorpassi al limite della distanza di sicurezza e frenate fruschissime. Le auto si intrecciano lungo la strada secondo un codice stradale totalmente anrchico.
Sudo freddo e non riesco a godermi il viaggio che dura quasi un’ora.
Ho con me solo 50 euro da cambiare.
E’ sempre meglio non avventurarsi in città con tutti i propri averi ed anche valutare quanto un cambio di piccolo taglio, una volta convertito in valuta locale, possa bastare e per quale tipo di spesa.
Scendo all’obelisco, vicino alla strada principale che ho percorso ieri con Pablo.
Entro in un albergo e con una semplice domande ottengo una mappa gratuita della città. La ragazza alla reception, inoltre, mi dice che i banchi di cambio sono tutti in Florida, nota strada del centro turistico di Buenos Aires.
Nella strada indicata le banche sono ancora tutte chiuse. Sono le 9 e devo aspettare anche un’ora.
Mi siedo nel parco di un ospedale, sfogliando la nuova mappa e cercando fra le strade, la stazione del treno che mi porterà a DakarMotos.
Quando le banche aprono, ci metto un po’ a capire dove andare. Il fatto é che essendo smarrito, mi diletto nella pratica dello spagnolo, che esericito ponendo domande a caso ai passanti.
E’ incredibile quanto la somiglianza con l’italiano mi sia utile. Riesco a capire il 70% di quello che mi viene riferito, contro il 4% di quanto ero solito capire nei paesi asiatici.
Alla banca mi chiedono documenti e mi fanno firmare varie carte.
225 pesos, ad oggi, sono il cambio di 50 Euro. Le metto nella borsa e me ne vado.
La stazione a cui faccio riferimento sulla mappa, é la stazione dei treni di Retiro, proprio a 10 minuti a piedi da dove sono.
Camminare per la città da solo, ammiccando alle ragazzi e frugando con le orecchie ed il naso nei rumori ed odori locali, é una sensazione assai più interessanti di una partita di calcio.
Odio le città, per la babilonia viscida ed inquinata che rappresentano nei nostri tempi moderni, ma questo senso di curiosità che le mie giornate in solitaria per Buenos Aires mi suscitano, sono un buon compromesso…
;-P
Rischio di farmi investire varie volte, durante attraversamente improvvisati di grandi carreggiate molto trafficate.
La stazione di Retiro appare molto simile a quella di Milano, dove ero solito dormire dopo ogni concerto andato a vedere in trasferta all’età di 17 anni.
Deftones, Slipknot, Mudvayne, Korn, Limp Bizkit ecc ecc. Povera avventata e confusa adolescenza, la mia…
Non ho monete per comprare il biglietto del treno e così, visto che la commessa é molto bella, mi compro una focaccia fritta (anzi 3) per 2.1 pesos. Con le monete di resto, vado alla macchinetta, salto l’interminabile fila davanti all’unico sportello aperto e prelevo il biglietto per Florida.
Esatto, la stazione a 20 minuti da Retiro, si chiama proprio come la via visitata per il cambio moneta, ma é un’altra zona.
Sandra, di DakarMotos mi ha detto di salire sulla linea rossa, diretto a Florida. Io vedo il nome di Florida sulla linea blu, e per l’amore degli imprevisti, mi ci fiondo.
Scopro poi al mio arrivo di esser arrivato nella zona ovest di Florida, assai più lontata dalla stazione est a cui sarei arrivato se a bordo di un treno della linea rossa.
Ma lontano vuol dire camminare e così dopo aver chiesto informazioni a un tassista, un giornalaio ed un gruppo di studentesse in mini gonna, mi ritrovo nella via principale di Florida.
San Martin, o qualcosa del genere.
Le strade sono piccole, ben tenute ed i negozi non si fanno a cara per farsi notare. Le pareti delle case sono colorate ed illuminate dal sole, mente all’ingresso di ogni spaccio di frutta, le persone parlano con la borsa della spesa in mano per riempire il mio cammino di nuove sensazioni.
Bellissima Florida. Se dovessi vivere in città, é in un posto così che vivrei…
Sono a 15 contrare (quadras) da DakarMotos e, già che lo vogliamo dire, in ritardo di alcune ore.
Quando arrivo noto che quello che mi era sembrato come un negozio di moto, specializzato in importazione e riparazioni, in realtà é un garage riattangiato.
Javier mi apre il bandone e mi fa entrare.
Seduti ci sono alcune persone, che parlano spagnolo.
Sandra non é in vista, ma un ragazza seduto con gli altri mi guarda con aria familiare e mi dice:
"Ciao Gio!"
"Sei italiano?"
"Si"
"E che ci fai qui?"
Sandra mi appare proprio in quel momento e così rimando a dopo le conversazioni con l’italiano e mi presento alla mia importatrice, con la quale sediamo nella cucina.
Mi guardo intorno e vedo una stanza disadorna, con 3 letti a castello messi da una parte. Non c’è disordine, sebbene il pavimento sia cosparso di oggetti. Sembrerebbe piuttosto che l’ambiente sia molto occupato.
