28 Dicembre 2008
Mi sveglio tardissimo.
Ho premuto i tappi nelle orecchie così a fondo che non ho sentito nessun rumore. Niente di niente…
L’idea era quella di farmi fare un massaggio Shiatsu da Sofia, ma adesso ho solo voglia di parlare e di ascoltarla.
Sediamo di nuovo al tavolo, con la colazione/pranzo servita.
In realtà io non ho fame.
Parliamo di quelle che sono le mie impressioni di uomo su una o più potenziali donne a cui mi sono interessato alla festa di ieri sera.
Le dico che non amo più le feste come quella. Dal mio punto di vista servono solo per intossicarsi le orecchie di musica a volume troppo alto, per ubriacarsi, drogarsi e familiarizzare con le proprie insicurezze interpersonali facendosi guidare dall’ebbrezza delle cose con cui abbiamo alterato il nostro corpo.
Immagina la stanza di ieri sera senza musica, con la luca accesa a tutto e senza alcolici da bere.
Cosa avresti ottenuto?
Un insieme di persone ferme, ai lati della stanza che esitano e cercano la porta per andarsene.
Ecco perché detesto quel genere di feste. Perché sono concepite e create per mettere assieme persone e quei 4 elementi su cui si basa il divertimento odierno.
Rumore, droga, alcool e superficialità.
A me piacciono le situazioni, dico a Sofia. Specialmente quando si tratta di conoscere una donna. Non mi piace dovermi affidare ad una festa per entrare fra le gambe di una donna.
Quando una donna é ubriaca, ci riesce anche mio nonno.
La situazione invece si fa interessante quando non ti aspetti che accada.
Al supermercato, alla fermata dell’autobus, in biblioteca. Le persone non sono lì con l’aspettativa di incontrare qualcuno e non sono alterati da qualcosa che hanno bevuto o ingerito.
In un certo senso, se ti danno il numero di telefono, puoi stare certo che il giorno dopo non si scorderanno chi eri.
Nicole l’ho conosciuta a fare la spesa.
In realtà é la sua amica che ho cercato di invitare a cena e poi a cena da lei ho conosciuto Nicole.
Joanna l’ho conosciuta al Karaoke. Dopo che ho cantato si é alzata e si é venuta a sedere al mio tavolo. Due sere dopo era nuda appoggiata all’armadio di camera sua con la mia testa fra le gambe…
Beth l’ho conosciuta al Karaoke a Christchurch. Mentre salivo sullo stage per la seconda volta, mi ha sculacciato il sedere.
Sofia mi ascolta e sorride. E’ elettrizzata dalle mie storie. Quasi eccitata.
Continuo dicendo che quello che mi avvicina ad una donna sia la possibilità di parlare, di mettere in condivisione quello che sono, quello che provo e quello che é la persona che ho davanti.
Non si può entrare nel corpo di una donna e poi non desiderare che tipo di persona quella donna sia.
Non si può leccarsi la pelle, i genitali e trasformarsi in animali senza concedersi il piacere di parlare con quella persona dopo che la passione é stata consumata.
Senza maschere, senza pregiudizi.
Privarsene é come mangiare un piatto etnico e non chiedere come si chiami. O con cosa sia preparato.
Le parole ci tengono assieme ancora per un paio d’ore.
Poi però si sta facendo tardi e sento come il bisogno di tornare a Lomas da Rosa per riprendere un po’ i contatti.
Passo a salutare Orasc e Lucas, ma sono ancora a dormire (sono le 17, da notare).
Così mi incammino per la stazione e, come per magia, appena esco in centro, mi appare l’autobus da prendere proprio davanti.
Non devo nemmeno aspettare. Ci salgo sopra e un’ora dopo sono a Lomas.
Saluto tutti e racconto un po’ di quello che ho fatto in questi giorni.
C’é sempre un’aria di ospitalità in questa casa…
Che bello.