Esiste il caso? La fortuna? E le coincidenze, quelle, esistono?
Esiste Dio? E l’amore di Cristo? La fede è un illusione che rafforza od un limite che istiga alla debolezza?
Mi sveglio con il suono di tromba e tamburo di alcuni bambini. Quello in cui mi sono accampato ieri notte era veramente un campo da calcio e l’edificio che gli fa da guardia, non è una biglietteria, ma una scuola media.
Così impacchetto le mie cose dalla breve distanza che mi separa dalla valanga di bambini che marciano nel campo. Alcuni mi notano, ma non dicono niente. Altri sono troppo impegnati nelle proprie danze per distogliere gli occhi e le orecchie dai comandi del maestro.
Una signora mi passa accanto, la saluto. Si spaventa.
Bevo un po’ di yogurt alla fragola che mi è avanzato da ieri, penso seduto fra la lampo della tenda e l’erba, poggiando i piedi sul manto bagnato del prato.
Ritorno in città per prelevare i miei abiti puliti. Pago. Annuso la busta e mi sale un sorriso. I panni puliti però prendono sempre più volume di quelli sporchi ed ecco che nella borsa laterale già non entra niente…
Sono connesso per meno di 45 minuti da un internet point, con la strana sensazione di non sapere che fare del mio tempo, che già dovrebbe consumarsi nel cammino di 110 km che porta ad Ixiamas.
Ho finito tutto quello che ho da fare eppure sono ancora qui.
Tutto ciò che mi tiene qui è una sorta di esitazione, come se non fosse il memento giusto di andarmene.
Ma da cosa?
Passano pochi minuti davanti al pc che riporta qualche riposta email ai messaggi che ho scritto ieri. La Newsletter 6/09 non sembra essere piaciuta ed un utente mi ha fatto notare più volte quel lato di me di cui spesso mi pento.
Ne avevo parlato con Mino su skype e adesso risuccede. Mi sento turbato…
Dove sta l’italiano? – urla qualcuno…
Eh? – faccio io voltandomi
E’ una coppia di backpacker italiani. Ci presentiamo e ci abbracciamo. Pago il mio internet e penso di aver trovato la risposta alla mia esitazione. Sarà una casualità che mi ritrovi a conversare con una coppia che si dedica al tipo di “viaggio” che vado spesso criticando nei miei post.
Non ci parliamo come fossimo in guerra, solo perché abbiamo scelto stili di viaggio diversi, ma nutro la forse sensazione di raccontarmi per quello che penso e quello che scrivo.
E’ proprio un caso avervi incontrato adesso – dico – stavo litigando con alcuni miei lettori proprio adesso ed avrei voglia di condividere alcune cose con voi
Così gli dico che sono uno che ama fare le sue provocazioni, semplicemente perché parlo di qualcosa che faccio da una vita e che ho la presunzione di conoscere bene: Il Viaggio.
Spiegaci – fanno loro
Beh, entrando nella mia home page, la prima cosa che leggete é: “Il Viaggiatore sta al turista, come un uomo che seduce una donna sta ad uno che paga una puttana.
AHahhahahahhahaahhahah
Alla fine, dopo aver parlato, ci diamo appuntamento alle 13:30 per un pranzo assieme.
Per l’appunto non ho programmi e penso che rimarrò qui per la notte, così passiamo un po’ di tempo assieme durante il pranzo, vi va?
Dai, perché no…
Sono di Roma e lavorano con i bambini che hanno problemi mentali o fisici. Sono una coppia sulla 35 ina, prossima al matrimonio. Quando chiedo la situazione politica in Italia, ricevo in risposta la stessa espressione pagliaccesca di chi sdrammatizza qualcosa su cui è meglio non proferir parola. Ci vuole coraggio a vivere in Italia, nella situazione che c’è. Il mio Viaggio, in confronto, è una passeggiata di salute!
Allora ci vediamo dopo. Intanto vado a far controllare la ruota posteriore. Temo sia bucata di nuovo.
Così arrivo dal gommaio che mi chiede 7 bolivianos per la riparazione. Oppure posso comprare una camera d’aria nuova.
Smonto la ruota, la consegno al ragazzo che smonta la camera d’aria, controlliamo il taglio e decido di comprarne una nuova. In quel mentre arriva un ragazzo su una camionetta. Chiede il costo per una vulcanizzazione ad una delle ruote ed inizia a fissare la mia moto, girandoci attorno.
Sapresti dirmi se è possibile attraversare in moto Colombia e Panama? – mi chiede
Si, puoi farlo in vari modi, ma se hai abbastanza soldi da spendere puoi imbarcarti su una navetta turistica che in 5 giorni ti porta dove vuoi. Sono 500 euro, credo…
Di dove sei?
Italia, tu?
Messico, ma ho vissuto negli Usa
Così io e Jeri, cominciamo a parlare in inglese di moto, poi di viaggi, poi di quello che facciamo, poi di quello che cerchiamo e la conversazione segue a bordo del suo furgone, dopo che si offre di accompagnarmi in città per comprare una nuova camera d’aria.
Sono qui da 3 anni, come volontario in un orfanotrofio cristiano
Parliamo durante il tragitto ed imparo per la prima volta che cattolici e cristiani non sono la stessa cosa. Jery mi chiede con un sorriso divertito se sto scherzando o no.
No, dico davvero. Molti dei miei familiari erano cattolici, ma io credevo che i cristiani predicassero la stessa bibbia.
Così apprendo del sabato santo dei cristiani, della domenica santa dei cattolici. E delle varie interpretazioni. Jery mi parla degli Avventisti, di cui fa parte la comunità cristiana che lavora nell’orfanotrofio.
Al nostro ritorno, quando la camera d’aria da 40 bolivianos è in mano del gommaio che la rimonta, io e Jery sediamo concentratissimi uno nella storia dell’altro, cercando di capire più sulle nostre vite.
Credi in Dio? – mi chiede
Non so Jery. Sono stato cresciuto da genitori che credevano in fedi diverse e per me il semplice appartenere ad una religione piuttosto che ad un altra, ha sempre rappresentato un motivo di disappunto o di attrito verso una delle parti della mia famiglia. Sai, i miei non vivevano assieme, quindi era facile notare le divergenze fra le due parti.
Immagino che il mio viaggio mi abbia portato ad avvicinarmi a credo diversi e totalmente opposti gli dagli altri, ma non ho mai scelto un Dio o un credo. Ho sempre seguito il mio istinto e cercato di rivedere i miei valori qualora nuocessero a qualcuno.
Jery invece mi racconta di una vita dedicata alle cose mondane che distruggono l’anima. Mi racconta del suo passato nella droga, nel crimine, nella violenza, nella fornicazione. Mi dice che quando ha trovato Dio, la sua vita è cambiata ed ha ritrovato se stesso e che adesso, invece di essere un disperato nel mondo civile, serve il signore ed i bisognosi in Bolivia, dove ce n’è più bisogno.
Ed in quel momento, come mi è capitato altre volte, ho trovato dentro di me uno spazio infinito chiamato egoismo.
E paura.
Paura di scegliere, se ce n’è veramente bisogno.
Jery mi invita a conoscerlo e conoscere l’orfanotrofio. Si chiama Familia Feliz ed è al km 13, proprio lì dove ieri mi ero impantanato con la moto.
In una delle foto di ieri si vede pure l’insegna di Familia Feliz.
Gli stringo la mano, lo guardo negli occhi e per un attimo sento che quando gli rispondo “sicuramente, ci vediamo dopo” lo penso davvero!
Così adesso si apre per me una nuova porta. Conoscere Dio, conoscere il mondo. Conoscere il bene, accettare il male. Aiutare il prossimo, aiutare me stesso. Ritrovarmi, perdermi.
Mi fermo qui.