7 Marzo 2013
Dormo malissimo, scomodo e con la sensazione di aver russato tutta la notte, ma alle 4 quando suona la sveglia siamo in piedi entrambi ed impacchettiamo la nostra roba in una baleno. Decidiamo di lasciare la tenda ed i sacchi a pelo dietro un albero lontano dal sentiero principale perchè se ci vedono con ste cose in mano potrebbero capire che abbiamo dormito nel parco.
Avanziamo un po’ a tastoni nella fitta boscaglia, con una piccola luce a batteria e la mappa del parco che ho comprato. Dietro di noi non si sentono i turisti e non si vedono ancora le luci del gruppo che ci seguirà fra pochi minuti. Secondo quello che ci ha detto Pedro ieri, se ce la facciamo ad arrivare in cima al templio 4 prima degli altri, siamo a salvo: le guide salgono solo più tardi quando sono già le 6 del mattino.
Arriviamo ai piedi del templio 4 ed anche con la mappa in mano trovare la salite fino alla vetta è abbastanza complicato. Ci sono enormi gradini che però sono bloccati da lunghe fasce plastiche e dei cartelli di “lavori di restaurazione in corso” per cui ci arrampichiamo un po’ come possiamo fino a scoprire che per arrivare alla vetta è stata costruita una scalinata di legno a due corsie che in pochi minuti ci porta sulla vetta, da dove si vedono le sagome lontane degli altri templi e la fitta boscaglia sotto di noi, fino a che l’occhio riesce a vedere.
Ci sediamo un po’ nervosi, ancora convinti che se qualcosa va male la pagheremo carissima e invece, quando arriva il gruppo di turisti dopo di noi, si siedono tutti attorno senza guide e ci sentiamo già protetti e camuffati in mezzo alla folla. Sono tutti seduti in silenzio, chi abbracciato alla propria compagna, chi alla propria fotocamera professionale e chi, poverino, è qui da solo ed ha la faccia di non stare proprio godendosela. Per questa volta, anche io, vanto di una compagnia delle migliori, mentre io e Flor ci sussurriamo nelle orecchie cosa dire o fare nel caso in cui una guida o chi che sia si avvicinasse a fare domande sulla nostra presenza nel parco.
Diciamogli che siamo venuti con un’altra guida
No no… aspetta…. diciamogli che una guida ci ha fatto pagare ieri e che siamo entrati con lui alle 3:45
Zitto!
…
L’hai sentito?
Ed è così, che fra un sussurro e l’altro veniamo più volte interrotti e dinanzi a noi (mamma ragazzi, mamma!!!) inizia un concerto vigoroso, selvaggio ed autentico del risveglio della selva. E mentre il sole sale lentamente all’orizzonte colorando il cielo di rosa e poi rosso, nella selva sotto di noi, a volte vicinissimi a volte lontanissimi, si odono gridi selvaggi di scimmie che si svegliano e si chiamano fra di loro, mentre io, Flor e la folla lì presente tace estasiata. Poi quando c’è più luce il sorgere del sole regala effetti cromatici bellissimi, mentre le scimmie continuano a gridarsi contro. Poi ci sono gli animali che ci spuntano davanti ed i tucani che volano in gruppo posandosi negli alberi vicini ed sentiamo che è valsa davvero la pena di spendere quei 15’0 quetazal a testa in più perchè una cosa così non la vedi tutti i giorni!
Scendiamo e sono già le 6. Possiamo camminare legittimamente e andare a vedere tutte le rovine che non abbiamo visto ieri e che sono sperse in tutta l’area del parco. Parliamo molto, io e Flor, continuiamo a conoscerci ed anche se taccio per la maggior parte del tempo, apprendo un sacco di cose da questa trentenne portoghese che vari anni fa, come me, ha deciso di dare un cambio radicale alla sua vita. Sono 10 anni che è uscita dal suo paese natale in cerca di un vita migliore. Ha vissuto in Spagna, poi ha viaggiato in America, Messico e per un caso o per l’altro ieri era all’ingresso del Tikal ed oggi, dopo aver condiviso la tenda con me ed un’alba mozzafiato, si racconta mentre facciamo due passi nel parco e scattiamo foto.
Sono le 9 ed all’ultimo tempio io cedo.
Flor, dormiamo un attimooooooooooooooooooo
Dove?
Qui sull’erba, chi se ne frega.
Ok
Grandissima!
Così ci sdraiamo sull’erba, sotto il sole del mattino che è tiepido e non brucia. Russo pochi secondi dopo a bocca aperta e beato come uno stoccafisso. Ogni tanto apro un occhio e vedo delle scimmie saltellare da tutte le parti, altri volte passano delle comitive di visitatori che commentano qualcosa vedendoci lì sdraiati in mezzo al parco ed a volte si avvicinano di soppiatto per farci delle foto.
