Dormito male anche stanotte. Dopo le 2, la temperatura si abbassa a livelli insopportabili.
Quando mi sveglio un’ultima volta e vedo che c’è il sole, il ragazzo spagnolo non c’è più ed il sole è giusto allo Zenith. Deve essere tardissimo. Raggiungo la città di Belen per fare spese, comprare del cibo, rifornirmi di benzina e comprare una guarnizione per il serbatoio supplementare di 5 l, da cui è uscita tutta la benzina durante la notte.
L’idea sarebbe quella di prendere la via più scomoda che sale oltre i 5000 mt e raggiungere Antofagasta de la Sierra. La ruta 40, in questo punto, è tutto asfaltata e non ci vedo niente di interessante a percorrerla.
Così mi incammino lungo i 500 Km di sterrato ad alta quota, con 3 taniche di riserva piene ed il serbatoio stracarico. Ho un po’ di cibo, ho acqua e quel che è meglio, ho anche il sole che mi riscalda la schiena. Almeno durante il giorno…
La strada asfaltata sparisce dopo qualche km e inizia lo sterrato. Ci sono paeselli fra le montagne che appaiono e scompaiono dietro la visiera del mio casco, con i sorrisi dei bambini e le mani alzati dei locali che salutano vigorosamente.
Le facce che vedo non sono di quel tipico bianco latino europeo, ma scure e dai tratti somatici indigeni. Si parla tuttavia Castigliano.
La strada sale e sale e sale e con lei la temperatura scende e scende. Non so perché, ma la vastità di queste valli, dei colori che sovrastano gli scenari e le vette che spiccano oltre i tornanti, non suscitano in me la necessità di scattare foto su foto.
C’è silenzio nel mio casco, in questi giorni ed un turbinio di pensieri nella mia testa. Il mondo fuori può aspettare.
Mi fermo a fare pipì in mezzo di strada, dietro ad una duna di arena per costruzioni. Vengo sorpreso da una donna a cavallo, in sella con il figlio, che mi guarda e, per niente intimorita dalla posa goffa della mia prestazione urinaria, segue il suo cammino con il capello al vento.
E’ femminile la sua faccia e forte il suo portamento.
La marcia media della mia salita ad Antofagasta de la Sierra è pressappoco 90 km/h, salvo i punti in cui il vento o la ripidità della ruta, mi obbligano a scendere sui 70. Non che importi molti infondo. Non ho fratta di arrivare ed ho un estremo bisogno di assimilare ogni cm quadrato di questo cammino.
Quando arrivo a El Penon, mancano poco meno di 70 Km ad Antofagasta de la Sierra. Mi fermo per riempire il serbatoio con la tanica extra da 3 litri, che non è disegnata per contenere benzina e perde ad ogni curva.
Due bambini in corsa da molto lontano, mi raggiungono per stringermi la mano. Hanno denti bianchissimi e le facce arrossate dal freddo.
Mi dicono che sono in vacanza dalla scuola e che nel paese passano un sacco di Boliviani in auto.
Passano per lavoro?
Si, vendono Coca
Coca Cola?
No, Cocaina…
Quanti anni hai?
13
e tuo fratello
11
Scattiamo delle foto, e poi sento la necessità di sfuggire dallo sguardo curioso di questi bimbi di campo, dallo sguardo dei quali la mia anima e le mi intenzioni sono setacciate. Non mi stanno giudicando, ma vedono esattamente chi sono e cosa faccio. Oggi non sono in vena di confronti umani, mi spiace.
A volte non sono la stessa persona del giorno prima. Un tempo mi spaventava. Adesso penso che ho anche io degli alti e dei bassi. Questa è la giornata che passerei molto volentieri con una donna, nudo in un letto a parlare della mia vita e delle mie aspirazioni.
Mancano pochi km ed io comincio a notare il sole che si addensa e cerca riparo dietro alla linea dell’orizzonte.
Ho con me 70 pesos argentini e sembra che in Antofagasta de la Sierra, ci sia una stazione di rifornimento. Per la notte, visto la bassa temperatura, chiederò ai gendarmi di offrirmi ospitalità.
Quando arrivo in città, quella che immaginavo come un centro urbano distinto dal resto del paesaggio, mi appare invece come un’isola di pietre ammassate con dei tetti messi sopra di esse.
Una signora di una certa età cammina verso la città con decine di rami secchi con cui fare il fuoco. Li trasporta sulla schiena, con un utensile artigianale che si fissa come uno zaino. La saluto con la mano e lei, per niente affaticata o infastidita dall’agio sfacciato del mio passaggio motorizzato, ricambia il saluto con un sorriso enorme.
La stazione di servizio è chiusa e la gendarmeria risponde alla mia domanda, con una domanda:
Ma i soldi per pagare una stanza ce li hai?
In verità si
Allora non possiamo aiutarti
Capisco
Non sto a spiegare che ho giusto giusto i contanti per la benzina e che risparmiare 30 pesos per una stanza, mi permetterà di caricare abbastanza combustibile per arrivare a destinazione, così ringrazio, parcheggio la moto in gendarmeria e vado in cerca di una stanza.
Quella da 70 pesos la scarto a priori e tra le due più economiche che trovo, scelgo quella più pulita ed isolata.
C’è anche la wifi, che arriva da non so che.
Dal letto di sinistra funziona, da quello di destra no. Ho bisogno di una doccia ed aspetto 2 ore perché la caldaia è a legna e la legna deve ardere bene prima che l’acqua calda arrivi nei bagni.
Però mi viene in mente che potrei comprarne una così anche io, per la mia futura casa. Più romantica e meno inquinante.
Ho del lavoro da portare a termine, per la preparazione dell’evento che il comune di Campi Bisenzio ha indetto in mio nome e così non schiaccio sonno prima delle 2.
Staccano la luce in tutto il paese e così rimango senza wifi e con l’obbligo di andare a dormire.
Come un bravo bambino…
Valiente, Salvaje Bambino!!!!!!
mammonsito?
Cuando quiera mi guaguita, te espero en Iquique, jajajjaa…
cochina!
cochino tu…jajajajjajajjaa…
ti vedo di molto ma di molto cotto!!!
ero super cotto!!!!!!!!!
o gionata, comunque un bel letto dopo tutto quello che hai passato ci sta dai!!!
Si anche perché con la roba da camping che mi ritrovo, o un letto così o imbalsamato!