27 Gennaio 2013
Mi sveglio di buon’ora motivatissimo ad andarmene presto, ma poi una cosa tira l’altra ed alla fine non sono in strada prima delle 11.
Voglio andare a vedere la Metà del Mondo che è il punto in cui Ecuador viene attraversato dalla linea dell’equatore ed è possibile visitare la “città della metà del mondo” con i suoi obelischi, ma anche dei fatto interessanti sul comportamento magnetico e cardinale della terra.
Non amo pagare per fare visite nei posti affollati da turisti, ma queste leggi fisiche della terra mi intrigano. Mi hanno detto che c’è un punto in cui mostrano come la linea dell’equatore intercettata sia il punto in cui l’acqua discende un orifizio in senso orario o antiorario. Addirittura se versata nell’orifizio direttamente sopra la linea dell’equatore non ci sarebbe rotazione alcuna. Poi mi hanno detto che c’è un posto con una linea sulla quale nessuno riesca a camminare dritto a causa del magnetismo presente in quella zona.
Figata.
Peccato che quando arrivo io non trovo niente di simile e così mi accontento di fare qualche foto a destra e a sinistra, includendo il museo di instetti ecuadoriani e subito dopo me ne vado.
E’ l’ultimo giorno in Ecuador e se tutto va bene dovrei entrare in Colombia prima che faccia buio. Nuovo paese, nuove paranoie. Speriamo non mi facciano storie perchè non ho la patente internazionale o l’assicurazione. In caso contrario ho in serba una idea, ma dovrò tornare in Ecuador e passarci una notte. Pranzo in un fast food di pollo fritto a pochi km dall’uscita da Quito, subito dopo essere tornato dalla metà del mondo. Parcheggio davanti ed i cassiere mi ricevono tutti sorridenti e amichevoli, chiedendo un paio di cose sulla moto e sul viaggio. Ordino una cosa simile ad un chicken nugget gigante che viene con patatine fritte e Coca-Cola. Non amo per niente la Coca-Cola, ma non hanno acqua per cui m’attacco.
Quando il vassoio è pronto noto con piacere che viene accompagnato da un paio di guanti mono forma di plastica, molto simili a quelli che usiamo noi in Italia per prelevare frutta e verdura dagli scaffali del supermercato. Mi guardo attorno e molti li usano su una sola mano, per non sporcarsi le dita e così decido di indossarli entrambi come un meccanico e mi lancio a sbranare il pollo certo che sotto i guanti le mani rimarranno pulite.
Finisco, saluto, controllo la catena e si, il rumore è sparito da stamattina. Ieri ho trovato li denti della corona ed i denti del pignone estremamente piegati e forzati per cui non mi resta che assumere, per l’ennesima volta, la colpa ed ammettere che la catena era troppo tirata ed i rumori venivano fuori dall’estrema tensione.
Contento per aver risolto il dilemma ma incapricciato con me stesso per questo ennesimo scazzo meccanico che proprio non mi spiego, imbocco l’autostrada che continua per Ibarra e la frontiera ed i km scorrono rapidi e lisci sul solito asfalto immacolato e le curve perfette. Ovviamente, adesso che sto uscendo dall’Ecuador, il paesaggio mi appare bellissimo e penso che è ingiusto. Tutti ‘sti km fatti nella selva in cerca dell’ispirazione ed eccola qui, che mi sventola davanti la sua bellezza 20 curva dalla dogana con la Colombia.
Faccio un pieno economico prima di uscire e quasi ci scappa la rissa con un coglione che mi si piazza davanti alla moto, nel senso opposto non permettendomi di uscire una volta pagato. Sono quei latini che ti rendono la vita difficile (e se la cercano) solo perchè tu sei lì a godertela e loro magari rinchiusi una routine che odiano. Non ci sono modi o classi od etichette per definirli, visto che in ogni paese queste persone abbondano e vengono in ogni lingua chiamate con il soprannome di teste di cazzo.
Esco dalla stazione di servizio incazzato, sgassando in prima e maledicendo tutti i buoni ecuadoriani conosciuti nei giorni passati per colpa di sto deficiente. Ma poi mi passa.
Arrivo alla dogana, è domenica, ho 45 minuti di luce solare e non c’è quasi nessuno. Scopro all’uscita dell’Ecuador che il poliziotto di La Balsa, non solo non mi aveva dato indietro metà del foglietto di immigrazione, ma non mi ha nemmeno inserito nel sistema come “turista entrato in Ecuador”. Pensando in un inconveniente capace di trattenermi in dogana per ore aspetto in silenzio e l’agente davanti a me dice:
Questi di La Balsa non inseriscono mai nessuno nel sistema….
Si – dico io – di fatto non mi ha nemmeno dato il foglietto di immigrazione.
Poi l’agente si rivolge al collega:
Un altro di La Balsa… io faccio l’entrata e tu l’uscita?
Ok – dice il collega.
Così mi ristampano una pagina del passaporto riducendo ulteriormente le pagine libere che avevo e me lo ristampano per l’uscita. Poi mi mandano alla dogana al lato per il foglio della moto, il tipo lo ritira e sono fuori dall’Ecuador.
Deglutisco, monto in moto, mi avvicino alla dogana Colombiana che sta proprio di fronte e salgo le scale. Il luogo è tutto spento, desolato, ma vedo una signora chiusa dietro al centro di uno sportello dell’immigrazione. La prima parte è solo per me come turista per cui le sorrido e sdrammatizzo:
Ma non c’è nessuno…
Ehehe, no anche perchè gli ecuadoriani entrano senza passaporto, di qui passano solo gli stranieri.
