Pessima pessima notte.
Mi sveglio di soprassalto varie volte, sento il rumore delle gomme di una moto vicino alla tenda, che avanza a motore acceso e pensando sia insolito controllo dalla zanzariera, ma vedo che è un contadino che semplicemente non voleva svegliarmi.
Sono sveglio ma rimango sdraiato stropicciandomi gli occhi e rendendomi conto solo ora che ho la sveglia accesa da 4 minuti che spara a tutto volume la canzone che uso come allarme. La spengo e rimango in attesa di un mio segno di vita e poi mi rendo conto che a due cm dalla tenda ci sono rumori di sussurrii, strofinio di passi leggeri sulla ghiaia e rumore di buste di plastica. Risollevo la testa e sbircio il lato sinistro della tenda spiaccicando la mia faccia sulla zanzariera e scopro che sto dormendo alla fermata del pulmino della scuola e che ci sono tre bambini seduti su un sacco che parlano a bassa voce, tutti vestiti con l’uniforme e che presto arriverà il bus che li porta a scuola.
Più che mettermi a rischio io devo aver fatto prendere un bel colpo agli abitanti di qui.
Ed ovviamente anche durante ‘sta ennesima notte a campeggio libero la guerriglia non si è fatta viva. Scendo in strada in un attimo e proseguo a poca velocità in cerca di un posto decente dove fare colazione e sciacquarmi la faccia perchè il calore che aumenta e le notti insonni dentro la tenda afosa mi hanno messo in condizioni scandalose e sembro un senza tetto. Parcheggio davanti ad un centro di tavole calde destinato a bus turistici e camion, stanno appena aprendo e vedo che il parcheggio davanti ai tavoli è perfettamente piano per cui ci lascio moto per fare il controllo olio dopo colazione.
Ordino uova, pane e caffè e mi chiudo in bagno con il mio borsello da bagno. Mi lavo la faccia, il collo, le braccia la testa, i capelli, i denti tutto! E già mi sento meglio, meno appiccicoso, più sveglio e comincio a mangiare godendomi quello che ho attorno.
E mentre una canzone ad uno strumenti ed una voce irrompe nell’aria spargendosi fra i tavoli, le sedie, le cucine e nei dintorni la scena che ho davanti è bella e autentica come quella di un film e dietro alla cannuccia del mio grande vaso di frullato di mele lo ammiro soddisfatto. E le signore camminano contente fra un posto e l’altro, vestite con le loro uniformi, tutte grassocce e con i sorrisi dipinti da un rosso rossetto aspettano il cliente preferito, si truccano davanti agli specchi e c’è chi prepara un caffè, chi sposta una sedia, chi fa un frullato, chi conversa con il cliente appena arrivato e gli sorride con una certa rotonda eleganza.
E la voce del cantante alla radio è allegra e cantilena una gioiosa ballata stile cubano e si sente la chitarra ed ogni tanto un tamburello e scende da un camion un camionista giovane e una delle cameriere gli va incontro con un sorriso malizioso, e mentre lui appoggia la sua mascolinità su una sedia lei si siede con lui e prende il suo ordine e l’ordine diventa una chiacchierata a bassa voce.
Che spettacolo!
Pago, controllo l’olio della moto e continuo il mio viaggio, ora contento, ora arricchito di uno squarcio di vita vera in più e adesso so come si sorride in questo paesino della Colombia e so come sono le colazioni dei camionisti e come si corteggiano le persone che vivono qui. E la strada scende e scende ed io ho già dimenticato la pessima notte passata. E poi sale e sale e ci sono le curve ed arrivo a Medellin. E proprio mentre penso che ho fatto un sacco di strada e mi merito un caffè mi ricordo che il traffico di Cali mi aveva fatto perdere un sacco di tempo per cui tiro a dritto. E la strada sale di nuovo e mi perdo e poi mi ritrovo e chiedo in giro e che bello non avere un GPS che ti dice qual’è la forma più facile di non parlare con nessuno e rimanere dentro al tuo casco come un fesso. E trovo una stradina che dice “alla costa atlantica” e questo è quello che mi basta. Sulla strada che sale c’è una casa e quella casa è un’osteria e lì prendo un caffè ed un gelato e posso continuare felice almeno fino all’ora di pranzo.