Dopo un’oretta mi risveglio, mi guardo attorno e vedo che Flor sta ancora sonnicchiando. Aspetto un po’, mi sgranchisco, guardo la mappa e l’orologio ed è proprio ora di ritornare alla moto e continuare il viaggio. Abbiamo praticamente visto tutto.
Ritorniamo all’albero dove ho nascosto le nostre cose e ce le ritrovo tali e quali come ce le avevo lasciato. Con le foglie secche delle boscaglia fra le dita dei piedi, ma con un sorriso compiaciuto cammino verso Flor che già si incontra nel centro dei due templi dove abbiamo dormito e, come un trofeo di guerra, ci facciamo scattare una foto da un passante con in mano le tende ed i sacchi a pelo.
Abbiamo vinto!
Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Ritorniamo così al camping dove salutiamo YYvan e Juliana, io mi porto via la moto e Flor se ne va a chiamare il suo shuttle per la città di Flores dove passerà la notte in compagnia dei ragazzi. Ci ritroviamo al ristorante per fare colazione e per salutarci. Un po’ stanchi per la lunga camminata del giorno ed alche il presto risveglio senza colazione disponibile, ci mangiamo tutto quello che entra nello stomaco fino a che i rispettivi piani sono organizzati ed è arrivato il momento del saluto.
Se rimani un giorno in più in Guatemala a Flores ho un appartamento in affitto con posto anche per te.
Il Belize mi chiama…
E con un abbraccio ed un ringraziamento reciproco ognuno torna al proprio viaggio.
Sono stanco e non ho nessuna voglia di avanzare, vorrei dormire altre 3 ore, svegliarmi tardi ed avere l’ennesima scusa per dormire ancora e ripartire domani, ma per qualche strano motivo, quando mi avvicino alla frontiera con il Belize mi sveglio tutto d’un colpo e sembra che questo sia un giorno diverso da quello di ieri. Belize non ha mai avuto nessun impronta nel mio immaginario. Fino a qualche anno fa lo attribuivo a qualche angolo del continente Africano e forse non era proprio un errore. Apprendo infatti da subito che la linga madre è l’inglese, che la sua popolazione è per la maggior parte africana e che il paese è molto suggestivo. SI usano i belizean dollars che semplificano un po’ il tasso di conversione e le insegne attorno a me sono tutte in inglese. La dogana mi fa il permesso senza tante storie, ma mi dice che devo pagare per un’assicurazione recandomi allo sportello poco più avanti. Lì mi viene fatto presente che, in base a quanti giorni di assicurazione richiederò, dovrò pagare un totale diverso. Guardo la tavola dei prezzi e scopro che 3 giorni costa meno di 1 e dal momento che so che il paese è piccolissimo, pago per 3 giorni, appiccico l’adesivo gigantesco sulla moto e sono dentro.
Arrivo in men che non si dica alla vecchia capitale Belize City che è poco più grande di una comune italiano. Ci sono nette differenze fra queste persone e quelle che ho visto da vari mesi in Sud America e Centro America. A parte il colore della pelle e le somie molto africane anche il modo di vestire è diverso e nel profondo della città si distinguono minorie ciensi, indiane ed anche latine. Interessantissimo, ma con questo caldo appiccicoso la cosa più interessante è il Moon Cafè che con un tocco di follia serve caffè preparati in ogni modo, anche mocaccini doppi con gelato e granita.
Ne prendo uno e godo per 10 minuti all’aria condizionata del posto mentre tengo d’occhio la moto dalla finestra. Ascolto le conversazioni dei presenti, le ragazze sono alte, magre, bellissime. Di un colore nero scuro e con denti bianchissimi e silhouette invidiabili. Eppure guardo la mappa e vedo che in un paio di giorni, volendo potrei essere già in Messico. E per me quello, credetemi è un richiamo fortissimo!
Così rallento un po’ la marcia per vedere più cose, ma è certo che voglio trovare un posto per la tenda prima che faccia notte. Avanzo per la tangenziale che sale al nord e c’è un fiume bellissimo illuminato proprio dal sole al tramonto, solo che è pieno di pescatori e la banchina è di pochi metri prima della tangenziale. Non esattamente il posto più tranquillo, isolato e silenzioso. Avanzo avanzo e avanzo e per un momento ho come la voglia di andare a chiedere un posticino in uno dei tanti giardini delle case che vedo, ma ho un po’ di pudore e non so perchè.
Avanzo fino a che vedo un cartello che dice camp ground e, rassegnato mi ci presento in pompa magna, chiedendo per il prezzo. Ma il prezzo è altissimo e se a tutta prima penso di aver fatto il viaggio a vuoto, dopo mi rendo conto che la zona è piazzata davanti ad una grande palude dove abbondano angoletti dentro la boscaglia dentro i quali accampare. E così, dopo aver battezzato la mia zona con una bella cagata (ahhaha), trovo poco più in là un’entrata nella boscaglia dove installo la mia tenda e me la dormo beatamente!