9 Gennaio 2013
Mi sveglio presto, mezzo scomodo, ma ho riposato questo si.
Sono il primo ad irrompere nel soggiorno e pochi secondi dopo Ramòn è lì che mi da il benvenuto e comincia a preparare la colazione. Gioco un po’ con il cane, rifaccio il letto come a dire “grazie mille per l’ospitalità” e accompagno Ramòn nei preparativi della tavola mentre il mio stomaco mi dice che se non mi nutro mi castigherà.
Ci sediamo nel tepore del mattino con odore di caffè che si muove con i nostri gesti e conversiamo del più e del meno.
Ramòn mi invita nuovamente a rimanere un po’ di più, magari per pranzo, magari un giorno in più ma il mio no esce un po’ più categorico del solito.
Pensavo di arrivare ad Uyuni proprio oggi Ramòn, se rimango un altro giorno poi non vado via più.
In realtà me ne vado perchè ho davvero troppa voglia di viaggiare, di stare da solo fra gli elementi già che ho passato gli utlimi 3 anni della mia vita in Santiago lavorando, accerchiandomi di persone, di problemi di persone, di soluzioni offerte da persone, di amore delle persone, di invidia delle persone, di domande e risposte delle persone, di pareri e di tutto quello che è coesistere in una società moderna come quella che si vive in qualunque altra capitale del mondo.
Non mi manca ancora il socializzare, anzi lo evitò più che posso. Adesso è il momento di perdermi, dimenticare come si conversa e ci si mette a confronto. Poi, come è già successo al termine di ogni mio tour, sentirò la mancanza di quelle persone e fuggirò la solitudine dei luoghi remoti.
Ogni cosa ha un suo equilibrio, non c’è niente da fare.
Per cui ci abbracciamo, ci scambiamo i dati, scattiamo foto e ci facciamo qualche piccola promessa che svanisce poi nell’aria fino al giorno in cui si avvererà, nell’eventualità che posso mai avverarsi.
Se capiti in Italia fammelo sapere eh!
Certo, non mancherò
Mi regala un litro di olio motore castrol 20-50 come quello che sto usando e mi dice una cosa che forse non comprendo data la sua profondità o forse semplicemente non condivido, ma la riporto qui
Grazie Ramòn, non disturbarti ho già due litri come me per i rabbocchi.
No prendi pure
Ma non ti serve questo olio motore?
Un amico una volta mi disse: non regalare mai quello che ti avanza
(ed io penso che regalo sempre le cose che mi avanzano, perchè meglio utili per qualcuno che inutili per me o nel cestino della spazzatura)
Ci abbracciamo di nuovo, mi bacia la guancia come un nonno nostalgico.
Poi il freddo lieve che entra nelle fessure dei guanti, della giacca e sono di nuovo nell’altipiano, in cammino verso la Bolivia. Per dire l’ennesimo “ciao” e dire, ahimè l’ennesimo “addio”.
Poi l’ultima città Argentina ed un pieno benzina ed ecco che appare la dogana. Non ho con me il carnet e la patente internazionale, per i motivi che sapete e mi rientra dentro quell’ansia da interrogazione tipica dei primi 2 anni e mezzo di viaggio quando un passaggio di frontiera poteva segnare la fine del mio viaggio, come è accaduto varie volte.
Così esco dall’Argentina con due chiacchierate allo sportello ed entro, con un po’ più di difficoltà in Bolivia, facendo un po’ di fila e rigirandomela come so fare io quando il tipo mi dice:
Assicurazione della moto valida per la Bolivia
Ecco a lei (e gli rifilo la tesserina SCADUTA dell’aci)
Ma questa non dice periodo di validità e nemmeno validità per la Bolivia
Signore, se guarda il mio passaporto vedrà che entro ed esco da 3 anni dal ConoSur con questa assicurazione, che posso dirle di più
Va bene passi.
E mentre piego il permesso temporaneo fra le mani e lo ripongo nell’astuccio dei documenti della moto dentro la testa esulto dicendo
VIENI BELLO PUTTANA DELLA MISERA CANEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE, NI CULO SAIIIIIIIIIIIIIIIIIII, NI CULOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
Ovviamente da fuori si nota solo la faccia rilassata di un giovane barbuto seduto sulla sua moto che mette in moto, ingrana la prima e ciao.
Villazò è turistica a palla e quello che mi serve ora è cambiare tutti i pesos argentini per bolivianos e comprare un nuovo caricatore da 12 per il cellulare perchè quello che ho si è disintegrato. Entro in una casa di cambio chiedo il valore del cambio e dico si ugualmente perchè non ho referenze. Entra poco di me una bionda argentina tutta di fretta e preoccupata e chiede di cambiare bolivianos per argentinos e la risposta del valore del cambio non le piace e comincia a negoziare.