Si vedono infatti su alcuni letti delle lenzuola sfatte e sull’altro delle borse in alluminio moto con adesivi canadesi in bella vista.
Su un altro ci sono stivali da moto nascosti sotto la rete e davanti alle scalette che portano all’officina, é organizzato un’angolo cucina dove molte delle stoviglie sono bagnate e appoggiate sul banco da chi le ha appena usate.
Siedo con Sandra che mi legge in faccia l’espressione di chie é colto di sorpresa e così mi spiega che la mia é la reazione tipica di molte persone che sono state lì.
Passiamo subito al sodo e da come si pone verso i documenti che le porto e le domande che le faccio, Sandra appare subito molto disponibile e preparata.
La sua storia ed i motivi che l’hanno portata a fare quello che fa, sono molto romantici.
"Questo non é un albergo" dice. "E’ una casa dei viaggiatori in moto, dove si condividono esperienze e si scopre la storia di chi vive qui per pochi giorni o settimane".
Chiedo a Sandra di Miriam, di Daniele e di quelle che sono state le precedenti esperiene di importazione di tutti gli altri viaggiatori che ha aiutato. Come previsto, la rispota é garbata e sincera.
Ci sono volte in cui si paga di più ed altre in cui si paga meno.
"Vedremo di fare il possibile per ridurre ogni spesa al minimo", dice serenamente.
Mi spiega perché chiede 200 USD per il suo servizio e sono contento di dirle che sono disposto a pagarle, perché in altri paesi l’assenza di un supporto in dogana come il suo, mi é spesso costato molti più soldi.
Mi accenna al fatto che, fatte le carte e l’assicurazione, dovrò anche pagare la dogana ed il parcheggio della moto.
Chiedo attorno a che cifre ci si aggiri, ma la cifra non é dichiarabile. Cambia ogni volta.
A me basta non pagare 2000 Euro come ha fatto Miriam, poi tutto va bene.
Per esperienza non dovrebbe succedere, ma chi lo sa…
Quando ci salutiamo, ho una lista di domande che Sandra vuole che faccia alla mia spedizioniera in Nuova Zelanda ed ho anche il ragazzo italiano che mi aspetta in officina.
"Ma che cazzo ci fai qui?"
Si chiama Davide e mi dice che vive qui da 3 anni. Parla spagnolo e portoghese e studia. Ha 26 anni e non tarda ad invitarmi a stare da lui.
"Cercavo un posto per moto e quando ho trovato questo sono diventato un visitatore abituale"
Lui e Javier sembrano buoni amici.
Quando dico a Davide che alle 19 mi devo incontrare con Karolina, mia host CS, lui si offre di accompagnarmici.
"Vivo a Costitucion e Sant Elmo, dove vive questa tua amica, non é lontano da casa mia".
Così saluto Javier e DakarMotos e salto in sella allo scooter di Davide.
50 Piaggio importato dall’Italia. Appena fuori da Florida ci lanciamo in una corta mortale in autostrada dove la mia adrenalina sale alle stelle.
"Questo pezzo in motorino sull’autostrada lo scrivo sul blooooooooooooooooooooooooooooog!", gli grido da dietro.
Lui ride e mi racconta cosa fa e cosa non fa.
Questo momento, più di tanti altri fin’ora passati, rispecchia quello che cerco negli altri, nel mio viaggiare e nelle cose che mi rendono felice.
Cerco qualla casualità che fa di due estranei mai incontratisi prima, dua amici inseparabili, che parlano come se si conoscessero da una vita. Cerco quel modo di essere che non si basa su quanto si vede di una città o quanto tempo si dedica al portare a casa quanto di più turistico ci sia da comprare.
Per me il mondo é tutto uno stesso paese, se lo si guarda con l’ottica di vede le possibilità che la casualità offre.
Guarda me e Davide.
Fino a due ore fa eravamo due perfetti estranei e adesso, dopo una mattinata che mi avventuro da solo per Buenos Aires, andremo a dormire sotto lo stesso tetto.
Karolina mi aspetta alle 19, ma le 5 ore passate con Davide a casa sua sono così piacevoli e spontanee che quasi pondero l’idea di rimandare l’appuntamento con la mia host.
Poi un’idea mi suggerisce di invitare Karolina da Davide e cucinare per entrambi.
L’idea piace e così, dopo una cena all’aperto a base di pasta al pomodoro e verdure, noi tre ci ritroviamo a bere un bicchiere di birra con i piedi immersi in piscina.
Si parla di malattie tropicali e di elefantosi.
Si ride per sdrammatizzare, calzando sui casi noti di elefantite che hanno colpito i genitali della gente che ha fatto delle testimonianze.
Alle 23 io e Karolina, scortati da Davide in bici fino alla fermata, andiamo a casa di lei in autobus. A casa sua cerchiamo foto ed info sull’Elefantosi e passiamo le seguenti 4 ore a bere té seduti sul pavimento e parlare di sesso.
Ma, aimhé, non se ne pratica nemmeno un po’.
;-P