Vietnam: Una questione di feeling
NOTA: questo articolo è stato riesumato da un archivio web nel Agosto 2015 e postato rispettando la data originale in cui è stato scritto la prima volta. Testo trascritto senza alcuna correzione
Gia’ da tempo ormai non scrivo piu’ con la stessa continuita’ di un tempo. Non solo nei miei brevi accenni qui in ML, ma anche sul mio diario, che per mesi non ha raccolto piu’ niente, se non la polvere ed i numeri telefonici dei conoscenti occasionali.
Sembra dipendere da un problema di etica.
Influenzato da molte critiche, ho come messo in discussione la retorica irriverente e cristallina di cui erano pregne le mie prime confessioni o quegli aneddoti che tanto facevano discutere.
In un primo momento ho cosi’ pensato di scrivere per me solo quello che inizialmente sollevava tanto scalpore in ML e nel blog e di censurare il tutto per un pubblico meno disilluso.
Ma quello che scrivevo per me mi emozionava davvero.
Perche’ era fondamentalmente vero.
Seppur opinabile e soggettivo, quanto meno era il mio modo di vedere e di interpretare tutto quello che mi circondava.
Il che significa che avrei poi avuto di che confrontarmi con la confusione del presente per lavorare sulla chiarezza del domani e farlo aiutato anche dalle approvazioni o dalle critiche.
Poi qualcuno a me molto vicino mi dice che quello che scrivo e’ troppo vero, che la gente che mi legge non si sente motivata a interagire con me perche’ schiacciata da una prosa provocatoria e determinata.
“La gente ama trovare da se la possibilita’ che un’esperienza gli si addica o che gli vada addirittura a pennello!”
Avrei cosi’ dovuto scrivere meno per me e piu’ per gli altri, regalare un’avventura un po’ meno alla Gionata per dipingerla un’ po’ piu’ generalizzabile ed ottenere cosi’ i soli consensi, le molteplici domande a continuare con il nuovo episodio della interessante storia.
Ma adesso il silenzio si rompe e apre di nuovo quel capitolo di verita’ che sono le sole ad emozionarmi quando le scrivo e sono le sole ad ispirarmi prima di mettermi a tavolino.
In realta’, piu’ che una crisi etica, credo questo silenzio sia dipeso dal fatto di non saper scrivere in un modo che non e’ il mio.
Di dovermi contenere, limitare e riadattare per un lettore che non e’ mai l’autore del testo.
Ecco perche’ durante i concorsi di scrittura, le mie idee migliori non partecipavano mai ai concorsi.
Arrivato al punto di dover chiudere per rientrare nei limiti di battitura stabiliti dal bando, i miei racconti cominciavano a farsi potenzialmente interessanti e quindi sprecati se interrotti sul momento di maturazione narrativa.
Ecco perche’ non partecipavo mai, effettivamente.
Adesso si parte.
Oggi ho un sacco di cose da scrivere.
Un abbraccio.
gionata