Se venivi due secondo prima io ti vendevo i miei pesos e tu i tuoi boliviani e andavamo in culo a sto qui…
E perchè non lo facciamo adesso scusa?
Perchè gli ho già dato tutti i soldi…
Ma…
E la lascio lì, perchè sembra non arrivarci e perchè un po’ dispiace anche a me. Sarebbe stata una buona forma di tenersi qualche bolivianos in più. Mentre ripongo i contanti nel porta fogli un tassista in retro marcia mi parcheggia sulla ruota anteriore e mi fa incazzare talmente tanto che mi trasformo in un Italiano vero e prendo a calci il parafango della sua auto e comincio a sbraitare. Adesso attorno sono tutti muti, mi guardano e dall’auto esce un signore sulla 70ina che si scusa e mi dice che sono parcheggiato nell’area di sosta dei taxi.
Ma che c’entra scusi! Se ero un taxi mi veniva addosso lo stesso? Stia più attento…
Scusi…
Prego perchè il cerchione non si sia storto e me ne vado via in pochi minuti, lasciando Villazon e la massa incontrollata di gente che va e viene da una frontiera all’altra. Adesso davanti a me ho solo l’asfalto fino a Tarija e poi lo sterrato fino a Tupiza lungo km di sterrato che, a detta di chi ho interpellato, non è affatto buono.
E così eccomi di nuovo sfrecciare sulla statale e vedere attorno a me che il profilo delle montagne non cambia, nonostante questi km quadrati portino il nome e la bandiera di un altro paese. Bello vedere che le distese infinite, le vette ed i silenzi Andini non rispondono a nessuna logica o ordine politico, geografico e territoriali e che stanno lì a guardarti e raccontarti la loro millenaria storia senza fare una piega, che tu le chiami montagne boliviane o argentine.
E mentre le montagne mi accompagnano e si diradano davanti ed attorno a me, la strada si fa più curvilinee e cambia di colore, passando ad un rosso intenso che è bello come il canyon che si vede in lontananza. E passo attraverso tornanti e discese e tunnel e adesso si me la ricordo la Bolivia che conosco e l’arrivo a Tarija si fa interessante e non ho più tutta quella voglia di arrivare all’asfalto perchè la zona dove mi trovo è troppo bella.
Però dietro l’ennesima curva appare il villaggio e le curve ormai esaurite adesso sono un rettilineo con pali della luce ancora spenti che portano fino alla tranca di controllo. Ho fame e decido di scherzare un poco con le venditrici ambulanti mentre cerco qualcosa da mettere sotto i denti. Panino all’uomo con maionese, una ricetta di strada che in Bolivia significa che fra un giorno e mezzo avrò la diarrea fulminante, ma fintanto non ce l’avrò sarò convinto di essere il moto viaggiatore più forte del mondo.
Così mi faccio due panini e mentre mangio scherzo con la più anziana delle venditrici invitandola a trovare un casco ed a seguirmi in questa moto avventura.
Se hai soldi per mantenere i miei 9 figli vengo anche subito
No signora, mi sa che continuo solo..
Ridono tutte, come delle galline. L’ironia che si usa qui per sorprendere è piuttosto semplice e mi chiedo se tra di loro scherzino in questo modo così elementare, quasi ingenuo, privo di malizia.
Svolto a destra, dopo la tranca con in bocca sapore di uovo e una bottiglia di acqua intera appena versata nel camel back ed ecco che inizia lo sterrato. E le corrugazioni (ma si chiamano così le corrugations in italiano?) sono fortissime, le più forti che ho trovato da quando viaggio. Vibra tutta la moto ed i panini all’uomo mi arrivano fino alla gola, mentre l’anteriore della moto vuole andare un po’ dove gli pare e la sensazione e che se arriverò ad Uyuni oggi, dopo 200 km così, arriverò senza borse, sella, carene e specchietti.
Si move ogni hoca maremma maialaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, ma dove cazzo sono!?!??!?!??!?!
Mi diverto da solo a gridarmi le cose dentro al casco, come se ci fosse qualcuno lì a guardarmi da lontano e commentare. Non so se è per follia o se è semplicemente un modo di farle più divertente, ma mi aiuta a passare il tempo fare la telecronaca dei km più difficili.
