25 Gennaio 2009
Non so perché, ma quando dormo male, mi sveglio con un buon umore prorompente.
Scopro poi che alla stazione di servizio in Porta Madryn, offrono doccia gratis (con acqua freddissima).
Al posto del pisello mi ritrovo una vagina, ma profumo come una rosetta e adesso posso raggiungere la spiaggia in cerca di marito.
;-P
Proseguo al sud, arrivando senza problemi a Comodoro Rivadavia.
Tengo sott’occhio il contante che ho prelevato in Buenos Aires e che giorno dopo giorno diminuisce.
In Argentina o in nessun’altra parte del mondo, vuoi ritrovarti in mezzo al nulla senza contanti.
Specialmente lì dove non esistono ATM, bancomat, banche, pagamenti con carta di credito o carta magnetica.
E’ già successo più di una volta al sottoscritto e non voglio che riaccada.
Così in Comodoro Rivadavia, dopo l’ennesimo insolito pieno benzina, scruta le strade della città in cerca di una banca dove prelevare.
La trovo, ma scopro con un certo sconforto, che nessuna delle carte che ho (postepay, deposito banca nuova zelanda o contobancopostaclick), mi consentono di prelevare del contante.
Sono fottuto – penso
Così me ne vado in cerca di un posto dove investire il mio ultimo contante in cose prioritarie come del cibo, acqua e nella speranza di trovare una soluzione.
E’ frustrante aver lavorato un anno per dei risparmi a cui non hai nemmeno accesso…
Così da Comodoro Rivadavia mi sposto a Rada Tilly, che mostra scenari piacevolissimi e spiaggie mozzafiato.
La gente che la occupa é sorridente.
Girano in moto, quad, giocano con aquiloni ed i bambini corrono lontano dai genitori senza preoccupazione.
In questo scenario di una normale giornata di spiaggia argentina, si insedia un ragazzo italiano di 25 anni, barbuto, armato di una moto color “vendo del gelato” e con indosso un equipaggiamento spaziale reso aggressivo dal nero che lo colora interamente.
Il ragazzo solleva il casco sulle tempie, mostrando alle ragazze il barbuto sorriso e sfoggiando una gioia mai provata.
Adocchia delle chicas a prendere il sole, rallenta con la scusa di una fotografia, posa il piede sulla sabbia e dopo esso, anche la moto che, rovinosamente ed in moto assai goffo, si infossa nella sabbia e cade trascinando il ragazzo con se.
Che enorme figura di merda – penso, mentre mi rialzo e cerco invano di rialzare la moto
Corrono in mio soccorso (non senza prendersi quei due minuti per ridere di me) 4 ragazzi del posto.
Li ringrazio e quando tornaro sotto l’ombrellone da dove sono venuti, mi invitano a bere con loro.
Ovviamente accetto.
Che cosa di meglio se non una piacevole conversazione con i locali al mare, dopo che hai reso noto a tutti che sei un pessimo motociclista e che, senza l’aiuto di chi si gustava la tua figura di merda, saresti ancora lì a smadonnare in attesa di trovare un modo per sollevare la moto da terra.
Così facciamo le presentazioni.
La casa offre Coca-Cola in un bicchiere di platica blu.
Mi tolgo la giacca, stivali e pantaloni.
Mi sento più umano quando non indosso l’armatura.
Sediamo all’ombra di una macchina parcheggiata sulla spiaggia. Parliamo delle loro vite. Di quello che fanno. Dei figli che hanno. Del modo di mangiare, di vivere qui, di sentirtisi argentini.
C’é più cultura, storia, amore per la patria e scambio culturale in queste 4 chiacchiere in riva al mare con una bottiglia di coca-cola, che in tutti quei attimi di TV informazione che sprechiamo tanto tempo a guardare.
Mi chiedono del viaggio, della moto, dei soldi, del tempo, della famiglia.
Gli parlo senza negare la fortuna di essere europeo in argentina. Dei benefici della valuta e delle opportunità di lavoro che esistono nel mondo.
Gli parlo con una semplicità che mi nasce spontanea, perché per me sapere cosa sono e chi sono queste persone, é un vero privilegio.
Non sto riposandomi dal troppo sole o dai troppi chilometri.
Sto conoscendo tutto ciò per cui sono partito 4 anni fa.
Il mondo.
Sono le 19, e per la famiglia é tempo di andare.
Domani si rientra a lavoro. Lavorano quasi tutti nel settore petrolifero, che é poi la risorsa più importante della regione.
8000 pesos al mese é uno stipendio medio qui, per un addetto nel settore petrolifero. La cosa assurda é che in Buenos Aires, 8000 pesos al mese ti rendono una persona ricca, ma qui l’affitto, il cibo ed il costo della vita é così alto ed in stretto rialzo con il salario, che 8000 pesos al mese non valgono più dei 1000 che puoi guadagnare nella capitale.
Loro lo sanno e lo raccontano con tranquillità.
Fintanto la famiglia é unita e c’é salute, il resto non conta. O almeno non così tanto come fa in altri paesi.
Forse il nostro é uno di quelli che ricerca più l’agio che non la stabilità.
Non lo so…
Ci salutiamo con un abbraccio e tanti baci.
Come spiegatomi dai ragazzi, a pochi chilometri troverò il confine di provincia. Al mio arrivo vengo accolto in un ufficio dove mi viene chiesto che moto guido ed il numero di passaporto.
Non sono previsti costi, ma un minimo di interazione con gli ufficiali, é sempre un momento piacevole.
Da quanto viaggi? – mi chiede l’ufficiale che compila il mio foglio di ingresso
Gli dico che sono 4 anni e noto il suo sguardo cambiare, farsi serio e guardarmi con uno stupore misto all’imbarazzo.
Non so se l’ufficiale creda di trovarsi davanti ad un 25enne ricco sfondato o se stia cercando di leggermi in faccia un non so che di sarcastico con cui ammonire la mia confessione.
Lo interrompo mentre i suoi occhi mi fanno mille domande e gli dico che lavoro un po’, viaggio, lavoro un po’, viaggio…
Mi dice che posso andare e mi augura buona ruta.
Le spiagge da questo punto in poi si susseguono. Molte sono desolate, ma hanno un’invitante atmosfera che quasi mi convince a fermarmi per la notte.
Ma é ancora giorno, e fra la foto di un paesaggio e l’altro, giungo nella prima città della provincia, dove mi perdo.
Cerco la ruta 3, che si alterna ad un’altra ruta secondaria che porta all’interno dell’Argentina.
Quando ritrovo la ruta 3 sta facendo notte.
Il tempo di trovare un angolo in cui accamparmi e domattina sarà un altro giorno.
Come insegnatomi ieri dal vento nella Peninsula Valdes, devo accamparmi al riparo dal vento, o stasera non si mangia.
Così inizio la mia ricerca alle 22. Quasi al buio.
E mentre i camion si rarefanno sulla ruta 3 e la notte mi avvolte, il tempo passa e quasi mi spazientisco.
Quando trovo il mio angolo di pace e comincio a preparare l’angolo cottura per la cena, sono le 23:30.
Il mio momento “toilet” rivela che non ho più la diarrea e che mi sto riadattando ai litri di acqua impura che bevo durante i mesi di viaggio.
Mangio riso condito con una zuppa di verdure che mischio ad alta temperatura sul fornello.
Poi tappi nelle orecchie.
E buona notte.