26 Gennaio 2013
L’internet day con notte in ostello sta cominciando a diventare una piacevole routine.
Normalmente avviene dal venerdì sera alla domenica mattina, quando faccio il checkout e riparto in moto verso nuove destinazioni. Cerco di scegliere città importanti o paesini turistici altrimenti non trovo niente di quello che mi serve: internet, un ostello con parcheggio, una lavanderia, ricambi per la moto ecc ecc.
Questa terza settimana la corono in Quito, capitale dell’Ecuador nella quale sono arrivato ieri tardissimo ed ho trovato una stanza grandissima con bagno privato, internet, colazione e parcheggio nell’ostello Mia Delizia nel centro storico della città. E’ una bella zona e, anche se ho un sacco di cose da scrivere e due video ed un video da fare, approfitto del pranzo per andarmi a girare le piazze ed il centro convinto che troverò qualcosa di interessante da immortalare.
Non faccio Couchsurfing durante il mio internet day perchè ho bisogno di stare per gli affari miei a fare quello che serve a me. Chiedere ospitalità per poi starmene davanti al computer mi sembra maleducazione e poi così ho la stanza tutta per me, le chiave e posso entrare ed uscire quando mi pare. Per 25 dollari non è male, anche se alla fine anche con Couchsurfing è necessario dare un piccola parte per ringraziare (comprare da mangiare, aiutare in casa ecc ecc.) Non potendo e non volendo disporre di quel tempo da dedicare al mio CS host ho preferito la stanza dell’ostello che, già dalla terza settimana consecutiva, sembra essere la forma migliore di spendere questo giorno davanti al pc e mettendo mano alla moto per eventuali problemi.
Inizio proprio da lei, verificando da dove diavolo viene il rumore alla catena e quel ticchetìo irritante. Metto la moto sul cavalletto centrale, la spoglio delle valigie ed inizio ad ispezionarla. Quando cerco di togliere la ruota posteriore per vedere se uno dei cuscinetti a sfera si è sfasciato (causando il ticchetìo) mi rendo conto che l’asse di mezzo della ruota è durissima da sfilare. Risolvo con calci sulla ruota, martello sulle viti di regolazione e una abbondante dose di DW40. Quando l’asse esce vedo che è sporca di fango, un po’ arrugginita, ma che i cuscinetti sono intatti. Passo quindi a pulire il tutto, ingrassare bene e do una controllatina anche al pignone e la placca di fissaggio. Tutto ok, anche se adesso il pignone non ha più il locktite rosso e quindi si muove sul millerighe come nulla fosse.
Rimonto tutto, metto su le borse, la catena è pulita ed lubrificata e la regolo un po’ più lenta del normale. Vedrò domani come si comporta il solito rumorino dei miei stivali.
Torno alla mia stanza e continuo con la stesura del diario di viaggio della terza settimana e quando la fame chiama vado nel centro storico a fare due passi. Ci sono un sacco di persone ed un sacco di piazze gremite di gente attorno a diverse esposizioni. Uno di fotografia culturale, uno con il modello del nuovo progetto della metropolitana e nell’altra piazza c’è uno stand turistico che da informazioni. Scopro una caffetteria che fa il mokaccino (rarissimo da queste parti) e me lo memorizzo per passarci dopo. Cerco e ricerco un ristorantino non troppo caro che serve un pranzo decente ed alla fine ne trovo uno che per 3 dollari mi fa mangiare bene, ma con quantità minime. Il cartello diceva anche che davano il dessert per cui chiedo al gestore.
Si signore, il dessert è sul suo tavolo.
E noto che assieme al primo ed al secondo mi avevano lasciato una scodellina bianca con dentro un ritz. Lo prendo in mano e mi accorgo che sono due ritz uniti assieme da un filo di nutella. Lo metto in bocca e penso “alla faccia del dessert”.
Torno all’ostello senza dimenticare la caffetteria dove mi faccio servire un mokaccino enorme con una fetta di torta chiamata “delirio”. Oggi sono in vena di trattarmi bene. Il mokaccino è buono, ma la torta p dolcissima. Un diabetico potrebbe morire alla seconda forchettata.
Pago, lascio la mancia e torno all’ostello per continuare da dove ho lasciato e rimango lì fino alle 21:00 quando lo stomaco comincia a far valere i suoi diritti. Mi avevano parlato di una vita turistica che serve cibo anche di notte, quando il centro storico è tutto chiuso. Non potendo optare per niente di più a mano cammino fino a dove mi avevano detto e trovo una viuzza stretta fra le due mura di un lunga serie di case con balconcino e una orgia di persone, locali e no, tutte ben rivestite che mangiano e comprano e parlano e camminano e fanno foto e tutte quelle cose lì. Mi guardo addosso e me la rido perchè sono l’antitesi del turista o dell’ecuadoriano borghese. Ho le scarpette aperte senza calzini, pantaloni di cotone non stirati e di una taglia più grande, una maglietta sudaticcia, mani con unghie lunghissime e nere, capelli spettinati, una barba di due settimane e se alzo un braccio sai anche che non mi sono fatto la doccia stamattina.
Ci metto un monte per trovare un ristorante che faccia la carne che ho voglia di mangiare al prezzo che ho voglia di pagare, ma alla fine trovo un posto al secondo piano, quasi vuoto dove celebro il mio appetito e la serenità nel presentarsi così come sono messo e passare inosservato. Le empanadas che mi servono, il vino cileno e la carne soprattutto sono deliziose. Al secondo vaso di vino a stomaco vuoto la carne scende più lentamente ed i sapori si accentuano, le luci attorno si fanno più dense e sulla faccia mi si stampa un sorrisetto da bimbo contento. Faccio due chiacchiere con il gestore che ha una faccia strana, come se davanti a sé avesse un personaggio inaspettato. Poi chissà a decifrarlo bene magari stava pensando se uno vestito nel mio modo avesse i soldi per pagarla, quella cena.
Torno all’ostello sazio, ebrio e contento e mi metto giù a finire il diario di viaggio, ma rimando l’editing del video perchè oggi mi sono svegliato prestissimo e domani voglio partire riposato.
Notte