La zona però è piena di traffico e le curve e le pendenze generare un rallentamento generale in tutti i km a seguire e quando arrivo sul picco della montagna e la strada comincia a scendere fino alla costa, per centinaia di km e km il manto stradale è un schifezza e comincia a spazientirmi. O ci lascio la moto o ci lascio le penne. Sono già le 13 ed ho fame ed in lontananza, come una apparizione biblica mi appare un duomo molto simile a quello di Firenze, anche se più piccolo. E mi affretto curioso ed affamato ed arrivo in piazza dove mi fermo in un ristorantino e mangio carne di maiala fritta con riso, tanto per cambiare.
Un bambino mi guarda da vicino, è solo e non parla.
Ciao, come ti chiami?
Raimondo
E Raimondo dice che non ha amici, che la mamma non lo lascia giocare, che non ha casa, che non ha cibo che non ha niente e poi comincia a contraddirsi e capisco che mi vuole portare via un po’ di soldi per cui lo accompagno nella conversazione mentre mangio e quando passano altri bambini li invito a parlare e gli presento Raimondo affinché non dica che non ha amici. I bambini sono un po’ maleducati ed io ho già finito di mangiare per cui pago, compro un adattatore per il caricatore del cellulare nel ferramenta al lato e ritorno sulla panamericana che continua ad avere buche da ogni parte e salti improvvisi causati da avvallamenti del cemento dovuti allo sfaldamento del suolo della montagna che sta cedendo. CI sono camion da ogni parte, poi lavori stradali, semafori, persone che tengono in mano palette rosse con su scritto stop ed il termometro aumenta di un grado ogni 10 minuti.
36 gradi?!?!?!?!?!?! OOOOOOOOOO ma che siamo scemi? grido da dentro il casco in cerca di un benzinaio
Ci arrivo poco dopo, quando la montagna è finita e l’asfalto sembra essere migliore. Faccio pipì e mi trovo davanti a 6 iguana giganti che mi guardano e poi scappano. Controllo l’olio, mi tolgo la tuta e mi metto crema solare per continuare a guidare solo con pantaloncini e maglietta. Di fianco c’è un pozzo, mi rinfresco e per un attimo rimpiango i giorni freschi dell’altipiano, quando quasi pioveva, quando quasi faceva freddo, ma non eccessivamente.
Continuo e continuo e la strada non ha niente di nuovo o bello da presentare per cui a una ora dal farsi buoi mi scelgo un ristorantino fuori dal villaggio, mi installo con il pc e scrivo tutti i giorni del diario di viaggio che ho da pubblicare questo fine settimana così da arrivare a Cartagena con meno lavoro da fare. Continuo fino alle 22 e mi dicono che stanno chiudendo per cui continuo seguendo il riflesso della luna sul fiume, mi avvicino, cerco un accesso all’acqua ma scopro che il fiume è enorme e che fa paura. Si fa paura! E’ gigante pieno d’acqua e la corrente è fortissima.
COI CAZZO CHE MI INFILO LI DENTRO!
Continuo ad avanzare in quarta, casco su, una mano sul ginocchio e non ci sono spazi liberi per me e la tenda. Tutto è recintato e di dormire al lato dell’autostrada non ci penso nemmeno. Come riprova trovo pochi km delle fiaccole nella notte ed avvicinandomi trovo un TIR completamente ribaltata sulla corsia opposta e nella bancherella con i due piloti illesi che stanno segnalizzando il casino che hanno combinato con piccoli falò da ogni parte. Gli altri camion arrivano a tutto foho, guidando come scemi e qui comincia a sperare di trovare qulcosa presto perchè sono quasi le 23.
Solo alla fine, lontano da tutto, trovo un sentierino che però porta ad una casa. Esito un attimo, aspetto davanti con motore e luci accese per vedere se esce il proprietario e chiedergli il permesso, poi addiritutto guida dentro al parcheggio, faccio un giro e non esce nessuno. Pazienza, torno sul viottolo, trovo l’unico spazio che c’è e mi ci metto a dormire…
Non sento cani o passi per cui se ci sarà da litigare, litigherò domattina quando mi sveglio!
Speriamo bene…