Me la dormo beatamente.
In un posto così non ci sono pericoli, non ci sono rischi, non ci sono avvicinamenti inopportuni dei passanti, furti, rumori…
C’è solo il sole che assieme all’acqua risveglia le mie palpebre ed il mio udito. Esco dalla tenda rigenerato. Ed i ragazzi di ieri sono già scesi al lago per lavorare e darmi il buon giorno. Non mi lasciano andare se prima non prendo un caffè con loro. Così lo prendo, poi ci si saluta, ci si da la mano e ci si scambiano gli indirizzi email.
Regalo 10 dei miei adesivi ai bambini di ieri sperando possano rimanere in contatto con me in futuro, come è già successo anni fa’.
Poi ritorno in strada, faccio un pieno nel primo paesello e poi colazione in quello dopo, aspettando sia il momento buono per rimettersi in marcia e quando ho pagato il conto della colazione ho voglia solo di curve, pieghe e km.
La serata di ieri mi ha lasciato un profondo senso di tranquillità per cui avanzo senza fretta fino a Estelì per poi ritrovarmi, tutto d’un botto alla frontiera con l’Honduras. La ragazza che ho conosciuto in Ecuador e che mi ha disegnato una mappa dei paesi che avrei attraversato, annotandone le parti belle e quelle da evitare, mi aveva detto che lei aveva odiato Honduras e che l’avrei odiato anche io, perchè la polizia ha la tendenza a fermare i motociclisti stranieri ad ogni posto di blocco per ripetere la trafila del controllo documenti e magari, se vogliono, chiedere qualche mancia di troppo.
Per cui, ancora prima di uscire dal Nicaragua mi metto in testa questa cosa:
Non mi fermerò a nessun posto di blocco!
Ma i problemi con Honduras iniziano molto prima…
Esco dal Nicaragua con un timbro ed un saluto ed, evitata la masnada di mocciosi che si offrono di aiutarmi a fare il procedimento doganale per l’Honduras, mi presento all’ufficio immigrazione per timbrare il passaporto, dopo il quale mi chiedono di pagare 70 lempiras. Io non ci capisco più un cazzo, ma possibile che tutti i paesi del centro America ti fanno pagare per il timbro sul passaporto. Non contenti mi dicono di pagare 50 dollari più fare varie fotocopie di tutti i mei documenti per rilasciare il permesso per la moto.
Mi stanno già tutti sul cazzo e comincia ad azzardare un atteggiamento controproducente da usare in dogana. Battute affilate, sarcasmo, faccia da culo e se non mi fanno problemi è solo un miracolo. Ma poi sono dentro, sfavato a 2000 ed avanzo con la mappa che mi hanno regalato. Guardo bene la forma dell’Honduras, mi faccio spazio fra l’enorme file di camion che intasano i km dopo la frontiera e sono in campo aperto. Mi fermo subito a riflettere con una bottiglia di te gelato in mano.
La mappa non dice molto sui km di strada, se siano sterrati o asfaltati, ma la strada principale va tutta attorno al paese portandomi ad est, poi nord, poi ovest e poi si richiude come un uovo da dove sono adesso, Las Manos.
Decido che vedrò il nord est prima di entrare in El Salvador altrimenti rischio di vedere 200 km di Honduras e basta ed uscire oggi stesso se voglio. El Salvador è qui a due passi.
Imbocco la strada che porta a Trujillo e avanzo con tranquillità, ammirando i boschi di conifere che non vedo da anni e che assomigliano all’Italia. Per un attimo resisto, rimuginando nella mia testa bacata l’episodio della dogana, ma quando le curve sinuose ricevono la luce del sole rarefatta dai pini e l’odore di conifere mi entrano nel casco trasportandomi come in un viaggio astrale sugli appennini toscani sono già contento come un bimbo.
Bellissimi alberi, questo ricordo di aver sentito dire dell’Honduras. Che a tutta prima mi sembrava un commento piuttosto bizzarro per descrivere un paese, ma adesso che vedo di cosa si tratta capisco al volo.
Così avanzo stravolto dal calore, ma a bocca aperta, mentre vedo posti troppo simili al Mugello e quelle curve dove sono cresciuto.
Le ore passano e visto che era pomeriggio il tramonto sta già macchiando il cielo di rosso. E che tramonto ragazzi. Da rimanere folgorati!
