9 Febbraio 2013
Questo é Jesus. Che mi sveglia alle 7, mi serve un caffè, mi accompagna alla moto e posa prima che ci abbracciamo. Gli regalo 8 adesivi per i bambini. Suo figlio ed i cugini.
Rimaniamo d’accordo di sentirci attraverso Facebook e nel suo abbraccio non sento la formale distanza della notte precedente. Mi augura tutto il bene e che Dio mi accompagni.
In quel momento inizia a diluviare ma sono talmente contento che mi metto sotto la piaggia incurante degli effetti che avrà su di me.
Arrivo alla dogana con la moto che mi si é già spenta due volte, ci sono pozze d’acqua gigantesche che attraverso senza sollevare le gambe tanto sono già tutto mezzo. La fila é interminabile ma con la moto mi avvantaggio ed arrivo davanti allo sportello chiuso.
Mi dicono che l’immigrazione aperta 24 ore sta ricevendo i passaporti di tutti per cui torno dove ero stato ieri per vedere di sveltire la cosa. Il Seniat invece é aperto per cui lascio ad un agente il foglio del mio permesso e me ne vado a far timbrare il passaporto.
Piove, sono mezzo, non fa freddo, ma ho tutto bagnato. L’acqua che cade, non so perché però é più bagnata, più umida e più penetrante di quello che mi ricordo l’acqua piovana sia mai stata durante tutte le piogge che ho preso in 8 anni.
E’ possibile?
Ho acqua fra le palle, nei piedi, nella borsa serbatoio (che regge bene l’acqua anche senza cappuccio anti pioggia). Ho tutto (TUTTOOOOOOOOOOOOOO) bagnato cazzo e prima di timbrarmi il passaporto l’agente dell’immigrazione mi comunica gentilmente che devo pagare una tassa per uscire dal Venezuela.
Cosaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa?
Si, sono tipo 107 Bolivares che non ho e con il cazzo che prelevo con la carta di credito. Accingo ai dollari americani che ho da parte per emergenze e scopro di avere 10 USD in contanti che provvedo di cambiare con il cambio migliore che trovo (15 Bolivares) e con il ricavato pago la tassa, timbro il passaporto e sono fuori. Smette di piovere subito come a dire che dovevo solo mezzarmi tutti per poi godermi il giorno senza pioggia ma completamente bagnato.
Perfetto!
Il foglio di permesso temporaneo lo compilo bagnando tutto con le maniche bagnate della giacca da moto e non so se ridere o incazzarmi. Ma entro in Colombia e sono alla fase finale, mi serve solo fare colazione, prelevare ed arrivare a Bogotá nei prossimi giorni, visto che il mio volo parte il 13 e la moto la devo consegnare il 12.
La compagnia di spedizione (che raccomando) mi é sembrata super professionale e puntuale salvo quando, proprio dopo aver confermato la data di partenza della moto invitandomi a comprare il mio biglietto aereo, mi notifica come un pesce d’aprile che adesso la moto la potranno mandare dopo una settimana dalla data stabilita.
Dopo un focoso scambio di email la situazione é poi ritornata alla sua normalità con le date confermate per gli stessi giorni: 12 Febbraio la moto, 13 Febbraio io.
Entro a Cucuta e mi rendo conto che invece di passare due giorni di merda nel confine del Venezuela (fatta esclusione per il piacevole incontro con la famiglia di Jesus) potevo stare qui e vedere un po’ più di cose. Prelevo dei soldi, mi chiudo in un ristorante per fare colazione e mi impossesso del bagno per cambiarmi tutti i vestiti, mettere l’unica cosa pulita ed asciutta che mi é rimasta, 3 buste di plastica per piede per indossare calzini asciutti e non bagnarli di nuovo e sono fuori!
Destinazione San Gil o giù di lì. Ho scattato poche foto nei giorni passati e se non piove mi metterò in pari, ma c’è un problema. La mia macchina fotografica è fuori uso.
Scheda di memoria errata!
E’ la pioggia che ho preso e l’umidità che è entrata dentro i circuiti che mi fa sti scherzi. Ho anche il blackberry fuori uso e rimango con la SportCamera con la quale potrò almeno fare dei video.
Per cui inizio a risalire la montagna e la pioggia si rifà viva subito dandomi il benvenuto con una fitta e familiare coltre di nebbia che mi mette in serie difficoltà. Con 11000 km fatti, il treno di gomme che ho non è proprio nuovissimo e sento che sul bagnato non si comportano proprio alla meraviglia. Rallento, cerco di mantenere gli occhi aperti ma la pioggia punge come fossero spilli. Chiudo la visiera da sole che ho, la tengo pulita passando il guanto ma non vedo una demerita sega. Sono su una dorsale tutta curve, in discesa, con tornanti e una nebbia della madonna e all’improvviso, come in un film epico comi-tragico mi trovo davanti ad un uomo a cavallo.
MA CHE CAZZO CI FA UN CAVALLO SU UN TORNANTE IN DISCESA CON PIOGGIA E NEBBIA PORCO CAZZO!?!?!?!?!?!??!?!?!?!??!
La velocità che avevo calcolato è troppa per evitare l’inaspettato cavaliere della nebbia per cui sgrano gli occhi, freno con il posteriore, perdo la ruota e mi sbatacchio sull’asfalto scivolando davanti alla moto, rigirandomi sul mio culo e ammirando la mia Transalp sdraiata che avanza sul manto stradale lasciando una bella firma grigio chiara segno che adesso la borsa laterale sinistra della Givi ha un angolo ancora più smussati.
Il cavallo non è ancora lontano, ma non ho armi da tiro per farlo fuori. Il cavaliere della nebbia non si gira nemmeno, ma non ho insulti pratici per farlo piangere, per cui taccio, tiro su la moto, metto in moto e discendo la strada ancora più piano. Noto con “piacere che ho la borsa laterale sinistra all’altezza del gomito (come fosse una mensola) e la borsa laterale sinistra all’altezza della caviglia.
Ed è qui, nella nebbia e la pioggia delle montagne colombiane che echeggia un rosario degno di un Tarzan toscano di altri tempi!
I km a venire smaltiscono la rabbia e smette anche di piovere, ma visto che salgo in altitudine, mi vado a mettere gli interni della tuta e pantaloni più metto anche la tuta anti pioggia. Bevo un caffè e sto morendo di freddo cazzo.
Ho la fotocamera fuori uso ed a questo punto non mi resta che trovare un posto dove dormire prima che faccia buio. Lo trovo, ma invece che essere la fine dei problemi, non è altro che l’inizio della fine. E chiudo questo posto dicendo che potete ascoltare il racconto della sventata aggressione su questo link: