23 Marzo 2013
Cerchio alla testa per la sbronza di ieri sera. Io non ho voglia di alzarmi e Diana posticipa le cose che ha da fare per evitare la mia ovvia incazzatura con lo stato d’animo che il cerchio alla testa mi causa. Per cui mi sveglio tardi io e lei è di fretta. Vorrei fare una doccia, fare colazione con lei, ma non è aria per cui mi preparo, scendo alla moto e abbraccio Diana che se ne va a fare le cose che ha da fare, mentre io rimonto la moto di ogni cosa che avevo portato dentro casa e una volta pronto, me ne vado.
Non è il migliore dei saluti, ma non è nemmeno una buona ragione per non essere amici. E’ solo capitato di fretta, tutto qui.
Se ieri ero contento di perdermi per San Francisco, oggi non riesco ad uscire e passo un’ora andando avanti ed indietro da tutte le parti fino a che trovo sto benedetto Golden Gate sopra il quale voglia passare per fare una foto e continuare verso nord. Ho visto un sacco di mare ieri ed anche se il cartello che mi riporta sulla 1 è davanti a me, lo ignoro e vado per la 101 che è più simile ad una autostrada. Non c’è il mare, ma non sono nemmeno in veda di vederlo tutti i giorni fino al mio ingresso in Canada.
Sono un po’ incazzato, si nota?
Capita…
Devo aspettare di trovarmi nel mezzo di una distesa di sequoie gigantesche per dimenticarmi tutto in un istante. E ragazzi, i boschi del RedWoods sono qualcosa si spettacolare! Troppo belli! Per cui la meraviglia manda via il mal umore ed un caffè ed un panino mandano via il cerchio alla testa, mentre il calduccio di San Francisco si fa un po’ desiderare ed io metto già un paio di calzini in più ed anche gli interni della moto, già che è freddo!
Ed anche se è tardi ed ho pensato tutta la giornata a rimuginare il perchè dei perchè della vita, con questi boschi surreali e le ombre fantastiche e misteriose e le casette costruite dentro ai tronchi posso dire di aver ritrovato la serenità. Per cui abbastanza infreddolito e con il sole ormai calato dietro di me vado a are l’ultimo piano della giornata e cerco un posto dove dormire, che non trovo.
Arrivo in un camping dove ci metto 20 minuti per capire che devo fare il mio ingresso e pagare in una busta da mettere in una fessura dentro una porta. Un gioco di fiducia verso il cliente che in Sud America e Centro America ti puoi scordare. Per cui pago i miei 25 dollari, scelgo una piazzetta, mi faccio una doccia e cerco di usare il computer nella cucina all’aperto messa a disposizione per noi in tenda, finché la temperatura non mi gela le mani e sono costretto a infilarmi in tenda e dormire.
Non ho nemmeno cenato, ma avevo 4 biscotti avanzati da quel primo giorno di campeggio e me li faccio bastare.