Le corrugazioni diminuiscono ed inizia la parte scenica che è bella per davvero. Il sentiero è un vero e proprio tracciato di sabbia dura fra le rocce ed i villaggi e si vede il fiume che a tratti è vicino e ad altri è lontano. Avanzo lento, spesso facendomi da parte per far passare i bus che arrivano dalla direzione opposto e sorprendendomi nel realizzare che la scelta di passare per di qui non è stata male per niente.
Arrivo a Tupiza che è ancora presto, ma mancano 100 Km che ovviamente sono ancora di sterrato. Il villaggio siede letteralmente fra due poggi di sabbia e pietre ed è riparata completamente dal vento. La piazza è piccola e per riposare un minuto fra una cosa e l’altra mi faccio un bicchiere di gelatina all’arancia e penso a cosa farò al mio arrivo a Colchani.
Spero solo che il salare non sia inondato e che la notte non riserbi pioggia e freddo.
Dal momento che da Colchani continuerò verso il nord e La Paz organizzo mentalmente le cose da fare una volta in Uyuni: fare benzina, comrare scorte cibo per la cena e colazione, andare al salare, continuare verso Rio Mulatto ecc ecc.
Andrebbe tutto bene se non fosse che a 5 maledettissimi km da Uyuni, secco e felice come una farfalla, non mi capitasse quella annaffiata fredda e umida che mi fa arrivare al salare tutto bagnaticcio.
Faccio benzina senza problemi, compro pasta, te e carne per la cena e colazione e via lungo gli ultimi 25 km di sterrato prima di arrivare a Colchani.
Faccio una capatina al primo hotel di sale davanti alle bandiere dove conosco una famiglia boliviana di padre madre e le tre figlie, una delle quali con il bambino a presso. Insistono tutte, TUTTE, per posare assieme a me e la moto e farsi delle foto e mi chiedono da dove vengo e dove andrò e tutte quelle cose lì. Quando dico loro che sto cercando il posto migliore nel salare per accampare senza rischiare di inondarmi per la pioggia mi dicono del freddo e de la solitudine e se non ho paura a viaggiare solo, ma non mi avventuro nemmeno in spiegazioni.
Se ne vanno ed io con loro, avvicinandomi un po’ di più all’uscita del salare, pianto la tenda e ci rimango.
E passano le ore e faccio le mie foto ed il sole cala e le jeep 4×4 tornano dal salare in direzione dei vari hotel di sale ed a poco a poco questo luogo lunare e fantastico è tutto mio.
Di nessun altro.
Ed è in quel momento che comincio a godermi il fine serata, con un panino al tonno, un risotto al formaggio, un te caldo e qualche video per scaldare l’atmosfera.
E poi quando è notte e nel cielo si vedono solo stelle ed in lontananza si vedono nubi nere e lampi luminosissimi è già ora di chiudersi dentro a questa tenda piantata in mezzo al mare di silenzio e dire buona notte.
Un amico una volta mi disse: non regalare mai quello che ti avanza
Il consiglio è molto profondo soprattutto se pensi alle cose non materiali 😉
D’ evessere stato proprio un gran personaggio e soprattutto una gran persona.
Ciao Giò, e grazie di portarmi con te nel tuo viaggio.
Si davvero un uomo in gamba, sarebbe valsa la pena rimanere un po’ di più!
Gran figlio di…..! scusa ma ci voleva 🙂 ti presenti con sto video in mezzo al nulla… è davvero fantastico! spero che il risotto non si sia innacquato hihi ..cmq grazie per il nostro libro di avventura quotidiano 😉
è un immenso piacere ragazzi, alla prossima!
O Gionataaaaa sei sempre il solito materialeee e lecchi anche la telecamera! 🙂
ti sei scaldato eh????
que bella la primera foto!!!
bella mi pololaaaaaaaaaaa
Ciao Giò, bellissimo questo racconto davvero. Tutte le mattine quando arrivo qui la prima cosa che faccio è vedere se ci sono novità dai tuoi blog e a volte rimango li qualche ora a leggere e rileggere guardando sulle mappe internazionali di http://www.viamichelin.it i tuoi percorsi…… Ramon non l’ho mai visto ma da quello che hai descritto è come se lo avessi visto in un bel quadro di bei ricordi……le brave persone vivono ovunque per fortuna ed è bello che tu ce lo racconti a tutti noi che ti leggiamo assiduamente.
Grazie ancora per tutto quello che ci racconti.
Paolo il tuo nuovo amico acquisito (anche se non ci siamo mai conosciuti di persona non cambia niente).
Buon viaggio Giò. Un abbraccio forte.
bel commento Paolo e grazie! spero di rimettermi in pari presto, adesso con piccoli problemi meccanici e logistici si fa un po’ fatica! un abbraccio