26 Gennaio 2009
Risveglio stellare.
Il posto, al mattino, appare ancora più brutto di quello che sembrava ieri, di notte.
Sono carichissimo.
Forse la malinconia dalla partenza, l’amarezza dell’addio alle persone e sensazioni che avevo assaporato in Buenos Aires, si stanno attenuando e lo spirito del viaggio mi sta ricaricando.
Non che ci sia niente di nobile in questo, ma se non altro mi sento meglio.
Ti accorgi presto che un viaggio di migliaia di chilometri risulta molto meno lungo se lo affronti con lo stato d’animo adeguato.
Forse mi ci sono voluti 4 giorni per riscoprire questo entusiasmo, ma rieccomi qui.
La strada quindi prosegue velocemente, anche a 100 Km/h.
La moto cade da ferma, durante una sosta per foto, causa vento.
Io sbatto con la spalla sull’asfalto e seguo il mio andamento di caduta rotolando qualche metro lontano dalla moto.
Per rialzarla tiro un paio di madonne.
Sono in Patagonia, non mi sentono nemmeno i santi.
Però mi rialzo, con un nuovo paio di graffi sulla moto ed un sorriso ampio sulla faccia.
Mi sanguinano le labbra perché il vento di ieri me le ha seccate e se sbadiglio é la fine.
Così continuo, ostacolato dal vento che spinge forte contro di me ed inclina la moto di 20°. Il collo mi duole da morire, perché il vento me lo spinge sulla sinistra e tenere la testa dritta é uno sforzo disumano.
Specie se guidi controvento per tipo 4 ore.
Ma si ma si, continuiamo…
Il paesaggio intanto, fra dune di sabbia e lama e vento e tutto quello che rende questa parte di Patagonia un paesaggio lunare a tutti gli effetti, si estende senza limiti in tutte le direzioni.
L’apice dell’eccitazione lo raggiungo a Fitz Roy.
Entro nella stazione di servizio dopo un pieno benzina e noto dietro al banco che pone la cassa davanti all’ingresso, la foto del ragazzo che mi ha messo benzina con in spalla un felino bianco morto.
Fisso la foto facendo vari collegamenti e rimango pietrificato con aria eccitata.
La cassiera mi nota, mentre esito nel pagarla, attratto dalla foto e mi dice
Puma…
La fisso elettrizzato e le chiedo se veramente i puma abitino questa zona dell’Argentina.
Si, ce ne sono diversi. Sono bianchi, grandi 3-4 metri e a volte li troviamo morti sulla strada quando vengono investiti.
Questo l’abbiamo trovato qui davanti.
NON CI POSSO CREDEREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
STO ACCAMPANDOMI IN TENDA DA DUE NOTTI IN UNA REGIONE DI PUMA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
La signora ride e non capisce la mia eccitazione improvvisa. Pago e comincio a saltare qua e là di gioia, parlando mezzo italiano e mezzo castigliano. Chiedo a tutti dei puma, se li hanno visti, se sono pericolosi, se cacciano l’uomo.
Non spiego nemmeno ai presenti che dormivo in tenda in Siberia, casa degli orsi o sopra la Mongolia, casa delle tigri o in Malesia ed Indonesia, casa degli stessi.
Dormine in aree abitate da animali pericolosi é una cosa che mi elettrizza da morire.
Così faccio una foto alla foto e ringrazio i presenti per la buona notizia.
Fuori dalla cassa, arrivano due moto con 4 persone a bordo.
Sono cilindrate piccole, ma hanno un sacco di cose a seguito. Sono così di buonumore che mi intrattengo con i motociclisti dando il meglio del mio umorismo idiota. Loro mi invitano a sedermi e bere del mate e la conversazione verte sugli aspetti del mio viaggio e sulle mete da raggiungere in Argentina.
Io non porto guide proprio per questo motivo.
Vado con il vento. Se una persona che mi appare simpatica mi consiglia un posto da visitare, molto probabilmente lo visiterò.
I motociclisti partono che io ancora devo controllare l’olio e così, nell’attesa, mi giunge all’orecchio l’accento inglese di 4 canadesi.
Hanno 50 anni e sono due coppie.
Le battute e la conversazione che si instaura, visto che nessun’altro a parte noi parla inglese, verte su un sarcasmo sessuale e molto poco formale.
Le donne sono affascinate dalla mia spudoratezza e le invito più volte ad ospitarmi a casa loro in Canada, una volta sarà arrivato così a nord del mio Tour.
Fai in modo di essere single per quella data – commento mentre se ne vanno con un sorriso.
Il marito mi aveva chiesto pochi minuti prima cosa rappresentassero le cicatrici metalliche che riportano le carene della mia moto.
Visto che il tema ironico della conversazione era sessuale, gli abbozzo lì che tutte quelle tacche sono il numero di canadesi che mi sono portato a letto.
Più che viaggio più che mi dicono che gli italiani sono i migliori amanti del mondo. Non posso tirarmi indietro – gli dico con un sorriso.
Mi dice che farebbe lo stesso al posto mio e raggiunge la moglie e l’altra coppia in auto, salutandomi ed augurandomi buon viaggio.
La strada prosegue.
Durante le soste si accumulano la quantità di sorrisi, di domande dei presenti che scrutano la moto e siedono accanto a me per scambiare due parole.
Sei italiano? Davvero? – e poi proseguono raccontandomi storie del passato generazionali.
Così sediamo al sole, mentre sfamo un gallo il mio pane, un gatto con una scatoletta di tonno e mentre mi taglio fette abbondanti ed imperfette di salame.
Uso il coltello di Davide e mi rendo conto che mi manca passare il mio tempo con lui.
Mi manca parlargli di viaggi e illudermi di aver trovato un valido compagno di viaggio per la prima volta.
Il paesaggio lunare della Patagonia sembra non avere limiti e dopo ore di viaggio, mi rendo conto di aver soltanto da poco varcato la metà della tratta che mi separa da Ushuaia.
Perché diavolo poi sto andando ad Ushuaia? - mi chiedo ad un certo punto.
La fine del mondo deve essere una buona scusa per iniziare un tour che mi porterà all’estremo nord, in Alaska.
Così smetto di pensarci, ma mi incuriosisce la dinamica secondo la quale mi sono diretto al sud senza nemmeno chiedermi perché, come se l’unica destinazione plausibile per un tour del genere fosse quella.
Guido guido guido e guido e ad un certo punto ho come la sensazione di addormentarmi in sella alla moto.
Rischio varie volte di uscire di corsia per un improvviso battito d’occhi troppo lento e così, fermo nella città che segue, decido di fermarmi per un riposino.
La zona é molto bella.
La città é silenziosa, isolata, ma sembra avere un centro storico attrezzato all’accoglienza di centinaia di persone.
Le strade sono pulite, i giochi per i bambini sono nuovi e tenuti in buono stato.
Le aiuole sono curate e verdi.
Trovo tutte le persone pochi isolati lontani dal centro, a bagno del fiume che ricade in mare con un paio di piccole cascate.
La riva é verde e soffice, su un manto di piante marine terrestri (non so spiegarlo meglio di così).
Mi sdraio con gli occhi dei presenti addosso.
Ho salutato tutti, ma mi sono scelto un angolo appartato.
Mi addormento e mi risveglio alle 16:30, pronto per ripartire e portare a termine la tappa di oggi.
Subito fuori dalla città mi incontro con questo viaggiatori in bicicletta. E’ Argentino e non ci metto molto a ricordare a me stesso che a guidare una moto nel mondo, non c’é proprio niente di speciale.
L’unico sforzo fisico che mi é richiesto é ruotare il polso destro e fare benzina. Tutto il resto di quello che faccio, é la stessa cosa che fa un viaggiatore in bici, escluso il fatto che io non pedalo per ore.
Lui si.
Ecco perché considero il viaggio in bici il più nobile di tutti.
E sono contento di aver fatto un’esperienza simile nel 2002, in Italia.
Deve essere bellissimo girare il mondo in bicicletta. L’impatto con la strada, se stessi ed il mondo é molto più lento ed umano.
Meno macchina. Più anima.
Più muscoli, se vogliamo. Determinazione.
Poche ore dopo inizia a piovere. Sono le 18 e sono in riserva da diversi chilometri.
Nella mappa che ho comprato non sono segnalate le stazioni di servizio sparse per la ruta 3 e così mi auguro che lo stabilimento che mi appare in lontananza abbia della benzina in vendita.
Scopro con mio sconforto che non ne vendono e che la prossima stazione non é altro che nella città che segue, a 130 km di distanza.
Rio Gallegos.
Ho 10 litri extra nelle taniche, sono alla fine della riserva e so che la moto, a differenza del 2005, con 10 litri copre si e no 90-100 km.
Causa vento a sfavore.
Così tolgo il filtro dell’aria.
Metto i 10 litri di benzina e parto.
Passo medio 90 km/h a 4500 giri al minuto.
Arrivo in città a notte fonda. Con il freddo. Le mani e la faccia congelata.
E scopro che ho già coperto 135 km e che il serbatoio é ancora a metà.
E così penso:
Questa cosa la devo scrivere ai lettori sul blog. Devono sapere che é ancora il filtro dell’aria la CAUSA DI QUESTI MALEDETTI CONSUMI!!!!!!
Faccio benzina e mi siedo per qualche minuto al caldo della stazione di servizio.
Pochi minuti dopo mi avventuro in città e piazzo la mia tenda in un campo a 11 km oltre essa, abbastanza vicino per ritornare l’indomani e cercare un modo per prelevare dei contanti.
Ma le operazioni di spurgo che ti dicevo le hai fatte o no? Comunque la tua moto è posseduta dal diavolo, non c’è altra spiegazione.
Buona strada e… in bocca al puma!
Del carburatore?
Si, ho ancora pulito il serbatoio…
I carburatori sì ed il serbatoio no? Sarebbe stato meglio il contrario, perchè così se usi la riserva ti si risporca tutto di nuovo. E mi sembra che la riserva l’hai usata.
No no, ho pulito tutto….
Sono così di buonumore che mi intrattengo con i motociclisti dando il meglio del mio umorismo idiota: ti amo come un nano. mano. guano. caverna! che c’entra! mantra!
ahahahahahhahahha
sono ornello
sono un ex fotomodello
mangio solo germogli di soia
vivo sotto ad una tettoia
dormo sopra ad una stuoia
mio padre é di Pistoia
mia madre fa la SARTA!