Ah….
Controlla il passaporto, lo stampa, lo firma, mi da 90 giorni e mi dice benvenuto in Colombia. Adesso la parte difficili: la Dogana. Dove faranno entrare la moto. Dato che l’ufficio e dietro l’angolo e che la moto è parcheggiata lontano, vado a piedi con i fogli in mano. Il doganiere mi dice che devo portare la moto davanti e che devo fare la fotocopia dei seguenti documenti:
Passaporto
Libretto moto
Patente (non specifica se internazionale o no)
Non menziona nemmeno l’assicurazione per cui mi convinco che stia andando tutto liscio. Al parcheggio mi dicono che non c’è energia elettrica per cui devo arrangiarmi. Ennesimo inconveniente che potrebbe farmi perdere tempo prezioso o magari dover tornare domani e fare retro front in Ecuador. Torno dal doganiere Colombiano con la faccia di pesce:
Guardi…. emmm…. mi hanno detto che non c’è luce nel quartiere per cui non so come farle le fotocopie.
Venga – si intromette un poliziotto – abbiamo un generatore le fotocopie gliele faccio io.
Ed è così che, fra un gesto gentile di uno, la partita della Colombia contro il Perù in tv e la moto che solleva sempre le stesse domande, il doganiere compila i fogli e me li rende firmati in men che non si dica senza chiedere per la patente internazionale né per l’assicurazione.
Benvenuto in Colombia!
E sono dentro! Primi 2 km a 200000000 km orari per esternare l’eccitazione e poi entro al primo paesino in cerca di una mappa e di un bancomat per prelevare i miei primi pesos colombiani. Trovo il bancomat, ma non torvo la mappa. Del resto è domenica. MI faccio un paio di giri nel paesino, ma poi decido che non voglio stare lì e che non ho ancora fare anche se sono le 19:00. Guiderà un pochino di notte e dopo cena vado ad accampare. E vediamo se ‘sta guerriglia esiste davvero!
Avanzo avanzo ed ho come l’impressione che il profilo montuoso, le strade piene di curve ed i tornanti stretti in discesa già diano un vago assaggio di quanto bello sarà guidare in questo paese. E’ notte, non vedo una mazza, ma si percepisce l’ampiezza della vallata e si sente l’acqua del fiume là in fondo.
CAZZOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!! BBBBBBBBBBBBBBBBBBIPPPPPP!!!! DOVE CAZZO VAI ACCIDENTI ALLA MAIALA DI TO MA QUELLA TROIA PORCA PUTTANA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Sono io che grido all’ennesima potenza al conducente di un bus che realizza una manovra di sorpasso repentina quando io già sono a metà strada per sorpassarlo. Mi vedo un bus venire addosso ad una velocità tale che tutto quello che posso fare è inchiodare con la ruota di dietro, pigiare il clacson e farmi a un lato più velocemente possibile sperando di non cadere nel fosso dove il bus mi sta spingendo.
Il tipo manco se ne accorge, avanza con me al fianco, sorpassa l’auto davanti a lui, si ributta dal suo lato e chi se ne frega. Così ancora tremante discendo a velocità costante fino a superare l’auto ed il bus, mi prendo il mio tempo, mi tiro su la manica della giacca, sollevo il dito medio con tutta la rabbia che ho e gli guido davanti per 30 secondi, in piedi sulle pedaline e con un VAFFANCULO FIGLIO DI PUTTANA stampato in faccio al conduttore che, minimo minimo, non sa nemmeno perchè ce lo sto mandando.
Si fotta il coglione! Quasi ci rimango…
Ed ecco che la vallata bella, le montagne alte, la luna piena, la notte fresca viene ad accartocciarsi mentre io continuo a discendere i tornanti tutto preoccupato di ritrovarmi con qualche bus appiccicato su una fiancata.
Trovo un ristorantino scarno al terzo tentativo e questo mi piace di più perchè è situato fuori dai villaggi, dove non ci sono ragazzi in motorino che vengono a fare la posta alla moto mentre io cerco di cenare. A servire invece, per mia fortuna, ci sono 3 ragazze colombiane della mia età accompagniate da una bambina di 12 alla quale chiedo di mostrarmi dove sia il bagno. Torno con le mani pulite e chiedo il piatto della casa ed un succo di frutta che vedo al tavolo davanti al mio. La ragazza che mi serve è carina ed anche gentile. Mangio bene e quel succo mi riempie la pancia da morire. Adesso quello che manca è la prova del nove. Accampare nel bosco e sperare di non fare la prima pagina domani nel quotidiano locale.
Non ci metto molto a scovare un viottolo sterrato ben spianato che sale di colpo ad un lato della montagna. E’ un via residenziale e ad ogni km trovo una casa di campagna a sinistra ed una a destra con le finestre accese e senza cancelli.
Se non gli rompono le palle a loro, non vedo perchè dovrebbero romperle a me, no?
Salgo ancora un po’ e dal viottolo principale parte una stradina più stretta, molto meno curata che scende un poco. Da lì a poche curve c’è uno slargo e così ad intuito sento che non è una vita transitata durante la domenica sera. Metto su la tenda, mi fermo ad ascoltare il vicinato ed i cani abbaiano ma sono lontanissimi mentre la luna piena accende il proprio riflesso nel fiume la in fondo e sull’ombra del crinale della montagna davanti ci sono 3 case lontane, con 3 finestre accese.
Nell’aria c’è serenità e, nonostante ciò che dica la gente, io qui non sento nessun timore esterno.
Buona notte.