Intanto ho già passato 3 posti di blocco dove hanno cercato di fermarmi ma con la manina alzata in una saluto ingenuo e l’altra be stretta sull’acceleratore, ho tirato dritto a passo d’uomo e non mi ha fermato nessuno. Proprio prima che faccia notte, dopo un ponticino a pochi km fuori da una villaggio, scovo un fiumiciattolo con un prato e niente più. Arrivo fino al fiume prendendo un sentiero a una corsia e, visto che c’è una casa poco più avanti, mi avvicino a chiedere permesso. Il tipo seduto sul portico non ha la ben che minima idea di cosa gli sto chiedendo ma fra un gesto ed un grido mi spiega che la proprietà e della casa ancora più in là per cui mi allontano ed entro nel cortile di una fattoria.
Conosco il proprietario che ha la faccia radiante e curiosa e cammina con un bimbo di 5 anni. Il bimbo di chiama Daniel e ride mentre gli faccio le smorfie ed il padre mi dice che non ci sono problemi per dormire là però lui non me lo consiglia. Potrebbero arrivare persone pericolose, tagliarmi la testa e dio solo sa cos’altro. Stento a credere a queste parole che, molti altri contadini mi hanno detto prima di lui in tanti altri paesi per cui decido che dormirò lì comunque, ma prima sparisco con un grazie e me ne vado nel villaggio che ho passato in cerca di una cena.
Non trovo niente da portare in tenda per prepararmelo con il fornellino, ma davanti al posto di blocco che avevo ignorato pochi minuti prima, c’è una signora che gestisce una tavola calda. Mi siedo accanto ad un ragazzo che parla un americano perfetto e mi racconta di aver vissuto illegalmente negli USA per 15 anni e che adesso è dovuto tornare con la madre in Honduras. Mi dice che i tanti posti di blocco esistono perchè Honduras sta vivendo uno scandalo di sequestri di bambini che vengono uccisi per la vendita degli organi al mercato nero il che mi fa un po’ titubare sul luogo in cui andrò a dormire, ma essendo lui americano ed io molto diffidente sul modo americano di ingigantire le cose, converso con lui del più e del meno in attesa di chiedere conferma a qualcun’altro.
A distogliermi da tutta quella serie di dettagli ed eventuali rischi a cui mi sto sottoponendo questa notte ci pensa la carne buonissima che mi serve la signora. Chiedo addirittura il bis, mi fermo un po’ a conversare con i presenti ed i passanti e poi pago e vado a mettermi nei problemi. O almeno è quello che che spero non accadrà.
Entro rapidissimo nel sentiero che porta al ponte sperando nessuna delle case e tanto meno i veicoli di passaggio mi vedano, entro nella boscaglia, nascondo la moto, metto la tenda dietro un albero e aspetto.
Lo faccio sempre quando accampo in un posto di cui non sono sicuro. Aspetto per vedere cosa succede. Se ci sono rumori strani, animali strani, avvicinamenti indesiderati, persone, fruscii… Però sembra tutto ok e per sdrammatizzare vado a fare una cagata territoriale vicino al fiume e poi mi lavo viso, collo e denti.
C’è solo la luna che entra dentro la tenda attraverso la zanzariera ed i camion che passano rapidi sul ponticino a 200 metri da dove sono. Qualche rumore sospetto di animale che scappa rapidamente all’avvertire la mia presenza e poi prendo sonno.
frush, frush, frush
questi sono passi e si stanno avvicinando…
frush, FRUSH, FRUSH, FRUSH
cazzo sono davanti a me!
FRUSH…
e si fermano. in questi casi non dico niente. meglio fingere di essere addormentati che fare uno scandalo
HOLA!! Signore! Sta qui?
La voce è familiare… -Si, signore sono io, sono tornato, ero andato a cena e mi sono messo qui.
Ah si, venivo a vedere come stava, il vicino mi ha detto che l’ha sentito arrivare un’ora fa ed io ero in chiesa e tornando sono passato a salutarlo
Io ho già aperto la lampo e messo la testa fuori, con la torcia accesa
E’ venuto con i due figli che non badano per niente a quello che diciamo, piuttosto sono a bocca aperta con le torce in mano che sbavano davanti alla mia moto e fanno commenti. Il trio rimane un po’, faccio qualche battuta per sdrammatizzare e quando sono sereni anche loro per la mia incolumità se ne vanno dandomi la buona notte.
E a quel punto so che non mi taglieranno la testa o venderanno i miei organi per cui me la dormo beatamente.